148
NAPOLI NOBILISSIMA
giardino, pozzo, cortile e cisterna, nella strada la Marmo-
rata « giusta li beni del Duca d'Atri e li beni del Mo-
nastero »; nonché di un edificio che seguiva dal lato d'oc-
cidente, ed ancora di due altre case che erano presso alle
precedenti (0.
Nel seguente anno Virgilio Vela cedeva alle monache
una casa di sua proprietà nella strada la Marmorata seu
Somma Piazza, che confinava con i beni di Ovidio Caserta
e con una via vicinale, ed era contigua ad monastero (2);
nel quale, nello stesso anno, incorporavasi, « per amplia-
« tione di esso », una cappella sotto il titolo della SS. Tri-
nità, che reggevasi nella strada « de' Marmorati, et pro-
« prie » presso « alle antescritte case per d. ven. Mona-
« sterio comprate dal mag.co Sigismondo de Pietro » (3).
E seguitarono gli acquisti (4). I documenti del tempo ci
manifestano che nell'anno 165,, per ulteriori ampliamenti
della clausura, vennero in potere delle monache un edificio
di Pirro Antonio Mancino alla strada del Dattilo (5): una
Sorrentino in plathea Dactoli seu Marmorata (Pergamena di S. Domenico
presso la Società Nap. di Storia patria, voi. II, p. 152). Trovo ancora
ricordo di un edificio in plathea que dicit dello Dattilo sive marmorata,
concesso nel 1521 da Paolo della Lama a Pietro Sarra (cit. Visita del
Card, de Capua, voi. III, fol. 339), e nel 1539 di una casa dietro l'an-
tica chiesa di S. Maria Maggiore nel vico detto del Dattilo « e che da
« altri chiamasi delli Marmorari » (Mon. soppressi, voi. 3845, fol. 104).
Nell'anno 1568 è notata una casa cum gaifo discoperto, sita in plathea
dieta dello Dattilo alias della Sapientia(Visita del Card, de Capua, voi. cit.,
fol. 318), ed anche altri edifici sono indicati nel 1405 come posti in
plathea S. Marie Maioris in vico Solis et lune seu de Dattilo (Ivi, fol. 236).
Il vico Sole e luna, detto talvolta di S. Maria Maggiore ed anche del
Dattilo, come già si è rilevato, denominossi ancora della Sapienza; ri-
trovandosi nel 1521 ricordata una casa « nel vico detto della Sapienza
« vicino l'antica chiesa di S. Maria Maggiore ». Cit. voi. 3845, fol. 22.
Confr. Celano, ediz. Chiarini, III, p. 260.
(1) Ivi, p. 15. Il Monastero di S. Maria Donnaromita affacciando
dei dritti sulle proprietà vendute dal de Pietro alle monache della Sa-
pienza, aveva nel 1560 ottenuto sentenza nella rev.da Curia Arcive-
scovile, perchè le cennate proprietà gli fossero state rilasciate. Ma poi
i due monasteri e il de Pietro venuti ad amichevole componimento,
rinunziarono alla lite, mercè il pagamento di due. 103 fatto dal de
Pietro alla rev.da suor Eustachia Pappacoda, Abbadessa di Donnaromita.
Cit. vol. 3190, fol. I.
(2) Cit. vol. 3170, p. 25.
(3) Ivi, P- 23.
(4) Nel 1562 il monastero della Sapienza comprò dal mag.° Vin-
cenzo de Santomango una casa grande ripartita «in più e diversi
« membri ed edificij superiori et inferiori con giardino dentro sita e
« posta in questa città e proprie dove si dice S. Maria Maggiore.
« iusta detto Monasterio da un lato, iusta li beni della Croce di Lucca
« dalla parte posteriore, iusta via publica et altri confini ». Questa
casa nel 1566 fu dal pio luogo venduta per due. 4400 all'ill.ma donna
Roberta Carafa, duchessa di Maddaloni; del quale edificio la duchessa,
nello stesso anno, faceva al monastero donazione irrevocabile fra vivi,
ex nunc pro tunc, seguita la sua morte. Nel 1594 per la morte della
duchessa, la casa pervenne nuovamente al monastero. Cit. vol. 3170,
p. 29 e 31.
(5) Anche questa casa doveva ritrovarsi nel vico Sole e luna, che
nel documento si nomina del Dattilo. Divisa in « più et diversi membri
« et edificij inferiori e superiori », la casa era presso i « beni di d.° Mo-
« nastero, iusta li beni di Ant.° de Sarno, via publica et altri confini ».
Ivi, p. 35-
casa del nob. Ferdinando Celentano alla via de' Marmo-
rari O, e quella di Mastro Ovidio Caserta sita nella stessa
strada « dove si dice al vico Frido (2); e quattro anni dopo
anche le proprietà di Ettore e Giov. Giacomo de Grassis,
sorte del pari alla via de' Marmorari, « iusta d. ven. Mo-
« nastero, la via publica da due parti et altri confini » (3).
continua.
Antonio Colombo.
IL PALAZZO CELLAMARE A CHIAIA
II.
I Giudice principe di Cellamare.
Il fisco mise in vendita il palazzo Stigliano con pubblico
bando del 20 ottobre 1695. Nel 1696 il principe di Cella-
mare, Antonio Giudice, ne offerse il prezzo di ducati diciot-
tomila, nè vi furono altri concorrenti. Sembra che in quel-
l'anno stesso il Cellamare ne prendesse possesso; ma l'istru-
mento di acquisto non venne stipulato se non nel 1700 (4).
Il principe Cellamare, di cui parliamo, è un personaggio
ben noto nella storia: fu appunto quegli che dette il nome
alla celebre Congiura di Cellamare. La sua famiglia era
oriunda di Genova, stabilitasi nel Regno sulla fine del se-
colo XVI, per opera di un Marcantonio Giudice, mar-
chese di Voghera e Longobucco, e signore di Rossano,
che ebbe l'ufficio di Corriere Maggiore del Re in Napoli
(come a dire, di direttore generale delle poste).
Non pare che quel Marcantonio Giudice finisse bene:
accusato di gravi estorsioni ed abusi, venne incarcerato
a Madrid, e condannato a perir sulle forche, pena igno-
miniosa dalla quale lo sottrassero i parenti facendogli per-
venire in carcere del veleno. Così almeno raccontano al-
cuni scrittori del seicento; nè io ho modo ora di accer-
tare la verità del fatto (5).
(1) L'edificio « iusta d.° ven. Monastero da tre parti », confinava
con la via pubblica, con una via vicinale e con i beni del sud.0 Ant.0
de Sarno. Ivi, p. 37.
(2) Ripartita in varii compresi « inferiori e superiori », questa casa
era presso « d.° ven. Monastero », e aveva a confini la pubblica via
ed i beni di Lorenzo Grosso. Sull'edificio, venduto alle suore per
duc. 345 con istrumento del 14 settembre 1565, gravava l'annuo censo
di duc. I e gr. 2, che pagavasi alla « Cappella di S. M.a de Marmo-
« rato vicino la chiesa di S. Aniello Maggiore ». Ivi, p. 41.
(3) Erano due case, una grande e l'altra piccola, acquistate per
duc. 900 con istrumento del 18 luglio 1569 per n.r Ant. Celentano.
Ivi, p. 45-
(4) Per notar Pietro Colacino, 6 ottobre 1700, tra il Duca di Me-
dinaceli, vicerè di Napoli, rappresentante di S. M. e del Fisco, e D. An-
tonio Giudice, principe di Cellammare. Questo istrumento in pergamena
si conserva con molte altre carte relative alla storia della famiglia e
del palazzo, nel ben ordinato archivio privato del presente Principe di
Cellammare, Giuseppe Caracciolo Giudice.
(5) In uno dei libri di quella letteratura di maldicenze, ch'è rap-
presentata dai Successi dei Corona, dalle Corna della nobiltà napoletana,
NAPOLI NOBILISSIMA
giardino, pozzo, cortile e cisterna, nella strada la Marmo-
rata « giusta li beni del Duca d'Atri e li beni del Mo-
nastero »; nonché di un edificio che seguiva dal lato d'oc-
cidente, ed ancora di due altre case che erano presso alle
precedenti (0.
Nel seguente anno Virgilio Vela cedeva alle monache
una casa di sua proprietà nella strada la Marmorata seu
Somma Piazza, che confinava con i beni di Ovidio Caserta
e con una via vicinale, ed era contigua ad monastero (2);
nel quale, nello stesso anno, incorporavasi, « per amplia-
« tione di esso », una cappella sotto il titolo della SS. Tri-
nità, che reggevasi nella strada « de' Marmorati, et pro-
« prie » presso « alle antescritte case per d. ven. Mona-
« sterio comprate dal mag.co Sigismondo de Pietro » (3).
E seguitarono gli acquisti (4). I documenti del tempo ci
manifestano che nell'anno 165,, per ulteriori ampliamenti
della clausura, vennero in potere delle monache un edificio
di Pirro Antonio Mancino alla strada del Dattilo (5): una
Sorrentino in plathea Dactoli seu Marmorata (Pergamena di S. Domenico
presso la Società Nap. di Storia patria, voi. II, p. 152). Trovo ancora
ricordo di un edificio in plathea que dicit dello Dattilo sive marmorata,
concesso nel 1521 da Paolo della Lama a Pietro Sarra (cit. Visita del
Card, de Capua, voi. III, fol. 339), e nel 1539 di una casa dietro l'an-
tica chiesa di S. Maria Maggiore nel vico detto del Dattilo « e che da
« altri chiamasi delli Marmorari » (Mon. soppressi, voi. 3845, fol. 104).
Nell'anno 1568 è notata una casa cum gaifo discoperto, sita in plathea
dieta dello Dattilo alias della Sapientia(Visita del Card, de Capua, voi. cit.,
fol. 318), ed anche altri edifici sono indicati nel 1405 come posti in
plathea S. Marie Maioris in vico Solis et lune seu de Dattilo (Ivi, fol. 236).
Il vico Sole e luna, detto talvolta di S. Maria Maggiore ed anche del
Dattilo, come già si è rilevato, denominossi ancora della Sapienza; ri-
trovandosi nel 1521 ricordata una casa « nel vico detto della Sapienza
« vicino l'antica chiesa di S. Maria Maggiore ». Cit. voi. 3845, fol. 22.
Confr. Celano, ediz. Chiarini, III, p. 260.
(1) Ivi, p. 15. Il Monastero di S. Maria Donnaromita affacciando
dei dritti sulle proprietà vendute dal de Pietro alle monache della Sa-
pienza, aveva nel 1560 ottenuto sentenza nella rev.da Curia Arcive-
scovile, perchè le cennate proprietà gli fossero state rilasciate. Ma poi
i due monasteri e il de Pietro venuti ad amichevole componimento,
rinunziarono alla lite, mercè il pagamento di due. 103 fatto dal de
Pietro alla rev.da suor Eustachia Pappacoda, Abbadessa di Donnaromita.
Cit. vol. 3190, fol. I.
(2) Cit. vol. 3170, p. 25.
(3) Ivi, P- 23.
(4) Nel 1562 il monastero della Sapienza comprò dal mag.° Vin-
cenzo de Santomango una casa grande ripartita «in più e diversi
« membri ed edificij superiori et inferiori con giardino dentro sita e
« posta in questa città e proprie dove si dice S. Maria Maggiore.
« iusta detto Monasterio da un lato, iusta li beni della Croce di Lucca
« dalla parte posteriore, iusta via publica et altri confini ». Questa
casa nel 1566 fu dal pio luogo venduta per due. 4400 all'ill.ma donna
Roberta Carafa, duchessa di Maddaloni; del quale edificio la duchessa,
nello stesso anno, faceva al monastero donazione irrevocabile fra vivi,
ex nunc pro tunc, seguita la sua morte. Nel 1594 per la morte della
duchessa, la casa pervenne nuovamente al monastero. Cit. vol. 3170,
p. 29 e 31.
(5) Anche questa casa doveva ritrovarsi nel vico Sole e luna, che
nel documento si nomina del Dattilo. Divisa in « più et diversi membri
« et edificij inferiori e superiori », la casa era presso i « beni di d.° Mo-
« nastero, iusta li beni di Ant.° de Sarno, via publica et altri confini ».
Ivi, p. 35-
casa del nob. Ferdinando Celentano alla via de' Marmo-
rari O, e quella di Mastro Ovidio Caserta sita nella stessa
strada « dove si dice al vico Frido (2); e quattro anni dopo
anche le proprietà di Ettore e Giov. Giacomo de Grassis,
sorte del pari alla via de' Marmorari, « iusta d. ven. Mo-
« nastero, la via publica da due parti et altri confini » (3).
continua.
Antonio Colombo.
IL PALAZZO CELLAMARE A CHIAIA
II.
I Giudice principe di Cellamare.
Il fisco mise in vendita il palazzo Stigliano con pubblico
bando del 20 ottobre 1695. Nel 1696 il principe di Cella-
mare, Antonio Giudice, ne offerse il prezzo di ducati diciot-
tomila, nè vi furono altri concorrenti. Sembra che in quel-
l'anno stesso il Cellamare ne prendesse possesso; ma l'istru-
mento di acquisto non venne stipulato se non nel 1700 (4).
Il principe Cellamare, di cui parliamo, è un personaggio
ben noto nella storia: fu appunto quegli che dette il nome
alla celebre Congiura di Cellamare. La sua famiglia era
oriunda di Genova, stabilitasi nel Regno sulla fine del se-
colo XVI, per opera di un Marcantonio Giudice, mar-
chese di Voghera e Longobucco, e signore di Rossano,
che ebbe l'ufficio di Corriere Maggiore del Re in Napoli
(come a dire, di direttore generale delle poste).
Non pare che quel Marcantonio Giudice finisse bene:
accusato di gravi estorsioni ed abusi, venne incarcerato
a Madrid, e condannato a perir sulle forche, pena igno-
miniosa dalla quale lo sottrassero i parenti facendogli per-
venire in carcere del veleno. Così almeno raccontano al-
cuni scrittori del seicento; nè io ho modo ora di accer-
tare la verità del fatto (5).
(1) L'edificio « iusta d.° ven. Monastero da tre parti », confinava
con la via pubblica, con una via vicinale e con i beni del sud.0 Ant.0
de Sarno. Ivi, p. 37.
(2) Ripartita in varii compresi « inferiori e superiori », questa casa
era presso « d.° ven. Monastero », e aveva a confini la pubblica via
ed i beni di Lorenzo Grosso. Sull'edificio, venduto alle suore per
duc. 345 con istrumento del 14 settembre 1565, gravava l'annuo censo
di duc. I e gr. 2, che pagavasi alla « Cappella di S. M.a de Marmo-
« rato vicino la chiesa di S. Aniello Maggiore ». Ivi, p. 41.
(3) Erano due case, una grande e l'altra piccola, acquistate per
duc. 900 con istrumento del 18 luglio 1569 per n.r Ant. Celentano.
Ivi, p. 45-
(4) Per notar Pietro Colacino, 6 ottobre 1700, tra il Duca di Me-
dinaceli, vicerè di Napoli, rappresentante di S. M. e del Fisco, e D. An-
tonio Giudice, principe di Cellammare. Questo istrumento in pergamena
si conserva con molte altre carte relative alla storia della famiglia e
del palazzo, nel ben ordinato archivio privato del presente Principe di
Cellammare, Giuseppe Caracciolo Giudice.
(5) In uno dei libri di quella letteratura di maldicenze, ch'è rap-
presentata dai Successi dei Corona, dalle Corna della nobiltà napoletana,