8o
NAPOLI NOBILISSIMA
Serio. Ecco un sonetto del Serio: All'imperatore additandogli il sepol-
cro di Virgilio, che togliamo dalle Rime di Luigi Serio, p. I, Napoli,
I775, P- 3:
In quest'urna, Signor, negletta e scura
Giaccion del gran Maron l'ossa onorate;
Ma onor del Lazio, e nostra dolce cura
Son le triplici sue muse beate.
Pur mesta è l'Ombra sua, però che dura
La lite ancor dopo sì lunga etate
Con Colui, che cantò l'aspra ventura,
Che recò all'Asia un'infedel beltate
E ben chiama la Parca invida e rea,
Poiché le niega di tornare in vita
Or che vincer potria la gloria Achea,
Che Te cantando, e in Te trovando unita
Al cor d'Achille la pietà di Enea,
La gran lite, Signor, saria finita.
*
Ricordi di Mario Pagano a Brienza.
L'egregio prof. Vittorio di Cicco ci manda da S. Mauro Forte la
seguente comunicazione:
« Fra le vecchie case della contrada Torricelli a Brienza in Basi-
licata trovasi quella ove nacque Mario Pagano. Giova descriverla prima
che crolli completamente: ora ne rimangono in piedi le sole mura,
essendo stati le soffitte e i pavimenti travolti nella caduta del pe-
sante tetto.
« Come le altre case della contrada, è addossata alla roccia a ca-
valiere del torrente Pergola e domina con un vasto orizzonte la valle
sottostante: il posto è ameno e riparato dai venti. La casa dei Pa-
gano, costruita intorno alla meta del secolo XVII, componevasi di
quattro piani: tre addossati alla roccia, e il quarto a livello della strada
superiore. Nei primi erano locali per l'esercizio dell'azienda agraria,
magazzini, trappeto, stalla, ecc.: l'ultimo era destinato per abitazione.
Questo sulla strada aveva il prospetto adorno di una cornice a piccoli
archetti, che in Basilicata viene chiamata « romanella ». Queste cor-
nici, di cui si trovano esemplari nei nostri edifici sin dal secolo XIV,
è tuttora di uso comune nella provincia. La porta d'ingresso è sem-
plice, ad arco tondo. Nelle ampie stanze si scorgono qua e là sotto
l'imbianchitura tracce di pitture: un'acquasentiera di marmo a con-
chiglia e una nicchia per le immagini si vedevano nella stanza da
letto dei genitori del Pagano.
« Alla casa era annesso un giardino che si stendeva fino al tor-
rente. Dal lato della strada, che è stretta e tortuosa, le finestre guar-
davano la montagna brulla su cui è posto il castello.
<(I Pagano avevano il sepolcro gentilizio nella chiesa di S. Zacca-
ria. Ecco l'iscrizione della pietra tombale:
FAMILIA PAGANORUM BUR
GENTIAE A DYNASTIS NUCE
RIAE TRAHENS ORIGINEM HOC
MONUNENTUM FACERE CURA
VIT. A. D. MDCCLVI.
« Al di sopra è inciso lo stemma. Lo scudo è alla moderna cur-
vilineo con bordatura: è diviso in terza: la prima è semipartito spac-
cato; in uno si trova blasonato il rastrello con tre gigli, nell'altro una
croce fitta con asta gammata; nella mediana è un altro rastrello a
quattro trangle, e tre gigli; nell'ultima tre bande. Tali pezzi onorifici
si ripetono nella bordura: sullo scudo è una corona di conte».
DA LIBRI E PERIODICI
Dall'egregio prof. Alfredo Melani riceviamo:
Ch. Direttore della « Napoli nobilissima »,
Non posso lasciare senza una parola di replica la risposta del
prof. Venturi, alla recensione del noto libro. Potrei ribatterla punto
per punto, alla buona, modestamente, senza la superiorità curiosa che
si attribuisce il prof. Venturi ogni volta parla o scrive di sè; ma la
Napoli, forse, non accetterebbe il nuovo articolo ed io, che non ho
tempo da perdere, da un lato amo che sia così. Inutile quindi il mo-
strare ove io fui frainteso e indicare i luoghi che non contengono
quello che il prof. Venturi vorrebbe, ed inutile insistere sul resto; il
lettore, che lo volesse, può confrontare, da sè, il libro, la recensione
e la risposta; e io, in qualsivoglia sede, potrò sostenere le mie osser-
vazioni che turbano il mio grandissimo oppositore.
La prego di stampare integralmente queste mie righe e di credere,
ch. Direttore, alla mia perfetta stima.
Milano, 15 maggio 1901.
Suo
Alfredo Melani.
L'avv. Giovanni Solimena, nel Giorno del 4 novembre 1900, pub-
blicò un articolo sul Duomo di Cosenza, dove riassunse la storia di quel
tempio, che ora si va ripristinando nell'antica forma sotto la direzione
dell'architetto Pisanti.
Contemporaneamente alla pubblicazione degli articoli del nostro
collaboratore G. Ceci sui Mormanno (conf. i fascicoli di novembre e
dicembre 1900) Raffaele Parisi inseriva nei fascicoli 12.0 dell'anno
VIII e i.° e 2.0 dell'anno X della Rassegna Italiana (Napoli, dicem-
bre 1900 e gennaio-febbraio 1901) un suo studio intitolato L'arte in
Napoli sotto gli Aragonesi e gli Spagnuoli. Tratta anche egli dei Mor-
manno, pubblicando per disteso le note dei registri dell'Archivio mu-
nicipale accennate soltanto dal nostro collaboratore e aggiungendone
altre da lui tralasciate. Resta assodato così che Giovan Francesco di
Palma detto Mormanno morì tra il 1572, quando gli fu affidato l'ul-
timo lavoro dalla Deputazione del Mattonato, e il 1574 quando è dato
come già morto nel liquidarsi agli intraprenditori i lavori compiuti
sotto la sua direzione. Interessanti particolari dà inoltre il Parisi sulla
topografia delle strade d'Arco e Atri, e sui palazzi degli Acquaviva e
dei Pinelli.
*
Nell'arte italiana decorativa e industriale di novembre 1900 si legge
la prima parte di un articolo di Giovanni Tesorone su di Un pavi-
mento di stile settecentesco immaginato ed eseguito in una scuola artistico-
industriale. Il Tesorone espone con quali criteri fu composto il bel di-
segno del pavimento per un salone della villa Pajno a Palermo e i
diversi stadi della sua lavorazione: opera che fa molto onore al no-
stro Museo Industriale.
E giacché in essa furono imitati, sebbene con tecnica e con senti-
mento decorativo più raffinati, i pavimenti lavorati in Napoli nel
secolo XVIII, il Tesorone fa brevemente cenno delle officine di maio-
licari qui fiorenti allora e specie di quella dei Chiaiese. Da una di
quelle officine uscirono le mattonelle invetriate che ornano i sedili, i
parapetti e i pilastri del giardino nel gran chiostro di S. Chiara, e a
torto il Bertaux le credette di fabbrica abruzzese. L'articolo del Teso-
rone è accompagnato, oltreché dalla riproduzione in cromolitografia
del pavimento nuovo, dai disegni di quelli eseguiti nel sec. XVIII
per S. Andrea delle Dame (ora al Museo Nazionale), per l'oratorio di
suor Orsola Benincasa, e per una chiesa di Forio d'Ischia (ora al Mu
seo Industriale).
Don Ferrante.
Don Fastidio.
NAPOLI NOBILISSIMA
Serio. Ecco un sonetto del Serio: All'imperatore additandogli il sepol-
cro di Virgilio, che togliamo dalle Rime di Luigi Serio, p. I, Napoli,
I775, P- 3:
In quest'urna, Signor, negletta e scura
Giaccion del gran Maron l'ossa onorate;
Ma onor del Lazio, e nostra dolce cura
Son le triplici sue muse beate.
Pur mesta è l'Ombra sua, però che dura
La lite ancor dopo sì lunga etate
Con Colui, che cantò l'aspra ventura,
Che recò all'Asia un'infedel beltate
E ben chiama la Parca invida e rea,
Poiché le niega di tornare in vita
Or che vincer potria la gloria Achea,
Che Te cantando, e in Te trovando unita
Al cor d'Achille la pietà di Enea,
La gran lite, Signor, saria finita.
*
Ricordi di Mario Pagano a Brienza.
L'egregio prof. Vittorio di Cicco ci manda da S. Mauro Forte la
seguente comunicazione:
« Fra le vecchie case della contrada Torricelli a Brienza in Basi-
licata trovasi quella ove nacque Mario Pagano. Giova descriverla prima
che crolli completamente: ora ne rimangono in piedi le sole mura,
essendo stati le soffitte e i pavimenti travolti nella caduta del pe-
sante tetto.
« Come le altre case della contrada, è addossata alla roccia a ca-
valiere del torrente Pergola e domina con un vasto orizzonte la valle
sottostante: il posto è ameno e riparato dai venti. La casa dei Pa-
gano, costruita intorno alla meta del secolo XVII, componevasi di
quattro piani: tre addossati alla roccia, e il quarto a livello della strada
superiore. Nei primi erano locali per l'esercizio dell'azienda agraria,
magazzini, trappeto, stalla, ecc.: l'ultimo era destinato per abitazione.
Questo sulla strada aveva il prospetto adorno di una cornice a piccoli
archetti, che in Basilicata viene chiamata « romanella ». Queste cor-
nici, di cui si trovano esemplari nei nostri edifici sin dal secolo XIV,
è tuttora di uso comune nella provincia. La porta d'ingresso è sem-
plice, ad arco tondo. Nelle ampie stanze si scorgono qua e là sotto
l'imbianchitura tracce di pitture: un'acquasentiera di marmo a con-
chiglia e una nicchia per le immagini si vedevano nella stanza da
letto dei genitori del Pagano.
« Alla casa era annesso un giardino che si stendeva fino al tor-
rente. Dal lato della strada, che è stretta e tortuosa, le finestre guar-
davano la montagna brulla su cui è posto il castello.
<(I Pagano avevano il sepolcro gentilizio nella chiesa di S. Zacca-
ria. Ecco l'iscrizione della pietra tombale:
FAMILIA PAGANORUM BUR
GENTIAE A DYNASTIS NUCE
RIAE TRAHENS ORIGINEM HOC
MONUNENTUM FACERE CURA
VIT. A. D. MDCCLVI.
« Al di sopra è inciso lo stemma. Lo scudo è alla moderna cur-
vilineo con bordatura: è diviso in terza: la prima è semipartito spac-
cato; in uno si trova blasonato il rastrello con tre gigli, nell'altro una
croce fitta con asta gammata; nella mediana è un altro rastrello a
quattro trangle, e tre gigli; nell'ultima tre bande. Tali pezzi onorifici
si ripetono nella bordura: sullo scudo è una corona di conte».
DA LIBRI E PERIODICI
Dall'egregio prof. Alfredo Melani riceviamo:
Ch. Direttore della « Napoli nobilissima »,
Non posso lasciare senza una parola di replica la risposta del
prof. Venturi, alla recensione del noto libro. Potrei ribatterla punto
per punto, alla buona, modestamente, senza la superiorità curiosa che
si attribuisce il prof. Venturi ogni volta parla o scrive di sè; ma la
Napoli, forse, non accetterebbe il nuovo articolo ed io, che non ho
tempo da perdere, da un lato amo che sia così. Inutile quindi il mo-
strare ove io fui frainteso e indicare i luoghi che non contengono
quello che il prof. Venturi vorrebbe, ed inutile insistere sul resto; il
lettore, che lo volesse, può confrontare, da sè, il libro, la recensione
e la risposta; e io, in qualsivoglia sede, potrò sostenere le mie osser-
vazioni che turbano il mio grandissimo oppositore.
La prego di stampare integralmente queste mie righe e di credere,
ch. Direttore, alla mia perfetta stima.
Milano, 15 maggio 1901.
Suo
Alfredo Melani.
L'avv. Giovanni Solimena, nel Giorno del 4 novembre 1900, pub-
blicò un articolo sul Duomo di Cosenza, dove riassunse la storia di quel
tempio, che ora si va ripristinando nell'antica forma sotto la direzione
dell'architetto Pisanti.
Contemporaneamente alla pubblicazione degli articoli del nostro
collaboratore G. Ceci sui Mormanno (conf. i fascicoli di novembre e
dicembre 1900) Raffaele Parisi inseriva nei fascicoli 12.0 dell'anno
VIII e i.° e 2.0 dell'anno X della Rassegna Italiana (Napoli, dicem-
bre 1900 e gennaio-febbraio 1901) un suo studio intitolato L'arte in
Napoli sotto gli Aragonesi e gli Spagnuoli. Tratta anche egli dei Mor-
manno, pubblicando per disteso le note dei registri dell'Archivio mu-
nicipale accennate soltanto dal nostro collaboratore e aggiungendone
altre da lui tralasciate. Resta assodato così che Giovan Francesco di
Palma detto Mormanno morì tra il 1572, quando gli fu affidato l'ul-
timo lavoro dalla Deputazione del Mattonato, e il 1574 quando è dato
come già morto nel liquidarsi agli intraprenditori i lavori compiuti
sotto la sua direzione. Interessanti particolari dà inoltre il Parisi sulla
topografia delle strade d'Arco e Atri, e sui palazzi degli Acquaviva e
dei Pinelli.
*
Nell'arte italiana decorativa e industriale di novembre 1900 si legge
la prima parte di un articolo di Giovanni Tesorone su di Un pavi-
mento di stile settecentesco immaginato ed eseguito in una scuola artistico-
industriale. Il Tesorone espone con quali criteri fu composto il bel di-
segno del pavimento per un salone della villa Pajno a Palermo e i
diversi stadi della sua lavorazione: opera che fa molto onore al no-
stro Museo Industriale.
E giacché in essa furono imitati, sebbene con tecnica e con senti-
mento decorativo più raffinati, i pavimenti lavorati in Napoli nel
secolo XVIII, il Tesorone fa brevemente cenno delle officine di maio-
licari qui fiorenti allora e specie di quella dei Chiaiese. Da una di
quelle officine uscirono le mattonelle invetriate che ornano i sedili, i
parapetti e i pilastri del giardino nel gran chiostro di S. Chiara, e a
torto il Bertaux le credette di fabbrica abruzzese. L'articolo del Teso-
rone è accompagnato, oltreché dalla riproduzione in cromolitografia
del pavimento nuovo, dai disegni di quelli eseguiti nel sec. XVIII
per S. Andrea delle Dame (ora al Museo Nazionale), per l'oratorio di
suor Orsola Benincasa, e per una chiesa di Forio d'Ischia (ora al Mu
seo Industriale).
Don Ferrante.
Don Fastidio.