RIVISTA DI TOPOGRAFIA ED ARTE NAPOLETANA
59
Laura Terracina e Dianora Sanseverino.
Cogliamo l'occasione per aggiungere una nota all'articolo pubbli-
cato nel fascicolo passato sulla Terracina. Ivi (pag. 13, col. I) è ri-
ferito e criticato un passo di un biografo della poetessa contenente
una sciocca congettura sulle relazioni corse tra lei e una dama napo-
letana, della quale Ludovico Paterno avrebbe scritto: « Di costei canta
Laura Terracina E pon cantando a l'aura, a l'onda il freno ».
Questi due versi del Paterno sono contenuti in un suo componi-
mento di 31 ottave, dedicato ad Isabella d'Aragona, e pubblicato nella
parte II delle Stanze di diversi illustri poeti raccolte da Ludovico Dolce
(Venezia, Giolito, 1556); e l'intera ottava suona così (p. 323):
Ecco Leonora poi Sanseverina:
A chi verrà che quei begli occhi a pieno
Possa lodare, due suoi strali affina
Amor, per impiagarne a mille il seno.
Di costei canta Laura Terracina
E pon cantando a l'aura, a l'onda il freno;
E un Caracciol con lei, spirto divino,
Giulio Cesar, cui tanto honoro e ’nchino.
Dunque, la dama lodata da Laura era Eleonora o Dianora San-
severino, figlia di Pietrantonio principe di Bisignano. La Dianora sposò
Ferrante Alarcon di Mendoza, e, se si deve credere ai cronisti del
tempo, diventata vedova ebbe per amante Garzia di Toledo, figlio del
vicerè. Era poetessa; e un suo sonetto si può leggere nella Storia della
volgar poesia del Crescimbeni. Abbastanza ampiamente c'informa della
Sanseverino il Modestino nei noti Discorsi sulla dimora di Torquato
Tasso in Napoli.
Laura, che dedicò le sue Quarte rime al Principe di Bisignano e
le sue Quinte alla Principessa di Bisignano D. Erina Scanderbeg, ma-
trigna dell'Eleonora, era in rapporti amichevoli con la famiglia San-
severino: ed è naturale che tra le due poetesse si scambiassero delle
rime, le quali, piene come sono delle solite frasi petrarchesche indus-
sero il biografo summenzionato (il Mazzarella di Cerreto) al suo in-
giurioso sospetto.
Si noti inoltre che le due poetesse dimoravano poco discosto. Già
la casa e torre dei Terracina confinava da un lato, secondo un docu-
mento, con « la torre di Sancto Severino ». Ma la Dianora dimorava
al palazzo Alarcon, cioè al presente palazzo Sirignano, ch'è appena
un trecento passi distante dalla torre dei Terracina.
Qualcuno ci scrive per obiettare che il Boccalini, nel suo Ragguaglio,
potè adornare una tradizione che aveva un fondo storico, raccontando
delle relazioni della Terracina col Mauro, e del dono fatto alla poe-
tessa da Odoardo VI d'Inghilterra, e della gelosia del marito e del-
l'uxoricidio. Ripetiamo, che bisogna non aver mai neppure aperto i
Ragguagli del Parnaso del Boccalini per pensare, sia pure per un mo-
mento, ad una simile possibilità. La quale non solo è poi contradetta
dai dati biografici recati dal Croce nel suo articolo; ma, se si vuole
ancora dell'altro, dalla semplice osservazione che Giovanni Mauro,
autore del capitolo della fava, morì nel 1536, quando Laura Terracina
aveva diciassette anni, e Odoardo VI d'Inghilterra (n. 1537, m. 1553)
non era ancora nato!
* *
Il museo di Donna Regina.
Il R. Commissario pel municipio di Napoli ha deliberato, su pro-
posta del subcommissario Beltrani: 1. che tutti gli oggetti e frammenti
marmorei, che si trovano raccolti nel locale di Donna Regina, siano
consegnati, a titolo di deposito, rimanendo sempre proprietà del Muni-
cipio, al Museo Nazionale ed a quello di S. Martino. Al Museo Nazio-
nale tutti gli oggetti che si riferiscono all'età greca, ed a quello di
S. Martino tutti gli oggetti d'arte del medio evo, della rinascenza e
dell'epoca moderna; 2. che una Commissione composta dal comm. de
Petra, dal prof. Minervini, dal cav. Colombo, dal conte de la Ville e
dal comm. Beltrani, in seguito ad opportuna verifica, indichi gli oggetti
da depositarsi nei due musei secondo la distinzione anzidetta; 3. che
se ne faccia la consegna ai rispettivi direttori, redigendo all'uopo ana-
logo verbale. — Il personale municipale, che era occupato a Donna
Regina, ritornerà a palazzo S. Giacomo.
L'ISCRIZIONE ETRUSCA.
Il prof. Orsi, che resse per qualche tempo la direzione del Museo
di Napoli, fece inserire nel Bollettino della pubblica istruzione del 1901,
p. 411, la notizia: essere nelle sue mani una dichiarazione da cui ri-
sultava che la nota iscrizione etrusca della Campania, acquistata dal
Museo di Berlino, fosse falsa. Di questa dichiarazione, per altro, non
credette di far uso il De Petra nella sua Autodifesa, della quale abbia-
mo parlato. Ora, nello stesso Bollettino, in data del 4 luglio, si legge:
« Terracotta con iscrizione etrusca trovata presso S. Maria di Capua.
— Il prof. Ettore Pais, direttore del Museo Nazionale di Napoli, es-
sendosi di recente recato, per ragioni del suo ufficio, a Santa Maria
Capua Vetere, ha potuto constatare che la tegola contenente grafita
una iscrizione etrusca, di cui si parla nel Bollettino Ufficiale del 1901,
a pag. 410 e seg., non fu già seppellita ad arte da alcuni scavatori,
ma fu invece ritrovata dal contadino Gaetano Paolella in compagnia
di Domenico Santoro. Il predetto professore comunica che, per dichia-
razione esplicita rilasciatagli per iscritto dal prof. Kekule, direttore del
Museo di Berlino, confermata da quelle di altri archeologi che videro
e studiarono tale tegola, che ora si conserva nel Museo di Berlino,
essa è da reputarsi autentica, e porge quindi una prova irrefragabile
a favore della tradizione antica, che gli Etruschi estesero la loro do-
minazione anche nella Campania »
L'ARCHITETTO PlGNOLOSA CATARO.
Questo architetto, intorno a cui il Filangieri raccolse molti docu-
menti nel volume primo del suo Indice degli Artefici, è menzionato a
p. 295 del registro di esito del Monastero di Monteoliveto. Nel 17
agosto 1598 i monaci gli pagarono 13 carlini per una pianta di un
territorio intorno al quale contendevano il loro Monastero e quello di
Donnalbina.
Don Fastidio.
DA LIBRI E PERIODICI
Il numero doppio di giugno-luglio del Mezzogiorno artistico contiene
una noterella di Giovanni Beltrani, Vicende di quadri di scuola tedesca
ne' saccheggi del 99 a Napoli, concernente sei quadretti di genere che
furono rubati al marchese di Cammarota ed acquistati dai librai Ter-
res, ed ora costituiscono i n. 21, 22, 23, e 93, 94, 95 della sala VIII
della nostra pinacoteca nazionale. L'autore dei sei quadri fu il tedesco
G. B. Grundmann, che li dipinse tra il 1758 e il 1760. Alla storia
della stessa pinacoteca contribuisce il Faraglia, col pubblicare la cor-
rispondenza del 1802 tra il cav. Venuti e il ministro Zurlo relativa
agli acquisti di quadri che il primo faceva in Roma per conto della
Corte di Napoli. Un articoletto, in fine, dà notizia dei restauri del
duomo di Cosenza che si vanno compiendo sotto la direzione dell'ar-
chitetto Pisanti.
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Laura Terracina e Dianora Sanseverino.
Cogliamo l'occasione per aggiungere una nota all'articolo pubbli-
cato nel fascicolo passato sulla Terracina. Ivi (pag. 13, col. I) è ri-
ferito e criticato un passo di un biografo della poetessa contenente
una sciocca congettura sulle relazioni corse tra lei e una dama napo-
letana, della quale Ludovico Paterno avrebbe scritto: « Di costei canta
Laura Terracina E pon cantando a l'aura, a l'onda il freno ».
Questi due versi del Paterno sono contenuti in un suo componi-
mento di 31 ottave, dedicato ad Isabella d'Aragona, e pubblicato nella
parte II delle Stanze di diversi illustri poeti raccolte da Ludovico Dolce
(Venezia, Giolito, 1556); e l'intera ottava suona così (p. 323):
Ecco Leonora poi Sanseverina:
A chi verrà che quei begli occhi a pieno
Possa lodare, due suoi strali affina
Amor, per impiagarne a mille il seno.
Di costei canta Laura Terracina
E pon cantando a l'aura, a l'onda il freno;
E un Caracciol con lei, spirto divino,
Giulio Cesar, cui tanto honoro e ’nchino.
Dunque, la dama lodata da Laura era Eleonora o Dianora San-
severino, figlia di Pietrantonio principe di Bisignano. La Dianora sposò
Ferrante Alarcon di Mendoza, e, se si deve credere ai cronisti del
tempo, diventata vedova ebbe per amante Garzia di Toledo, figlio del
vicerè. Era poetessa; e un suo sonetto si può leggere nella Storia della
volgar poesia del Crescimbeni. Abbastanza ampiamente c'informa della
Sanseverino il Modestino nei noti Discorsi sulla dimora di Torquato
Tasso in Napoli.
Laura, che dedicò le sue Quarte rime al Principe di Bisignano e
le sue Quinte alla Principessa di Bisignano D. Erina Scanderbeg, ma-
trigna dell'Eleonora, era in rapporti amichevoli con la famiglia San-
severino: ed è naturale che tra le due poetesse si scambiassero delle
rime, le quali, piene come sono delle solite frasi petrarchesche indus-
sero il biografo summenzionato (il Mazzarella di Cerreto) al suo in-
giurioso sospetto.
Si noti inoltre che le due poetesse dimoravano poco discosto. Già
la casa e torre dei Terracina confinava da un lato, secondo un docu-
mento, con « la torre di Sancto Severino ». Ma la Dianora dimorava
al palazzo Alarcon, cioè al presente palazzo Sirignano, ch'è appena
un trecento passi distante dalla torre dei Terracina.
Qualcuno ci scrive per obiettare che il Boccalini, nel suo Ragguaglio,
potè adornare una tradizione che aveva un fondo storico, raccontando
delle relazioni della Terracina col Mauro, e del dono fatto alla poe-
tessa da Odoardo VI d'Inghilterra, e della gelosia del marito e del-
l'uxoricidio. Ripetiamo, che bisogna non aver mai neppure aperto i
Ragguagli del Parnaso del Boccalini per pensare, sia pure per un mo-
mento, ad una simile possibilità. La quale non solo è poi contradetta
dai dati biografici recati dal Croce nel suo articolo; ma, se si vuole
ancora dell'altro, dalla semplice osservazione che Giovanni Mauro,
autore del capitolo della fava, morì nel 1536, quando Laura Terracina
aveva diciassette anni, e Odoardo VI d'Inghilterra (n. 1537, m. 1553)
non era ancora nato!
* *
Il museo di Donna Regina.
Il R. Commissario pel municipio di Napoli ha deliberato, su pro-
posta del subcommissario Beltrani: 1. che tutti gli oggetti e frammenti
marmorei, che si trovano raccolti nel locale di Donna Regina, siano
consegnati, a titolo di deposito, rimanendo sempre proprietà del Muni-
cipio, al Museo Nazionale ed a quello di S. Martino. Al Museo Nazio-
nale tutti gli oggetti che si riferiscono all'età greca, ed a quello di
S. Martino tutti gli oggetti d'arte del medio evo, della rinascenza e
dell'epoca moderna; 2. che una Commissione composta dal comm. de
Petra, dal prof. Minervini, dal cav. Colombo, dal conte de la Ville e
dal comm. Beltrani, in seguito ad opportuna verifica, indichi gli oggetti
da depositarsi nei due musei secondo la distinzione anzidetta; 3. che
se ne faccia la consegna ai rispettivi direttori, redigendo all'uopo ana-
logo verbale. — Il personale municipale, che era occupato a Donna
Regina, ritornerà a palazzo S. Giacomo.
L'ISCRIZIONE ETRUSCA.
Il prof. Orsi, che resse per qualche tempo la direzione del Museo
di Napoli, fece inserire nel Bollettino della pubblica istruzione del 1901,
p. 411, la notizia: essere nelle sue mani una dichiarazione da cui ri-
sultava che la nota iscrizione etrusca della Campania, acquistata dal
Museo di Berlino, fosse falsa. Di questa dichiarazione, per altro, non
credette di far uso il De Petra nella sua Autodifesa, della quale abbia-
mo parlato. Ora, nello stesso Bollettino, in data del 4 luglio, si legge:
« Terracotta con iscrizione etrusca trovata presso S. Maria di Capua.
— Il prof. Ettore Pais, direttore del Museo Nazionale di Napoli, es-
sendosi di recente recato, per ragioni del suo ufficio, a Santa Maria
Capua Vetere, ha potuto constatare che la tegola contenente grafita
una iscrizione etrusca, di cui si parla nel Bollettino Ufficiale del 1901,
a pag. 410 e seg., non fu già seppellita ad arte da alcuni scavatori,
ma fu invece ritrovata dal contadino Gaetano Paolella in compagnia
di Domenico Santoro. Il predetto professore comunica che, per dichia-
razione esplicita rilasciatagli per iscritto dal prof. Kekule, direttore del
Museo di Berlino, confermata da quelle di altri archeologi che videro
e studiarono tale tegola, che ora si conserva nel Museo di Berlino,
essa è da reputarsi autentica, e porge quindi una prova irrefragabile
a favore della tradizione antica, che gli Etruschi estesero la loro do-
minazione anche nella Campania »
L'ARCHITETTO PlGNOLOSA CATARO.
Questo architetto, intorno a cui il Filangieri raccolse molti docu-
menti nel volume primo del suo Indice degli Artefici, è menzionato a
p. 295 del registro di esito del Monastero di Monteoliveto. Nel 17
agosto 1598 i monaci gli pagarono 13 carlini per una pianta di un
territorio intorno al quale contendevano il loro Monastero e quello di
Donnalbina.
Don Fastidio.
DA LIBRI E PERIODICI
Il numero doppio di giugno-luglio del Mezzogiorno artistico contiene
una noterella di Giovanni Beltrani, Vicende di quadri di scuola tedesca
ne' saccheggi del 99 a Napoli, concernente sei quadretti di genere che
furono rubati al marchese di Cammarota ed acquistati dai librai Ter-
res, ed ora costituiscono i n. 21, 22, 23, e 93, 94, 95 della sala VIII
della nostra pinacoteca nazionale. L'autore dei sei quadri fu il tedesco
G. B. Grundmann, che li dipinse tra il 1758 e il 1760. Alla storia
della stessa pinacoteca contribuisce il Faraglia, col pubblicare la cor-
rispondenza del 1802 tra il cav. Venuti e il ministro Zurlo relativa
agli acquisti di quadri che il primo faceva in Roma per conto della
Corte di Napoli. Un articoletto, in fine, dà notizia dei restauri del
duomo di Cosenza che si vanno compiendo sotto la direzione dell'ar-
chitetto Pisanti.