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Napoli nobilissima: rivista d' arte e di topografia napoletana — 10.1901

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https://doi.org/10.11588/diglit.71019#0221

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RIVISTA DI TOPOGRAFIA ED ARTE NAPOLETANA

T33

simo di dominare perpetuamente con varie macchinationi
vanno meditando ». Come non veder chiara, in questa ul-
tima osservazione, la punta dell'allegorica invenzione del
Boccalini, acerrimo nemico degli oppressori stranieri d'Ita-
lia? Eppure ci è stato chi, ignaro dell'indole dei Raggua-
gli, ha preso per fatto storico il matrimonio, la gelosia e
l'uccisione, tanto da costringere i nostri vecchi eruditi a
polemizzare contro l'errore 0); un bibliografo delle poe-
tesse italiane ha persino registrato nel suo volume la Ter-
racina come « Laura Terracina-Mauri »! (2). Anche di re-
cente uno scrittore, nel tessere una biografia della Terra-
dna, menziona seriamente, che ella « ebbe in dono da re
Odoardo VI l'ordine della giarrettiera » (3).
Guai alle donne di cui si comincia, per un verso o per
l'altro, a discutere! Il Mazzarella di Cerreto, che scrisse
di Laura nelle Biografie degli uomini illustri del regno di
Napoli, giunge a sospettarla imitatrice di Saffo anche nei
costumi. « Amò nobile dama celebre a quei dì per le sue
bellezze, per la quale dettò amorosi versi, e se ne mostrò
fieramente invaghita. Ludovico Paterno di essa ebbe a
dire: Di costei canta Laura Terracina — E pon cantando
all'aura e all'onda il freno. Noi non ardiremmo di leg-
gieri affermare che sorta di amore fosse costesto, e se
fosse per avventura un più che poetico traviamento ». E
come se questa insinuazione non bastasse, continua: « Noi
non sappiamo se Laura fosse stata scapola, o avesse preso
marito: ma, per quanto pare, serbò ella un celibato poetico,
non avverso ad Amore ».
Tutto, certo, è permesso supporre di una donna che è
stata uccisa dal marito per gelosia; ancorché ciò non sia
accaduto se non per erronea interpretazione dell'invenzione
di un allegorizzante moralista! Ed almeno si avesse un
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Stessa Laura abbia

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'ogni poesia, II, p. I,
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Fondi e il movimento
nichelli, 1896, pp. 197-
dell'Amante, il quale
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Mauro, che i cri-
sapeva che Laura
'vole, con cui visse
questa persona ono-
rari, sarebbe stato
era, dei principi di
Ricca ha provato
a, ma una Lavinia

preso alcun marito, nè ciò si desume dalle rime di lei e
dagl'infiniti documenti da noi letti intorno a questa fami-
glia: laonde sembra ch'ella fosse vissuta nubile ed indi-
pendente nella deliziosa casina paterna a Chiaia » G).
Ebbe dunque o no marito, e se l'ebbe, chi fu costui?
Ecco la domanda che ancora si fanno vanamente i biografi.
Domanda, anche questa, che avrebbe ottenuto facile ri-
sposta se fossero state lette attentamente le opere della Ter-
racina. Sissignore: il marito ci fu; e si chiamava il signor
Polidoro Terracina. Nella epistola dedicatoria che precede
la Seconda parte dei discorsi sopra le seconde stanze del Fu-
rioso, e che ha la data del 22 agosto 1567, Laura dice
di essersi indotta a comporre l'operetta pregata dal signor
Polidoro Terracina, « essendo, sapete, le preghiere degl'huo-
mini espressi comandamenti alle lor donne ». Conferma, che
non lascia dubbio, riceve questa notizia dal libro delle
rime inedite di Laura, dove sono, tra l'altro, dei sonetti
intitolati: « nella malattia del s. Polidoro Terracina mio
consorte », « al sig. Polidoro Terracina mio marito » (2).
Il matrimonio dovè accadere tra il 1560 e il 1567. Il
nome di Polidoro Terracina appare nelle Seconde, Quarte,
Quinte e Seste rime, pubblicate nel 1549, 1550, 1552 e
1558-60: ma in tutti questi casi senza alcuna traccia di
relazioni coniugali. Anzi le rime in cui è il suo nome sono
madrigali e sonetti amorosi per donna scritti ad istanza, 0
a preghiera, o a compiacenza del signor Polidoro Terracina,
come ve ne sono di composti ad istanza e preghiera e com-
piacenza di altri. Si stenta a supporre che Laura, pregata
dal marito, componesse per conto di lui poesie amorose
dirette a sé medesima! o che gliene componesse, essendo
già Polidoro Terracina suo marito, per altre donne! E si
pensa più facilmente che il legame di parentela, di ami-
cizia e di familiarità che doveva essere tra lei e quel suo
congiunto finisse poi col mutarsi in legame matrimoniale
quando entrambi erano già innanzi negli anni. Secondo la
nostra congettura, Laura avrebbe preso marito quando
aveva oltrepassato i quaranta anni (3).
L'amore autunnale non sembra però che fosse scompa-
gnato da quella amoris integratio, ch'è la gelosia: il marito
era a volte geloso! E Laura cantava al vano tormentator
di sè stesso:
S'io non so' stata e non sarò d'altrui,
A che prendete voi tanto dolore?
Se dal ciel, da che nacqui, solo ad vui
Mi diè per sempre, a che affannate il core?

(1) Op. cit., pp. 662-4.

(2) Cod. rime ind., c. 82, 91-92, etc.

(3) Noto, per altro, che nelle Rime seconde ve ne ha delle compo-
ste: «a compiacenza del signor Polidoro », senza indicazione del co-
gnome; e questa familiarità d'indicazione potrebbe porgere argomento
a chi volesse sostenere che il matrimonio aveva avuto luogo sin
dal 1549.
 
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