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Napoli nobilissima: rivista d' arte e di topografia napoletana — 10.1901

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Nr. 7
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Spinazzola, Vittorio: Due marmi figurati del Museo nazionale di S. Martino
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Ceci, Giuseppe: La chiesa e il convento di Santa Caterina a Fromello, [3]
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https://doi.org/10.11588/diglit.71019#0117

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RIVISTA DI TOPOGRAFIA ED ARTE NAPOLETANA

101

l'altorilievo di sinistra nell'arco d'Aragona, sulle porte di
bronzo di Ferdinando, pure in Castelnuovo.
Per tutte le ragioni, dunque, i marmi di S. Martino e
di Porta Nolana rappresentarono e rappresentano Ferdi-
nando I d'Aragona. E non devo trascurar di dire che i
due stemmi son dello stesso marmo e della stessa epoca
del bassorilievo: un po' più tardi vennero assai più in moda
quelli a fronte di cavallo, come vedesi a Porta Nolana,
dove al di sotto del bassorilievo son due stemmi della
città di quella forma e fra essi l'altro così diverso. Nè
posso tralasciar d'affacciare il dubbio che quel marmo non
sia di Porta Capuana, poi che quello, come si sa, fu sosti-
tuito dalle armi di Carlo V circa quattro secoli or sono,
mentre quello della porta del Carmine, rimasto sino ai
giorni nostri, potè bene andare a finire nei magazzini del
Museo, quando quella porta fu abbattuta. La differenza di
età nelle due immagini del Sovrano potè rispondere forse
agli anni durante i quali quelle mura, iniziate appunto
dalla porta del Carmine dove una iscrizione ricordò l'av-
venimento, furon poi proseguite G).
E la iscrizione, che pare rescritta, nella fascia approfon-
dita della parte superiore del bassorilievo? Toglie ogni
valore a questo particolare il fatto che anche il marmo di
Porta Nolana, munito di tutti i conforti di nostra cono-
scenza come Ferdinando d'Aragona, mostra un identico
posteriore adattamento in quella parte; che anzi tutta quella
fascia vi è nella stessa forma addirittura tagliata, insieme
con la testa, che vi è stata rapportata: quando, ed in quale
avvenimento, in cui si volle sostituire il nome di altro re
od altra dicitura all'antica aragonese, noi non possiam dire
con sicurezza. È però assai verosimile pensare che come,
sulla porta per la quale doveva entrare Carlo V, fu addi-
rittura tolto il rilievo di Ferdinando, sulle altre si togliesse
solo la scritta, allora o poi.
E i gigli del marmo di S. Martino? Essi erano nello
stemma di Aragona, come furono nello stemma del regno
di Napoli per lungo tempo, come furono nella corona
aragonese, tanto in questi bassorilievi, quanto altrove, come
furono addirittura sullo scettro reale di Ferdinando I (2),
come furono, prima e poi, un po' dappertutto poi che
erano da tempo immemorabile un motivo ornamentale al-
lora più che mai comune (3). Ma, del resto, se essi furon

(i) Celano, IV, p. 436.
(2) Sambon, Rivista ital. di num., p. 77, tav. II, n. 2, suggello dove
corona con gigli e scettro con gigli.
(3) Neppure a farlo apposta la figura di Alfonso II e Federigo
d'Aragona son disegnate coi gigli sulla corazza nel volume Effigie di
tutti i Re' che hanno dominato, etc. di Enrico Bacco, 1616, all'istesso
modo che Ladislao, fogl. 75, 20 e 22. Cfr., del resto, quanto dico so-
pra, a proposito di questi gigli, che hanno determinato l'altro errore
del Filangieri, e quanto giustamente osservava, quando io non pensavo
di scrivere questa nota, il Fraschetti, sebbene per una tesi non del
tutto giusta, parlando degli affreschi dell'Incoronata.

cancellati, mentre si lasciò in così bel rilievo il monte,
che fu l'impresa di Ferdinando d'Aragona, evidentemente
essi furon trovati inopportuni sull'altorilievo del Museo di
S. Martino, mentre sull'altro, di molti anni posteriore,
non furono dal più tardo scultore nè pensati nè scolpiti.
Vittorio Spinazzola.

LA CHIESA E IL CONVENTO
DI SANTA CATERINA A FORMELLO

III.
Opere d'arte dei secoli xv E xvi.
(Cont. vedi fase. III).
Nel 1552 fu messa a posto, nella quarta cappella a de-
stra, la lapide sepolcrale che Luigi Acciapaccia, cavaliere
napoletano, apparecchiò a sè stesso, volendo anche in morte
risparmiare agli altri ogni molestia allo stesso modo che
aveva fatto in vita (V. Sul marmo è scolpita in bassorilievo
la figura dell'Acciapaccia messa di profilo. Vestito con pe-
sante armatura regge colla destra un morione, mentre colla
sinistra si appoggia all'elsa della spada.
Come ha assodato il Filangieri di Candida, questa fu
opera di Annibale Caccavello, che ne ricevè in pagamento
cinquanta ducati (2). Ai piedi del bassorilievo è incisa la
iscrizione che riportiamo in nota: intorno ricorreva un
fregio largo un palmo coi soliti trofei di armi. Questo fu
segato nei primi anni del secolo XVIII, quando, rifacen-
dosi la cappella, la lapide fu incastrata in alto della pa-
rete a destra e poggiata su di un finto sarcofago fu in-
corniciata in un'edicola di fabbrica e stucco (3). Alla base
delle colonne laterali si veggono rilevati due scudi che
portano un cane passante in atto di stringere coi denti
una fiaccola.
La più importante opera d'arte eseguita per la chiesa di
Santa Caterina intorno alla metà del secolo XVI fu il coro
dei monaci dietro l'altar maggiore. Essa si trova già lo-
data dal Tarcagnota che stampò nel 1,66 il suo libro
Del sito e lodi di Napoli.
Ha due ordini di stalli: nell'ordine superiore di fronte
ve ne sono undici, compreso quello del priore, e quattor-
dici per ciascuno dei lati, nell'ordine inferiore ve ne sono
dieci di fronte, divisi dalla scaletta che porta allo stallo
priorale, e quattordici per ciascun lato divisi anch'essi da
due scalette: in tutto sono settantatre stalli.

(1) LOISIUS ACCIAPACCIA EQUES NEAP. | PEDESTRIUM COPIARUM DU-
CTOR CINERI SEDEM PARAVIT ] NE CUI VEL IN RE PARVA MOLESTUS ES-
SET I UT IDEM MORIENS FACERET QUOD VIVUS FECIT | MDLII.

(2) Filangieri di Candida, Diario di Annibale Caccavello, Napoli,
Pierro, 1896, p. XCIV.

(3) Monasteri soppressi, voi. 1680.
 
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