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Napoli nobilissima: rivista d' arte e di topografia napoletana — 10.1901

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Nr. 7
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Borzelli, Angelo: L' Accademia del disegno dal 1815 al 1860, [1]
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Maresca di Serracapriola, Antonino: Battenti e decorazione marmorea di antiche porte esistenti in Napoli, 3,[3], Cinquecento
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https://doi.org/10.11588/diglit.71019#0123

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RIVISTA DI TOPOGRAFIA ED ARTE NAPOLETANA

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di artisti, e per fortuna non fu toccato), e di quello del-
l'arte del colorire affidato al Girgenti. Il quale insegna-
mento ognuno riconosce dannoso, se non resta nei limiti
di una cognizione puramente tecnica delle sostanze naturali
e di composizione, donde si estraggono i colori e vuole
invece precorrere la naturale inclinazione di ciascuno a
veder nel vero come la luce dipinge.
Nel 1822 mancò l'insegnamento della pittura col Berger,
e vi si provvide con un concorso. Filippo Marsigli, Paolo
De Albertis, Andrea Celestino, Giuseppe Franque, Giorgio
Berti e Pietro Van-Hauselaere sostennero le prove, e tra
le altre quella della pittura a fresco. Nel 1823, Lemasle,
pittor del Principe di Salerno e buon internista, Kneip,
ormai vecchio, vissuto a lungo in Napoli, Filippo Rega,
valoroso nell'incider pietre dure e buon disegnatore, meno
Falciani, classificarono primo il Franque, che fin dal 1810
s'era provato in patria, nelle pubbliche mostre, accanto al
maestro David, a Gros, a Guérin, a Girard ed altri. Questi
potette ancor tra noi, ignari dei colpi che la scuola clas-
sica di David aveva ricevuto nella stessa Francia, prima
col Géricault e poscia meglio col Delacroix, che compì
l'opera, compiacersi tuttavia dei Greci e dei Romani (V.
Così con Franque alla pittura, Angelo Solari alla scul-
tura, altro imitator dei greci, Antonio Pitloo, olandese, il
solo che amasse davvero natura, al paesaggio, ed Angelini
al disegno, l'arte napolitana il 4 ottobre del '26 richiamò
dopo qualche tempo il pubblico nel salone dell'Èrcole Far-
nese e nel portico contiguo al R. Museo, perchè vedesse
i lavori concepiti sotto il nuovo governo di Francesco I,
succeduto dell'anno prima al padre.
Antonio Cali mostrò una Baccante ed un Pugillatore ed
il bozzo del Ferdinando I, che sorse più tardi sul cavallo
del Canova in piazza S. Francesco di Paola; Angelo So-
lari espose il ritratto di Francesco Saverio Poli, quello di
Bruno Amantea, che è nella chiesa di S. M. del Popolo,
ed altra statua colossale del defunto re « all'eroica », spe-
dita poi a Reggio; due giovani, Tito Angelini e Gennaro
Cali, figli dell'arte, esposero le loro compiute esercitazioni
accademiche nel bassorilievo — Enea ferito da Diomede e
Venere che viene in soccorso di lui — ed in altri gessi: Ce-
falo e Procri, Filottete ferito, del primo, ed il Soldato ro-
mano che ha rapito una Sabina e Achille in atto di svellersi
il dardo dal piede, dell'altro, che c'indicano la via percorsa
da ciascuno innanzi di compiere la Saffo e la Religione, il
S. Giovanni Crisostomo e le sculture dell'altar maggiore alla
chiesa del Gesù Nuovo.
Nella pittura storica, intesa in senso largo o meglio
nella figura, troviamo quadri di Nicola De Laurentiis, di
Paolo Albertis, di Giuseppe Cammarano, di Van-Hanselaere,

(1) Antichità e Belle Arti, fascio 51-12.

di Filippo Marsigli e di Gennaro Maldarelli; ma nell'Egea
che scioltosi dalla nube si presenta all'improvviso a Didone as-
sisa in soglio, la quale stupefatta lo rimira, di Paolo Falciani,
pittore della vecchia scuola, ma studioso della prospettiva
aerea e lineare, e nei dipinti dei giovani De Vivo e Guerra
ancor legati alla scuola, come il Bacco sdraiato sur una pelle
di tigre circondato da fauni e l'Ossian Cieco, che tutti tre si
possono oggi riguardare nella Galleria di Capodimonte, noi
scorgiamo tutta la tendenza e lo studio dei nostri ad imi-
tar l'antico, come una nuova maniera, nè vi troviamo un
solo dei tanti moti che agitano l'animo umano.
Infine, nella pittura di paese, se manca il sentimento
della natura quale lo comprendono i moderni, noi tro-
viamo qualche cosa che ci conforta nei lavori di Pitloo, di
Massimiliano Franck, di Raffaele Carelli (che dette poi al-
l'arte Gonzalvo, Gabriele tra i più reputati internisti, ed
Achille), nei dipinti ad olio e, specialmente, in quelli ad
acquarello di Giacinto Gigante, in quelli a seppia del pa-
rente Achille Vianelli, e nelle opere di Salvatore Fergola,
dei due Giusti e di Gabriele Smargiassi, che fa le sue
prime prove, sia per l'esempio di Kneip, degli Hackert e
dei più recenti Goudain, Meyer e Boquet, sia per quello
ancor più efficace della nostra marina, dei nostri colli e
del nostro cielo, sempre innanzi agli occhi di tutti. Non è
ancora un pezzo di vero tolto sapientemente alla natura ed
interpretato con animo di artista da soddisfare lo spirito;
ma le tele di costoro han già vaghezza, verità e forza nei par-
ticolari, e son tanto lontane da quelle dei seguaci del Rosa,
che per temperarne le artistiche bizzarrie e le audacie, re-
sero pur convenzionale questo genere della pittura.
continua.
Angelo Borzelli.

BATTENTI E DECORAZIONE MARMOREA
DI ANTICHE PORTE ESISTENTI IN NAPOLI

Parte III. — Cinquecento.
(Cont., vedi fase. prec.).
Nella chiesa di S. Lorenzo è degno di essere ammi-
rato l'unico battente in legno lustrato a cera della piccola
porta che serve d'ingresso alla scala del pergamo, sotto
all'arcata che mette al chiostro.
È uno squisito lavoro della seconda metà del XVI se-
colo. È diviso in due rettangoli eguali e similmente ri-
partiti da varie figure geometriche delineate da una sem-
plice e gentile scorniciatura, composta da un piano fian-
cheggiato in ogni lato da uno sgusciolino tagliato a foglie.
Scorgersi nel mezzo di ogni fondo una figura ellittica,
la quale nei quatro punti medi delle curve è riunita, per
mezzo di quattro scorniciature dirette, a quattro scompar-
timenti mistilinei.
 
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