RIVISTA DI TOPOGRAFIA ED ARTE NAPOLETANA
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L'uno e l'altro emblema è sempre circondato da un
ornato, che seguendo la forma ovata del piano dove gli
stessi emblemi sono figurati, è formato da alcune testine
alate, le quali si alternano con una arabescatura a fogliame.
Tutti gl'intagli eseguiti con somma delicatezza mostrano
grande verismo nel modellato delle figure; ben conservati
in generale, ad eccezione di qualche mancanza derivante
dalla rottura di alcuni pezzi più sporgenti, come le braccia
delle sirene che reggono le corone e le palme.
Questi splendidi battenti della chiesa di S. Maria del
Gesù debbono essere annoverati tra i migliori nello stile
del cinquecento osservabili in Napoli ed additati come
esempio di squisito gusto decorativo.
La loro analogia con quelli di S. Giacomo degli Spa-
gnuoli fa ricordare i nomi degli scultori Folfi e Manso che
aiutarono il Chiarini nei lavori del coro della medesima
chiesa, e non è possibile distaccarsi da essi senza che la
mente ripeta pure il nome del Tortelli, tanto questi bat-
tenti, molto più che quelli di S. Giacomo, sia per taluni
concetti, sia per il carattere degl'intagli, hanno grande re-
miniscenza dell'arte che si appalesa nel coro dei SS. Se-
verino e Sossio, e ne fanno ricordare i loro autori.
Sono degni di essere pure mentovati i battenti di un
uscio che apresi nell'andito esistente tra la chiesa di San
Eligio e l'attiguo cortile del Conservatorio ed Ospedale
omonimo 0).
Belli nella loro semplicità, sono ripartiti ognuno nella
propria altezza in cinque scompartimenti rettangolari, due
grandi e tre piccoli.
Gl'indicati rettangoli sono circoscritti da scorniciature
per quanto semplici altrettanto leggiadre.
Il campo degli scompartimenti maggiori è adorno da
una figura rappresentante un vescovo, scolpita a mezzo
rilievo, mentre il campo degli scompartimenti minori è
arricchito da ornati arabescati; osservandosi alcune testine
alate negli ornati dei due scompartimenti superiori in ogni
battente, ed una cartella ellittica nell'ornato del rettangolo
vicino alla zoccolatura.
Questi battenti, alquanto sciupati, hanno la zoccolatura
infracidita per l'umidità del suolo: manca la figura che
ornava il campo del riquadro grande inferiore del battente
destro.
L'assieme della ripartizione di questi battenti, il carat-
tere scultorio delle figure, delle varie scorniciature ed ara-
bescature mostrano con evidenza lo stile del cinquecento
avanzato. Le tre superstiti figure danno ai medesimi im-
portanza storica, poiché rammentano la istituzione fatta in
Napoli, verso il 1270, di un ospedale che doveva acco-
gliere i poveri infermi della città e particolarmente i fo-
restieri, unitamente ad una confraternita che ebbe la sua
chiesa; istituzioni dovute alla iniziativa dei tre francesi Dot-
tun, Borgognone e Lions, familiari di Carlo I d'Angiò 0).
continua.
Antonino Maresca di Serracapriola.
ANCORA DEL PALAZZO DI FEDERICO II
AD ORTA
Chiarissimo signor Direttore,
Eccole il risultato delle mie ricerche intorno al castello
o casa di sollazzo di Federico II in quel di Ortanova,
eseguite sopra luogo come le promisi.
A venticinque chilometri e mezzo dal mare ed a settan-
tatre metri sul livello dello stesso, nel bel mezzo di Orta,
a sinistra del corso Ferrovia, trovasi un arco senza alcun
accenno di ordine, che per un androne immette in un
cortile irregolare, in cui verso destra trovasi la chiesa
parrocchiale.
Nei secoli scorsi tale fabbricato appartenne ai Padri Ge-
suiti, che furono per qualche tempo padroni del luogo.
A sinistra di chi guarda l'arco o portone d'ingresso tro-
vasi messo in muratura a guisa di pietra angolare, e da
poter servire anche da sedile, un capitello jonico, che
sporge anche nell'interno di una prossima bettola, e che
misura metri 1.15 X 1.20 ed ha l'altezza di centimetri 70.
Secondo l'opinione dell'egregio professor Manzi (2), sotto
questo capitello avrebbesi dovuto rinvenire la relativa co-
lonna, che con la piccola lapide murata nell'interno del
cortile, e della quale parlerò in seguito, sarebbero stati
segni non dubbi della precisa ubicazione del castello di
Federico. Date le proporzioni del capitello in parola, la
sola colonna sottostante avrebbe avuto bisogno per svilup-
parsi di circa metri 5.60 di profondità, oltre la base e
le necessarie costruzioni. Io, visto la bassa altimetria del
suolo di Orta, ho voluto misurare la profondità delle acque,
che ho rinvenute in un pozzo a metri 2.94, in un altro
proprio dirimpetto al capitello - sedile il pelo d'acqua era
a metri 3.95 dal livello stradale, ed infine nell'interno del
cortile, in un luogo poco più elevato, vicino la chiesa,
l'acqua trovasi a metri 4.35. Nè ci è da supporre avval-
lamenti per cause sismiche, mentre al contrario pare che
la pianura del Tavoliere risenta ancora la lenta emersione
postpliocenica o quaternaria dalle acque dell'Adriatico.
(1) Ringrazio l'amico G. Ceci che me ne fece conoscere la esi-
stenza.
(1) Teresa Ravaschieri, Storia della carità napoletana, voi. I, p. 41
e seg.
(2) Conf. il fascicolo di febbraio di questa rivista.
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L'uno e l'altro emblema è sempre circondato da un
ornato, che seguendo la forma ovata del piano dove gli
stessi emblemi sono figurati, è formato da alcune testine
alate, le quali si alternano con una arabescatura a fogliame.
Tutti gl'intagli eseguiti con somma delicatezza mostrano
grande verismo nel modellato delle figure; ben conservati
in generale, ad eccezione di qualche mancanza derivante
dalla rottura di alcuni pezzi più sporgenti, come le braccia
delle sirene che reggono le corone e le palme.
Questi splendidi battenti della chiesa di S. Maria del
Gesù debbono essere annoverati tra i migliori nello stile
del cinquecento osservabili in Napoli ed additati come
esempio di squisito gusto decorativo.
La loro analogia con quelli di S. Giacomo degli Spa-
gnuoli fa ricordare i nomi degli scultori Folfi e Manso che
aiutarono il Chiarini nei lavori del coro della medesima
chiesa, e non è possibile distaccarsi da essi senza che la
mente ripeta pure il nome del Tortelli, tanto questi bat-
tenti, molto più che quelli di S. Giacomo, sia per taluni
concetti, sia per il carattere degl'intagli, hanno grande re-
miniscenza dell'arte che si appalesa nel coro dei SS. Se-
verino e Sossio, e ne fanno ricordare i loro autori.
Sono degni di essere pure mentovati i battenti di un
uscio che apresi nell'andito esistente tra la chiesa di San
Eligio e l'attiguo cortile del Conservatorio ed Ospedale
omonimo 0).
Belli nella loro semplicità, sono ripartiti ognuno nella
propria altezza in cinque scompartimenti rettangolari, due
grandi e tre piccoli.
Gl'indicati rettangoli sono circoscritti da scorniciature
per quanto semplici altrettanto leggiadre.
Il campo degli scompartimenti maggiori è adorno da
una figura rappresentante un vescovo, scolpita a mezzo
rilievo, mentre il campo degli scompartimenti minori è
arricchito da ornati arabescati; osservandosi alcune testine
alate negli ornati dei due scompartimenti superiori in ogni
battente, ed una cartella ellittica nell'ornato del rettangolo
vicino alla zoccolatura.
Questi battenti, alquanto sciupati, hanno la zoccolatura
infracidita per l'umidità del suolo: manca la figura che
ornava il campo del riquadro grande inferiore del battente
destro.
L'assieme della ripartizione di questi battenti, il carat-
tere scultorio delle figure, delle varie scorniciature ed ara-
bescature mostrano con evidenza lo stile del cinquecento
avanzato. Le tre superstiti figure danno ai medesimi im-
portanza storica, poiché rammentano la istituzione fatta in
Napoli, verso il 1270, di un ospedale che doveva acco-
gliere i poveri infermi della città e particolarmente i fo-
restieri, unitamente ad una confraternita che ebbe la sua
chiesa; istituzioni dovute alla iniziativa dei tre francesi Dot-
tun, Borgognone e Lions, familiari di Carlo I d'Angiò 0).
continua.
Antonino Maresca di Serracapriola.
ANCORA DEL PALAZZO DI FEDERICO II
AD ORTA
Chiarissimo signor Direttore,
Eccole il risultato delle mie ricerche intorno al castello
o casa di sollazzo di Federico II in quel di Ortanova,
eseguite sopra luogo come le promisi.
A venticinque chilometri e mezzo dal mare ed a settan-
tatre metri sul livello dello stesso, nel bel mezzo di Orta,
a sinistra del corso Ferrovia, trovasi un arco senza alcun
accenno di ordine, che per un androne immette in un
cortile irregolare, in cui verso destra trovasi la chiesa
parrocchiale.
Nei secoli scorsi tale fabbricato appartenne ai Padri Ge-
suiti, che furono per qualche tempo padroni del luogo.
A sinistra di chi guarda l'arco o portone d'ingresso tro-
vasi messo in muratura a guisa di pietra angolare, e da
poter servire anche da sedile, un capitello jonico, che
sporge anche nell'interno di una prossima bettola, e che
misura metri 1.15 X 1.20 ed ha l'altezza di centimetri 70.
Secondo l'opinione dell'egregio professor Manzi (2), sotto
questo capitello avrebbesi dovuto rinvenire la relativa co-
lonna, che con la piccola lapide murata nell'interno del
cortile, e della quale parlerò in seguito, sarebbero stati
segni non dubbi della precisa ubicazione del castello di
Federico. Date le proporzioni del capitello in parola, la
sola colonna sottostante avrebbe avuto bisogno per svilup-
parsi di circa metri 5.60 di profondità, oltre la base e
le necessarie costruzioni. Io, visto la bassa altimetria del
suolo di Orta, ho voluto misurare la profondità delle acque,
che ho rinvenute in un pozzo a metri 2.94, in un altro
proprio dirimpetto al capitello - sedile il pelo d'acqua era
a metri 3.95 dal livello stradale, ed infine nell'interno del
cortile, in un luogo poco più elevato, vicino la chiesa,
l'acqua trovasi a metri 4.35. Nè ci è da supporre avval-
lamenti per cause sismiche, mentre al contrario pare che
la pianura del Tavoliere risenta ancora la lenta emersione
postpliocenica o quaternaria dalle acque dell'Adriatico.
(1) Ringrazio l'amico G. Ceci che me ne fece conoscere la esi-
stenza.
(1) Teresa Ravaschieri, Storia della carità napoletana, voi. I, p. 41
e seg.
(2) Conf. il fascicolo di febbraio di questa rivista.