RIVISTA DI TOPOGRAFIA ED ARTE NAPOLETANA
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salvare questo importante affresco dalla distruzione o dalle ine-
vitabili deturpazioni, furon fatte pratiche perchè venisse staccato
e messo nella chiesa parrocchiale, ma finora infruttuosamente.
Una leggiadra urna in legno, di stile barocco, su cui il Ce-
lebrano scolpì la Crocifissione, si conserva nella Cattedrale, su
di una tavola addossata al pilastro che divide la cappella di San
Michele da quella del Carmine.
La chiesa di S. Michele ad Anacapri vanta un bell'altare, che
alcuni, inconsultamente però, preferiscono a quello di S. Agata (i).
Sulle pareti si osservano alcuni mediocri affreschi dell'Amalfi.
Il pavimento dell’altra chiesa di S. Lorenzo, formato di qua-
drello di maiolica invetriata a colori, rappresenta, su disegno
del Solimene, il Paradiso terrestre, con ricchezza di particolari
e di ornamenti. Lo eseguì il maiolicare napoletano Leonardo
Chiajese (2), il cui nome si legge in un lato del pavimento stesso.
fine.
Giuseppe Cosenza.
NOTIZIE ED OSSERVAZIONI
Per Leon Battista Alberti.
Il nostro amico e collaboratore architetto Ettore Bernich ha pub-
blicato nella rivista Arte e Storia di Firenze (a. XX, n. 4-5) questa
lettera, che noi riferiamo, esprimendo il nostro plauso per la propo-
sta che contiene e riserbandoci di ritornare fra breve sull'argomento:
Preg.mo Signore,
Mi rivolgo a Lei, per esporle una mia idea, che spero troverà eco
negli animi degli artisti e dei letterati italiani.
Uno dei più grandi umanisti del secolo XV fu certo Leon Battista
Alberti, insigne letterato ed architetto, nato a Genova il 14 febbraio
1404, della nobile famiglia degli Alberti di Firenze, come afferma Giro-
lamo Mancini nella biografia di Lui pubblicata a Firenze nel 1882.
Fra tre anni, quindi, ricorre il V centenario della sua nascita, ed
io credo, per noi Italiani, doveroso di onorare in quel tempo la me-
moria di questo grande.
Egli fu il primo che si conosca, dopo Vitruvio, a scrivere d'archi-
tettura nell'aureo suo libro De re aedificatoria, le cui teorie contribui-
rono tanto al risorgimento dell'architettura, nonché della statuaria e
della pittura. Come già nella letteratura, molti nostri moderni scrit-
tori rivendicarono, a Lui alcune opere attribuite ad altri letterati di
quel secolo, così è stato nell'architettura; chè Leon Battista Alberti,
esercitandola da signore erudito e non da professionista venale, diede
disegni e consigli per opere che s'innalzarono in quel tempo, le quali,
eseguite da artisti che avevano nomi di valenti esecutori, gli storici
ascrissero a costoro.
Egli visse a Roma più che a Firenze, patria degli Alberti. Fu ab-
breviatore del parco maggiore, sotto Eugenio IV, e quando questo pon-
tefice risarcì la Basilica Liberiana, Leon Battista diede il disegno del
magnifico soffitto lacunare che fu poi attribuito a Giuliano da San-
gallo, e che io rivendicai all'Alberti, come pubblicai a suo tempo. A
Lui pure si deve l'inizio del palazzo di Venezia a Roma e della chiesa
attigua di S. Marco attribuita a Giuliano da Maiano, anche questa da
me rivendicatagli, come pure le fabbriche pel cardinale Latino Or-
sini ed altre. Io scrissi anche un opuscolo dal titolo L'Architettura di
(1) P. Bonaventura da Sorrento, o. c., p. 83.
(2) Filangieri, o. c., V, p. 120. — Risc, anche Mangoni, Ricer-
che stor. topogr. sull'isola di Capri.
Leon Battista Alberti e le chiese Pugliesi, pubblicato a Trani nel 1894,
in cui dimostrava quanto il grande artista avesse appreso dai suoi
viaggi nelle Puglie. Eseguii pure più di venti disegni, tratti dalle opere
d'architettura dell'Alberti, e da quelle da me supposte sue, per dimo-
strare col confronto quanta relazione vi sia fra una cosa e l'altra.
Leon Battista prese parte anche ai restauri ordinati da Niccolò V
sua amico, e restaurò il ponte Elio e l'acquedotto dell'acqua Vergine,
e Pio II lo ebbe compagno ne' suoi viaggi e fe' tesoro dei suoi consigli.
È suo il disegno dei due palazzi dei Pichi in Roma, uno nella via
del Paradiso e l'altro in piazza Pollarola, non da tutti saputo, e ne
disegnò tanti altri che qui sarebbe lungo enumerare, e che, se non
furono del tutto da Lui eseguiti, certo furono iniziati.
Nella Descriptio urbis Romae si rivelò topografo dei più eminenti,
e forse unico alla sua epoca.
Non soltanto a Roma si esplicò la sua attività, ma essendo Egli
conosciuto dai più illustri umanisti di quei tempi e dai principi più
illuminati e magnifici, tra i quali furono suoi intimi il cardinale Al-
bergati, Lorenzo de Medici, il cardinal Barbo, e Rucellai, il Duca d'Ur-
bino, Sigismondo Malatesta di Rimini, i Gonzaga di Mantova, veniva
da tutti ricercato; e così potè innalzare la chiesa di S. Francesco a
Rimini, S. Sebastiano, S. Andrea e la cappella dell'Immacolata a Man-
tova, la casa dei Rucellai e la rotonda dell'Annunziata a Firenze etc.
Certo, alla scuola dell'Alberti vanno annoverati alcuni dei migliori
artisti della rinascenza, esecutori dei suoi disegni, come Matteo Pasti,
Silvestro e Luca Fancelli, Bernardo Rossellino etc.
La morte dell'Alberti avvenne nel 1472. Muove a sdegno — esclama
il Mancini — che della morte del più grand'uomo del secolo XV un solo
contemporaneo pensasse di lasciare questa povera memoria: 1472. Leon Bat-
tista Alberti, uomo disquisito ingegno e dottrina, muore in Roma, lasciando
un egregio volume sull'architettura (Palmerio).
S'ignora ove Egli fu sotterrato. Roma, al grande Italiano, memore
del suo sapere, eresse un busto nella passeggiata del Pincio fra tanti
ignoti, ed uno, mi sembra, nella pinacoteca del Campidoglio.
Ora io credo, che nella ricorrenza del V centenario della sua na-
scita non si debba dimenticarlo, chè sarebbe grave torto per noi Ita-
liani, quando si sono commemorati altri da meno di Lui; e gli artisti
e i letterati si debbano unire per onorarlo, ed ogni città italiana fare
a gara perchè l'onoranza riesca degna di Lui, specialmente Genova
che lo vide nascere, Venezia dove ebbe i primi rudimenti nell'arte,
Bologna dove studiò, Roma dove visse e morì, Firenze sua patria, dove
esercitò l'ingegno coi dotti della sua età, Mantova e Rimini dove in-
nalzò edificii, e Napoli, dove ebbe allievi che gli fecero onore.
Mi sono indirizzato a V. S. 111.ma come a fiorentino e direttore
del giornale Arte e Storia, dove tanti illustri scrittori collaborano, af-
finchè voglia divulgare, se la crede opportuna, questa mia idea, di riu-
nire un Comitato per tributare le onoranze alla memoria del grand'uo-
mo, e farvi concorrere gli artisti e i letterati più illustri d'Italia.
Con i sensi della più alta stima, mi creda
Napoli, gennaio 1901. Suo dev.mo
Ettore Bernich.
Raimondo di Sangro castigato nel 1752 dal Consi-
glio COMUNALE DI NAPOLI.
Dal nostro collaboratore Michelangelo Schipa riceviamo:
«I lettori della Napoli nobilissima ricorderanno senza dubbio la
bella serie di articoli che sul famoso principe di Sansevero scrisse
Fabio Colonna di Stigliano (Nap. nob., IV, a. 1895, passim). Ricorde-
ranno il vespaio suscitato fra gli zelanti della bella pubblicazione della
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salvare questo importante affresco dalla distruzione o dalle ine-
vitabili deturpazioni, furon fatte pratiche perchè venisse staccato
e messo nella chiesa parrocchiale, ma finora infruttuosamente.
Una leggiadra urna in legno, di stile barocco, su cui il Ce-
lebrano scolpì la Crocifissione, si conserva nella Cattedrale, su
di una tavola addossata al pilastro che divide la cappella di San
Michele da quella del Carmine.
La chiesa di S. Michele ad Anacapri vanta un bell'altare, che
alcuni, inconsultamente però, preferiscono a quello di S. Agata (i).
Sulle pareti si osservano alcuni mediocri affreschi dell'Amalfi.
Il pavimento dell’altra chiesa di S. Lorenzo, formato di qua-
drello di maiolica invetriata a colori, rappresenta, su disegno
del Solimene, il Paradiso terrestre, con ricchezza di particolari
e di ornamenti. Lo eseguì il maiolicare napoletano Leonardo
Chiajese (2), il cui nome si legge in un lato del pavimento stesso.
fine.
Giuseppe Cosenza.
NOTIZIE ED OSSERVAZIONI
Per Leon Battista Alberti.
Il nostro amico e collaboratore architetto Ettore Bernich ha pub-
blicato nella rivista Arte e Storia di Firenze (a. XX, n. 4-5) questa
lettera, che noi riferiamo, esprimendo il nostro plauso per la propo-
sta che contiene e riserbandoci di ritornare fra breve sull'argomento:
Preg.mo Signore,
Mi rivolgo a Lei, per esporle una mia idea, che spero troverà eco
negli animi degli artisti e dei letterati italiani.
Uno dei più grandi umanisti del secolo XV fu certo Leon Battista
Alberti, insigne letterato ed architetto, nato a Genova il 14 febbraio
1404, della nobile famiglia degli Alberti di Firenze, come afferma Giro-
lamo Mancini nella biografia di Lui pubblicata a Firenze nel 1882.
Fra tre anni, quindi, ricorre il V centenario della sua nascita, ed
io credo, per noi Italiani, doveroso di onorare in quel tempo la me-
moria di questo grande.
Egli fu il primo che si conosca, dopo Vitruvio, a scrivere d'archi-
tettura nell'aureo suo libro De re aedificatoria, le cui teorie contribui-
rono tanto al risorgimento dell'architettura, nonché della statuaria e
della pittura. Come già nella letteratura, molti nostri moderni scrit-
tori rivendicarono, a Lui alcune opere attribuite ad altri letterati di
quel secolo, così è stato nell'architettura; chè Leon Battista Alberti,
esercitandola da signore erudito e non da professionista venale, diede
disegni e consigli per opere che s'innalzarono in quel tempo, le quali,
eseguite da artisti che avevano nomi di valenti esecutori, gli storici
ascrissero a costoro.
Egli visse a Roma più che a Firenze, patria degli Alberti. Fu ab-
breviatore del parco maggiore, sotto Eugenio IV, e quando questo pon-
tefice risarcì la Basilica Liberiana, Leon Battista diede il disegno del
magnifico soffitto lacunare che fu poi attribuito a Giuliano da San-
gallo, e che io rivendicai all'Alberti, come pubblicai a suo tempo. A
Lui pure si deve l'inizio del palazzo di Venezia a Roma e della chiesa
attigua di S. Marco attribuita a Giuliano da Maiano, anche questa da
me rivendicatagli, come pure le fabbriche pel cardinale Latino Or-
sini ed altre. Io scrissi anche un opuscolo dal titolo L'Architettura di
(1) P. Bonaventura da Sorrento, o. c., p. 83.
(2) Filangieri, o. c., V, p. 120. — Risc, anche Mangoni, Ricer-
che stor. topogr. sull'isola di Capri.
Leon Battista Alberti e le chiese Pugliesi, pubblicato a Trani nel 1894,
in cui dimostrava quanto il grande artista avesse appreso dai suoi
viaggi nelle Puglie. Eseguii pure più di venti disegni, tratti dalle opere
d'architettura dell'Alberti, e da quelle da me supposte sue, per dimo-
strare col confronto quanta relazione vi sia fra una cosa e l'altra.
Leon Battista prese parte anche ai restauri ordinati da Niccolò V
sua amico, e restaurò il ponte Elio e l'acquedotto dell'acqua Vergine,
e Pio II lo ebbe compagno ne' suoi viaggi e fe' tesoro dei suoi consigli.
È suo il disegno dei due palazzi dei Pichi in Roma, uno nella via
del Paradiso e l'altro in piazza Pollarola, non da tutti saputo, e ne
disegnò tanti altri che qui sarebbe lungo enumerare, e che, se non
furono del tutto da Lui eseguiti, certo furono iniziati.
Nella Descriptio urbis Romae si rivelò topografo dei più eminenti,
e forse unico alla sua epoca.
Non soltanto a Roma si esplicò la sua attività, ma essendo Egli
conosciuto dai più illustri umanisti di quei tempi e dai principi più
illuminati e magnifici, tra i quali furono suoi intimi il cardinale Al-
bergati, Lorenzo de Medici, il cardinal Barbo, e Rucellai, il Duca d'Ur-
bino, Sigismondo Malatesta di Rimini, i Gonzaga di Mantova, veniva
da tutti ricercato; e così potè innalzare la chiesa di S. Francesco a
Rimini, S. Sebastiano, S. Andrea e la cappella dell'Immacolata a Man-
tova, la casa dei Rucellai e la rotonda dell'Annunziata a Firenze etc.
Certo, alla scuola dell'Alberti vanno annoverati alcuni dei migliori
artisti della rinascenza, esecutori dei suoi disegni, come Matteo Pasti,
Silvestro e Luca Fancelli, Bernardo Rossellino etc.
La morte dell'Alberti avvenne nel 1472. Muove a sdegno — esclama
il Mancini — che della morte del più grand'uomo del secolo XV un solo
contemporaneo pensasse di lasciare questa povera memoria: 1472. Leon Bat-
tista Alberti, uomo disquisito ingegno e dottrina, muore in Roma, lasciando
un egregio volume sull'architettura (Palmerio).
S'ignora ove Egli fu sotterrato. Roma, al grande Italiano, memore
del suo sapere, eresse un busto nella passeggiata del Pincio fra tanti
ignoti, ed uno, mi sembra, nella pinacoteca del Campidoglio.
Ora io credo, che nella ricorrenza del V centenario della sua na-
scita non si debba dimenticarlo, chè sarebbe grave torto per noi Ita-
liani, quando si sono commemorati altri da meno di Lui; e gli artisti
e i letterati si debbano unire per onorarlo, ed ogni città italiana fare
a gara perchè l'onoranza riesca degna di Lui, specialmente Genova
che lo vide nascere, Venezia dove ebbe i primi rudimenti nell'arte,
Bologna dove studiò, Roma dove visse e morì, Firenze sua patria, dove
esercitò l'ingegno coi dotti della sua età, Mantova e Rimini dove in-
nalzò edificii, e Napoli, dove ebbe allievi che gli fecero onore.
Mi sono indirizzato a V. S. 111.ma come a fiorentino e direttore
del giornale Arte e Storia, dove tanti illustri scrittori collaborano, af-
finchè voglia divulgare, se la crede opportuna, questa mia idea, di riu-
nire un Comitato per tributare le onoranze alla memoria del grand'uo-
mo, e farvi concorrere gli artisti e i letterati più illustri d'Italia.
Con i sensi della più alta stima, mi creda
Napoli, gennaio 1901. Suo dev.mo
Ettore Bernich.
Raimondo di Sangro castigato nel 1752 dal Consi-
glio COMUNALE DI NAPOLI.
Dal nostro collaboratore Michelangelo Schipa riceviamo:
«I lettori della Napoli nobilissima ricorderanno senza dubbio la
bella serie di articoli che sul famoso principe di Sansevero scrisse
Fabio Colonna di Stigliano (Nap. nob., IV, a. 1895, passim). Ricorde-
ranno il vespaio suscitato fra gli zelanti della bella pubblicazione della