RIVISTA DI TOPOGRAFIA ED ARTE NAPOLETANA
183
Nel catalogo si parla di una « cassettina con dentro un
raro lavoro (senza dire in che consisteva) del celebre Ber-
nini ». Sul coverchio era inciso questo indovinello:
Entro quest'urna in un sol corpo uniti
Vivon due spirti, ma fra lor distinti
Uno all'altro diè vita, e fero arditi
Ambo stupir natura, e poi fur vinti.
Nel miracol dell'arte ognuno additi
Come si giunga ad avvivar gli estinti.
E fuor quei dopo morto è ancor più vivo
E chi vita gli diè di vita è privo.
Altri due nomi di artisti compaiono in fine del volu-
metto, Alberto Durer e Giuseppe Ribera, ai quali si attri-
buiscono immagini su tela di S. Gerolamo.
Nella galleria non mancavano i mobili e le armi « spade,
pugnali, frombole, schioppi a due o tre botte ». Vi era
fra l'altro « una lunga e tagliente spada di nuova idea,
la quale il popolo basso napoletano ha ferma opinione che
fosse stata maneggiata dal famoso Rinaldo, le cui prodezze
tutto giorno si cantano sulle piazze con gran concorso di
uditori, che poi stupefatti vengono al museo della specieria
di S. Caterina a Formello a rimirar come incantati la spada
del favoloso eroe ».
Dove sia andata a finire questa « galleria », che in certo
modo precorre i presenti musei storici, non sapremmo dire.
Fu dispersa nel 1799 quando fu confiscata la libreria e le
rare edizioni e gli incunabuli emigrarono nei bagagli dei
generali francesi? (0. Fu trafugato in parte dai monaci e
in parte sequestrato dal fisco quando nel 1808 il mona-
stero fu abolito?
, Non sapremmo rispondere, a meno che non volesse ve-
dersi un argomento in sostegno della seconda ipotesi il
trovarsi ora a S. Martino la testa di Masaniello, di cui si
è occupato primo il Capasso e poi in questa nostra rivi-
sta lo Spinazzola, e che proviene appunto dal convento di
S. Caterina (2). E chi sa che altri oggetti non abbiano la
stessa provenienza? A S. Martino si vede, per esempio,
un'effigie del padre Rocco, che potrebbe essere quella in-
dicata nel catalogo di S. Caterina.
fine.
Giuseppe Ceci.
(1) Cronachetta del 1799 nei manoscritti della Bibl. Nazionale, IX,
AA, 34, sotto la data del i.° marzo 1799.
(2) Archivio storico per le prov. napoletane, voi. XXIII, p. 111. —
Spinazzola, Di una testa del Museo di S. Martino rappresentante Masa-
niello, in Napoli nobilissima, voi. VIII, p. 87.
IL MONASTERO E LA CHIESA
DI SANTA MARIA DELLA SAPIENZA
III.
Condizioni interne.
Nel monastero della Sapienza, sin dal suo inizio e di
tempo in tempo, vennero a professarvi vita monastica no-
bili fanciulle e dame illustri, le quali « con la nobiltà del
« sangue a meraviglia » congiunsero « la bontà e santità
« della vita » U).
Vittoria Carafa, figliuola di Giov. Alfonso conte di Mon-
torio, vi era accolta a 1, anni nel 1535 (2); e ad 8 anni,
nel 1543, Caterina Carafa, rimasta orfana del padre D. Fer-
rante, primogenito figliuolo del cennato Giov. Alfonso Ca-
rafa conte di Montorio (3). Ivi ancora presero il velo, nel-
l'anno 1553, Costanza Carafa e l'avvenente sua germana
Cornelia, ambedue figliuole di D. Antonio Carafa mar-
chese di Montebello (4): Maria Carafa nel 1562, e nel 1,74
la sorella Paola, la quale fu priora per nove anni, gover-
nando « le suore con gran decoro » (5).
Fra le claustrali del pio luogo, che per circa tre secoli
formarono parte della monastica famiglia, risplendono per
nobiltà di natali, per santa e intemerata vita, Francesca
Capece d'Aprano, Tommasa Cavaniglia, Candida Mar-
chese (6), Agata Albertini, Eustachia Grisone, Girolama To-
(1) De Lellis, ms. cit., fol. 122.
(2) Professò solenni voti nel 1537 col nome di suora Petronilla.
Morì nell'anno 1588. Aldimari, op. cit., voi. II, p. 120. De Lellis,
ms. cit., fol. 122.
(3) Prese il nome di suora Maria Caterina e morì nell'agosto del
1594. Aldimari, op. cit., p. 137-38. De Lellis, ivi.
(4) Cornelia, ricevuta nel monastero a cinque anni, assunse poi il
nome di suora Agnese. Essa era stata destinata per moglie al duca
di Ferrara, ma recisamente ricusò quelle nozze. Governò poi il pio
luogo come priora una prima volta dal 1596 al 1602. Aldimari, ivi,
p. 147-48. Confr. De Lellis, fol. 122 t. e cit. ms. della biblioteca di
S. Martino.
(5) Nacquero da Giovanni Carafa conte di Montorio. Maria era
stata promessa sposa al duca d'Orleans, e Paola all'unico figliuolo di
Ferrara Carafa marchese di S. Lucido; entrambe però si negarono
(Aldimari, op. e voi. cit., p. 144-45. De Lellis, fol. 123 t., 124 e t.).
Essendo poi morto D. Alfonso Carafa conte di Montorio, nato da
Diomede figliuolo del suddetto Giovanni (Campanile, Delle armi overo
insegne dei nobili, p. 203), e devoluti alla regia Corte i suoi feudi, le
monache della Sapienza ottennero, nel 1588, che fossero loro pagati,
dai beni della eredità predetta, gli arretrati di oltre venti anni, liqui-
dati in ducati 2100, per « ducati 100 l'anno, due pezze di panno di
« Montorio et trenta thomola di grano », che dovevano corrispondersi
annualmente durante la vita di suora Maria, e soddisfarsi ancora altri
ducati 1250 « per lo paragio spettante a detta sore Maria », e alla
germana suora Paola. Processi della Sommaria, pandetta antica, voi.
489, n. 5580, fol. II e seg.
(6) Fu sorella al marchese di Cammarota, e governò le suore da
priora dal 1573 al 1579. Dalla sua eredità pervennero al monastero
molti beni. Cit. ms. di S. Martino, e cit. vol. 3170, p. 263 a 407.
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Nel catalogo si parla di una « cassettina con dentro un
raro lavoro (senza dire in che consisteva) del celebre Ber-
nini ». Sul coverchio era inciso questo indovinello:
Entro quest'urna in un sol corpo uniti
Vivon due spirti, ma fra lor distinti
Uno all'altro diè vita, e fero arditi
Ambo stupir natura, e poi fur vinti.
Nel miracol dell'arte ognuno additi
Come si giunga ad avvivar gli estinti.
E fuor quei dopo morto è ancor più vivo
E chi vita gli diè di vita è privo.
Altri due nomi di artisti compaiono in fine del volu-
metto, Alberto Durer e Giuseppe Ribera, ai quali si attri-
buiscono immagini su tela di S. Gerolamo.
Nella galleria non mancavano i mobili e le armi « spade,
pugnali, frombole, schioppi a due o tre botte ». Vi era
fra l'altro « una lunga e tagliente spada di nuova idea,
la quale il popolo basso napoletano ha ferma opinione che
fosse stata maneggiata dal famoso Rinaldo, le cui prodezze
tutto giorno si cantano sulle piazze con gran concorso di
uditori, che poi stupefatti vengono al museo della specieria
di S. Caterina a Formello a rimirar come incantati la spada
del favoloso eroe ».
Dove sia andata a finire questa « galleria », che in certo
modo precorre i presenti musei storici, non sapremmo dire.
Fu dispersa nel 1799 quando fu confiscata la libreria e le
rare edizioni e gli incunabuli emigrarono nei bagagli dei
generali francesi? (0. Fu trafugato in parte dai monaci e
in parte sequestrato dal fisco quando nel 1808 il mona-
stero fu abolito?
, Non sapremmo rispondere, a meno che non volesse ve-
dersi un argomento in sostegno della seconda ipotesi il
trovarsi ora a S. Martino la testa di Masaniello, di cui si
è occupato primo il Capasso e poi in questa nostra rivi-
sta lo Spinazzola, e che proviene appunto dal convento di
S. Caterina (2). E chi sa che altri oggetti non abbiano la
stessa provenienza? A S. Martino si vede, per esempio,
un'effigie del padre Rocco, che potrebbe essere quella in-
dicata nel catalogo di S. Caterina.
fine.
Giuseppe Ceci.
(1) Cronachetta del 1799 nei manoscritti della Bibl. Nazionale, IX,
AA, 34, sotto la data del i.° marzo 1799.
(2) Archivio storico per le prov. napoletane, voi. XXIII, p. 111. —
Spinazzola, Di una testa del Museo di S. Martino rappresentante Masa-
niello, in Napoli nobilissima, voi. VIII, p. 87.
IL MONASTERO E LA CHIESA
DI SANTA MARIA DELLA SAPIENZA
III.
Condizioni interne.
Nel monastero della Sapienza, sin dal suo inizio e di
tempo in tempo, vennero a professarvi vita monastica no-
bili fanciulle e dame illustri, le quali « con la nobiltà del
« sangue a meraviglia » congiunsero « la bontà e santità
« della vita » U).
Vittoria Carafa, figliuola di Giov. Alfonso conte di Mon-
torio, vi era accolta a 1, anni nel 1535 (2); e ad 8 anni,
nel 1543, Caterina Carafa, rimasta orfana del padre D. Fer-
rante, primogenito figliuolo del cennato Giov. Alfonso Ca-
rafa conte di Montorio (3). Ivi ancora presero il velo, nel-
l'anno 1553, Costanza Carafa e l'avvenente sua germana
Cornelia, ambedue figliuole di D. Antonio Carafa mar-
chese di Montebello (4): Maria Carafa nel 1562, e nel 1,74
la sorella Paola, la quale fu priora per nove anni, gover-
nando « le suore con gran decoro » (5).
Fra le claustrali del pio luogo, che per circa tre secoli
formarono parte della monastica famiglia, risplendono per
nobiltà di natali, per santa e intemerata vita, Francesca
Capece d'Aprano, Tommasa Cavaniglia, Candida Mar-
chese (6), Agata Albertini, Eustachia Grisone, Girolama To-
(1) De Lellis, ms. cit., fol. 122.
(2) Professò solenni voti nel 1537 col nome di suora Petronilla.
Morì nell'anno 1588. Aldimari, op. cit., voi. II, p. 120. De Lellis,
ms. cit., fol. 122.
(3) Prese il nome di suora Maria Caterina e morì nell'agosto del
1594. Aldimari, op. cit., p. 137-38. De Lellis, ivi.
(4) Cornelia, ricevuta nel monastero a cinque anni, assunse poi il
nome di suora Agnese. Essa era stata destinata per moglie al duca
di Ferrara, ma recisamente ricusò quelle nozze. Governò poi il pio
luogo come priora una prima volta dal 1596 al 1602. Aldimari, ivi,
p. 147-48. Confr. De Lellis, fol. 122 t. e cit. ms. della biblioteca di
S. Martino.
(5) Nacquero da Giovanni Carafa conte di Montorio. Maria era
stata promessa sposa al duca d'Orleans, e Paola all'unico figliuolo di
Ferrara Carafa marchese di S. Lucido; entrambe però si negarono
(Aldimari, op. e voi. cit., p. 144-45. De Lellis, fol. 123 t., 124 e t.).
Essendo poi morto D. Alfonso Carafa conte di Montorio, nato da
Diomede figliuolo del suddetto Giovanni (Campanile, Delle armi overo
insegne dei nobili, p. 203), e devoluti alla regia Corte i suoi feudi, le
monache della Sapienza ottennero, nel 1588, che fossero loro pagati,
dai beni della eredità predetta, gli arretrati di oltre venti anni, liqui-
dati in ducati 2100, per « ducati 100 l'anno, due pezze di panno di
« Montorio et trenta thomola di grano », che dovevano corrispondersi
annualmente durante la vita di suora Maria, e soddisfarsi ancora altri
ducati 1250 « per lo paragio spettante a detta sore Maria », e alla
germana suora Paola. Processi della Sommaria, pandetta antica, voi.
489, n. 5580, fol. II e seg.
(6) Fu sorella al marchese di Cammarota, e governò le suore da
priora dal 1573 al 1579. Dalla sua eredità pervennero al monastero
molti beni. Cit. ms. di S. Martino, e cit. vol. 3170, p. 263 a 407.