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Napoli nobilissima: rivista d' arte e di topografia napoletana — 10.1901

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Nr. 9
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Notizie ed osservazioni
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Da libri e periodici
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https://doi.org/10.11588/diglit.71019#0160

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144

NAPOLI NOBILISSIMA

sorilievo è più scuro e par diverso da quello degli stemmi uniti ad
esso; — 3. il lavoro di scalpello è ben diverso da quello del XV se-
colo; — 4. cavallo e cavaliero erano ornati dei gigli di Francia; —
5. il Re cavaliero non è dunque Ferdinando d'Aragona ma un du-
razzesco.
Sono, invece, dati di fatto, che non hanno possibilità di discus-
sione, questi: — 1. il marmo è assai più probabilmente di Porta del
Carmine, testé abbattuta, che di Porta Capuana, donde uno simile fu
tolto quattro secoli or sono, Dio sa, con quale vicenda in tanto tempo; —
2. il marmo dell'altorilievo e quello degli stemmi da un superficiale
esame si mostra identico; — 3. il lavoro di scalpello è proprio del
XV secolo, come un esame con i ritratti di Castelnuovo mostra chia-
rissimamente, e del secolo XV sono il trattamento dei capelli, il co-
stume, le armi, indubbiamente; — 4. cavallo e cavaliero non furono
solo ornati dei gigli, ma sulla gualdrappa il cavaliero mostra un monte
dalle punte acute: il monte di diamante che fu proprio l'impresa di
Ferdinando I d'Aragona; — 5. l'altorilievo di S. Martino non fu dun-
que un durazzesco ma solo e semplicemente Ferdinando I d'Aragona
per ragioni dell'arte, del costume e dell'araldica, rilevate dal monu-
mento stesso.
Altorilievo DI Porta Nolana.
Nello stesso articolo si afferma: — 1. anche questo rilievo di Porta
Nolana ha il sole dell'iscrizione obliterato come quello di S. Martino,
ma la scritta non vi si vede agevolmente; — 2. i gigli sulla corazza
e sulla gualdrappa sono stati accuratamente obliterati; — 3. anche que-
sto è dunque un re di Francia e forse più precisamente un angioino,
come l'altro un durazzesco.
Sono, invece, dati di fatto, che non hanno possibilità di discus-
sione questi: — 1. nel marmo di Porta Nolana non vi è iscrizione
nè solco, ma, invece, la testa tagliata vi è riportata; — 2. dei gigli
sulla corazza e sulla gualdrappa non vi è traccia, nè vi furon mai; —
3. come il rilievo di S. Martino ha il monte di diamante, questo di
Porta Nolana ha monte di diamanti, fascio, libro aperto, tutte insomma
le imprese di Ferdinando I d'Aragona ricordate in cento monumenti,
monete etc. E, come quello di S. Martino, è per arte, per costume,
per armi del quattrocento, questo non che anteriore è del quattro-
cento avanzatissimo. Esso è dunque, per ragioni araldiche, artistiche
e di costume rivelate dal monumento stesso, Ferdinando I d'Aragona,
indubbiamente.
La MADRE DI CoRRADINO.
Nella lettera recente di Lorenzo Salazar si afferma: La statua cre-
duta della Madre di Corradino (e ciò risulta da qualche studio e con-
fronti) prima di essere elevata nella piazza del Carmine stava coricata
sopra una tomba, anzi, fra breve, si dirà della morta da documenti il
nome, l'epoca etc.!
Sono, invece, dati di fatto che non ammettono possibilità di di-
scussione, (e non aggiungo parole di sorta ad essi) questi: che la sta-
tua ha sotto i piedi ed attaccata ad essi la base; che muove il piede
sinistro; che ha in un movimento visibilissimo largo e deciso il brac-
cio dritto nella parte che ne resta, e che ha gli occhi aperti con due
grandi pupille dipinte. Essa fu, insomma, una morta che coricata sur
una tomba, è in piedi sur una base, si muove, cammina e guarda,
pur troppo anch'essa esterrefatta!
Tuo
Vittorio Spinazzola.
* *
Dove abitava Mario Gioffredo.
Era inquilino del Monastero di Monteoliveto al terzo piano di un
palazzo sulla via tuttora detta via nuova Monteoliveto. Mario Gioffredo

« regio ingegnerò di questa città » tolse a pigione quell'appartamento
per tre anni dal 4 maggio 1757 al 4 maggio 1760, con un istrumento
del 9 gennaio 1756 stipulato dal notar Giuseppe de Angelis, che si
conserva tra i resti dell'archivio di quel Monastero, ora depositati al-
l'Albergo dei Poveri.
Don Fastidio.

DA LIBRI E PERIODICI
Nella Provincia di Padova del 22-23 febbraio 1901 il P. Giuseppe
Milosevic ha pubblicato un articolo dove si dimostra che il quadro
di S. Bernardino nella basilica Antoniana è di Giov. Angelo Criscuolo
pittore napoletano.
Il quadro, che è posto sull'altare addossato al secondo pilastro a de-
stra, è un « bellissimo dipinto su tavola » dove « nel campo di mezzo
su di un piedistallo sta seduta la Madonna col Putto, al di dietro si rag-
gruppa in mezzo una cortina sostenuta da una corda tesa. La Vergine
ha, a manca S. Pietro e S. Paolo, a dritta S. Bernardino e S. Antonio ».
Era stato finora variamente attribuito a Filippo da Verona, a Pal-
ma il Vecchio, ad Antonio Roselli, e fino al mirabile maestro Gian
Bellini. Ma il Milosevic ha trovata un'istanza colla quale nel 1547 il
padre Bernardino Ardeo domandava di poter erigere un monumento
allo zio Simone Ardeo nella basilica di S. Antonio, al pilastro « ex
opposito all'altare di S. Bernardino del Crisquolo ». Su questa indi-
cazione, riscontrati il De Dominici e il Lanzi, esclude che qui si tratti
di Giovan Filippo Criscuolo, il quale seguì troppo fedelmente la tecnica
e la maniera di Raffaello appresa dai suoi discepoli Pierin del Vaga
e Andrea da Salerno. Dovette essere l'altro pittore dello stesso co-
gnome Giovan Angelo, il quale non segue un metodo preciso di scuola,
ma si accosta alle maniere grandiose del Polidoro, e alla dolce espres-
sione dei sentimenti del Perugino e accusa uno studio coscienzioso
della natura. Il Milosevic inoltre confronta il S. Bernardino con due
tavole del Criscuolo che sono a Napoli: l'una è la nota lapidazione
di S. Stefano che era all'estaurita di S. Stefano ai Mannesi e ora si
conserva nel Museo Nazionale di S. Martino; l'altra è una Vergine
col Bambino adorata da S. Caterina e S. Lucia, pure conservata nel
Museo di S. Martino. Tra questi dipinti e quello di Padova è una
« somiglianza grandissima ». « L'esecuzione tecnica, i caratteri gentili,
i contorni e le forme regolarissime rivelano la stessa mano, lo stesso
genio. Questa importante rassomiglianza si vede specialmente nel se-
condo quadro. Nelle fattezze nobili e serene del volto della Madonna,
nel movimento placido e celestiale dello sguardo, nei lineamenti, nel
colorito, specialmente il chiaroscuro, si ravvisa una somma rassomi-
glianza con quello di S. Bernardino. Anche la disposizione delle figure
si rassomiglia......
A tutto ciò noi osserviamo che i Criscuolo fiorirono nella seconda
metà del secolo XVI, come se ne hanno testimonianze sicure nel Tu-
tini, nel De Lellis, nel Celano, e che di Giovan Angelo non si cono-
scono opere più antiche di quelle eseguite nel 1564-67 per il convento
di S. Luigi di Palazzo (conf. in questa rivista, voi. II, l'articolo del
Faraglia sul Largo di Palazzo). Come si può credere che egli avesse
avuto l'incarico da Padova per un dipinto che già si trovava a posto
nel 1547? E come si può attribuirglielo sulla fede di un documento
niente esplicito? Ivi infatti non è ben chiaro se coll'espressione altare
di S. Bernardino di Crisquolo si sia voluto intendere l'autore del qua-
dro di S. Bernardino 0 il patrono, come è più probabile, di quell'altare.
Don Ferrante.
 
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