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Napoli nobilissima: rivista d' arte e di topografia napoletana — 10.1901

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Nr. 11
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Notizie ed osservazioni
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Da libri e periodici
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176

NAPOLI NOBILISSIMA

Un RICORDO DEL 1799.
Al principio della salita del Palazzo Reale di Portici, accanto alla
chiesa di S. Antonio, c'è una cappelletta, chiusa da un cancello di le-
gno. Sul muro interno di essa, al di sopra dell'altare, è dipinta una
figura di S. Antonio: al collo del santo è sospeso l'Ordine del Toson
d'Oro, e fin qui non c'è nulla di straordinario. Si sa che il re Fi-
lippo IV di Spagna insignì del Toson d'Oro tutti i santi taumaturghi,
e S. Antonio essendo taumaturgo, è di dritto Cavaliere del Toson
d'Oro. Ma il pittore, al di sopra di questa insegna, dipinse anche il
collare dell'Ordine di S. Gennaro. Questa è dunque una prova di
ciò che riferisce qualche cronista dei principii del secolo XIX, cioè
che S. Antonio di Padova sia stato creato Capitan Generale (onorario)
e Fascia di S. Gennaro, per la protezione spiegata in favore delle bande
del Cardinal Ruffo, che entrarono in Napoli il 13 giugno 1799, giorno
dedicato alla festa del Santo di Padova.
Don Fastidio.

DA LIBRI E PERIODICI
Col titolo: Mali senza rimedio: Santa Caterina di Galatina, il ba-
rone Filippo Bacile ha pubblicato un articolo nell'Araldo Pugliese del
4 settembre, raccolto poi in opuscolo (Lecce, tipogr. Salentina, 1901,
di pp. 24). Il Bacile, che già tante volte ha levato la voce in difesa dei
monumenti artistici di Terra d'Otranto e per illustrarne la storia, ag-
giunge ora una nuova benemerenza col descrivere e deplorare gli sconci
avvenuti nella insigne chiesa di S. Caterina di Galatina. All'esterno,
l'effetto della facciata è stato diminuito e guastato col togliere ad essa
la gradinata rialzandosi il piano stradale; all'interno, i preziosi affre-
schi si vanno sempre più screpolando e ne cadono, o ne sono rotti
dei pezzi, oltre il solito guasto delle copiose iscrizioni graffite che li
sfigurano, e corrodono dappertutto la pareti. Il monumento ha per cu-
stode (incredibile a dirsi) un povero cieco!, il quale « pronto e desto
abbastanza, solo al rumore sente che taluno vi entri, e per annosa
consuetudine si porta qua e là, e per le vie » (p. 21). — Il Bacile si
mostra molto pessimistico circa i rimedii; e non gli si può dar torto.
Speriamo tuttavia che l'appello finale ch'egli fa al deputato del luogo
produca, questa volta, qualche frutto!
Nel num. 20, anno XX, di Arte e Storia (Firenze, 15 ottobre 1901)
A. Filangieri di Candida discorre su La colossale testa di cavallo in
bronzo del Museo Nazionale di Napoli. Per gli scritti del Capasso, del
Filangieri di Satriano e di altri studiosi (conf. nella nostra rivista i
fase, io e II della II annata, e il 4.° della VI) è oramai accertato
che questo capolavoro, donato da Lorenzo de Medici nel 1471 al Conte
di Maddaloni Diomede Carafa e da un suo tardo discendente al Museo
nel 1809, va dovuto ad un artista del Rinascimento e vi sono buone
ragioni per crederlo opera del Donatello. Alcuni archeologi, è vero,
e fa essi l'illustre Comparetti, persistono ad attribuirlo all'antichità;
ma quali argomenti essi hanno da opporre a quelli convincentissimi
su cui si fonda la tesi contraria? Sarebbe tempo di esporli — ed è
opportuno l'invito del Filangieri — ora che la quistione va risoluta
definitivamente anche dal lato pratico, dando nel riordinamento delle
collezioni del Museo, il posto che spetta all'insigne opera tra gli altri
bronzi del Rinascimento.

Pietro Piccirilli ha pubblicato, in un estratto dal I Supplemento
alla Rivista Abruzzese (Teramo, 1901), un cenno di Giovan Battista di
M. Francesco di Sulmona pittore del secolo XVI. Di questo artista, igno-
rato finora, il Piccirilli ha ritrovato non soltanto notizie negli archivi
della Cattedrale e dell'Annunziata di Sulmona, ma ha potuto identi-
ficare un'opera a fresco sulla facciata di una antica gualchiera. Sono
due figure di santi, S. Francesco e S. Cristofaro, incorniciate da or-
nati cinquecentini in campo giallo e da eleganti modonature. « La
maniera di questo pittore — conchiude il Piccirilli — risente moltis-
simo della maniera aquilana del secolo XVI. L'opera di lui, però,
corretta nel disegno, colorita con qualche disinvoltura, non rivela un
forte e geniale artista ».
Vincenzo Fago ha pubblicato nella Nuova antologia del i.° agosto
un articolo su II Museo di Taranto e le ultime scoperte archeologiche.
Descrive il tempio di Venere Libitina, la necropoli e la cripta recen-
temente tornate a luce per gli scavi diretti dal dott. Quagliati. Rileva
l'importanza che già ha assunto il museo di Taranto e quella ancor
più grande che potrebbe assumere se fosse oggetto di una maggiore
sollecitudine da parte del Governo.
Francesco Savini ha pubblicato II liber censualis del 1348 del Ca-
pitolo Aprutino (Roma, Forzani, 1901). È un documento molto impor-
tante per la storia di Teramo ed è contenuto in un codice bellamente
ornato di miniature. Di queste il Savini dà un saggio riproducendo in
fototipia la prima pagina del codice.
Nel mese di agosto di questo anno il signor Matrone, eseguendo
degli scavi in una sua proprietà posta sulla riva destra del fiume
Sarno, nella contrada detta Bottaro, sotto un atrio di un edificio ve-
nuto in luce, fra molti scheletri ne trovò uno adagiato su di una let-
tiga, sovranamente imponente nell' ampiezza e rotondità del cranio, con una
catena d'oro attortigliata tre volte intorno al collo, due armille al
braccio, un anello d'oro al dito, una daga al fianco con manico d'avo-
rio e puntale di bronzo, e molti oggetti preziosi presso di lui e di
quelli che gli stavano attorno. Il signor M. E. Cannizzaro pubblicò
un opuscolo, dal quale abbiam tolto le surriferite notizie; e poiché si
sa che Plinio il vecchio, andato a veder da vicino l'eruzione del Ve-
suvio (an. 79 d. C.) ed uscito dalla villa di Pomponiano presso Stabia,
si avviò al lido del mare dove trovò la morte, il signor Cannizzaro
ne trasse la conseguenza che lo scheletro coperto potesse essere quello
di Plinio. Risponde alla fantastica ipotesi il dott. Giuseppe Cosenza,
il quale in un importante articolo pubblicato dal Corriere del Circon-
dario, giornale di Castellammare di Stabia (an. V, n. 21 e 22) ribatte
tutte le supposizioni del Cannizzaro e le dimostra prive di fondamento
ricordando specialmente la lettera di Plinio il giovane a Tacito, nella
quale il nipote racconta, con tutti i particolari, la morte dello zio e
dice che il corpo ne fu ritrovato tre giorni dopo e seppellito. La di-
chiarazione è tanto esplicita che non ammette dubbio od ipotesi in
contrario.
Don Ferrante.
 
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