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Napoli nobilissima: rivista d' arte e di topografia napoletana — 10.1901

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Nr. 10
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Croce, Benedetto: Il palazzo Cellamare a Chiaia, 2
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https://doi.org/10.11588/diglit.71019#0165

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RIVISTA DI TOPOGRAFIA ED ARTE NAPOLETANA

149

« Dal talamo, anzi dalle forche dei loro antenati esal-
tati, etc., etc., »; era la dicitura d'insulto cui ricorrevano
volentieri i nemici e gl'invidiosi della famiglia Giudice;
la quale, malgrado la disgrazia di Marcantonio, risalì in
grande prosperità, e raggiunse alti gradi nel governo dello
Stato. Il nipote di Marcantonio, Nicola, seguitò a tener
l'ufficio di Corriere Maggiore, fu del Consiglio di Stato
di S. M., e cavaliere di S. Giacomo; ed ebbe nel 1631 il
titolo di Principe di Cellamare e nel 16,1 quello di Duca
di Giovinazzo. Amato dal popolo per la sua beneficenza,
si ricorda di lui che concorse alla fabbrica della Croce di
Lucca e fece fare la cappella maggiore nella Chiesa del
Carmine. Morì il 31 marzo 1672 0).


Il palazzo Cellamare dopo il rifacimento.
Dalla stampa del 1729 (Disegno di R. Lignola)

Il figliuolo di lui, Domenico fu, tra l'altro, ambasciatore
di Spagna a Torino nel 1678, e vicerè della Vecchia Ca-
stiglia nel 1694. Dei due figliuoli di Domenico, il secondo-
genito, Nicola, prese la carriera ecclesiastica e divenne car-
dinale: il primogenito, Antonio, successe nei titoli e nella
rappresentanza della casa.
Antonio Giudice, nato nel 1657, venne educato alla Corte
di Spagna: nel 1677 ebbe l'ufficio di capitano della guardia

del vicerè di Napoli: « giovine di molto garbo — scrive
in quell'occasione di lui un cronista — quale fu paggio di
N. S., così provvisto per onore da S. M. » (T). Nel 1679
era inviato come ambasciatore straordinario di Spagna al
Duca di Baviera, a far le condoglianze per la morte del-
l'Elettore padre di quel Duca (2). Nel 1693 si strinse in
matrimonio con Anna Camilla Borghese, figliuola del Prin-
cipe di Sulmona e vedova del Duca di Mirandola. Il ricco
matrimonio fu attribuito all'opera del Duca di Medinaceli,
ch'era allora ambasciatore di Spagna a Roma. « gran fau-
tore della casa del Giudice, mentre anche per opera sua
fu creato il cardinale di questa casa » (3).
Lo stesso cronista c'informa che nel dicembre 1693
Antonio Giudice partì alla volta di Roma per andare ad
incontrare la sposa: « per lo qual effetto s'è apparecchiato
il palazzo del signor Principe di Santo Buono, a S. Gio-
vanni a Carbonara, per sua habitatione e del marito, es-
sendogliene stato inteso il signor Principe, che si ritrova
al suo stato di Abruzzo » (4).
Si può immaginare se, venuto il Medinaceli vicerè a
Napoli, i Giudice non fossero tra i suoi migliori confidenti
e sostegni. Molti degli strali che si scagliavano contro
l'odiato viceré colpivano il vecchio Duca di Giovinazzo, il
fratello di lui cardinale Francesco e il figliuolo Principe di
Cellamare (5). Tutti costoro si mostrarono fedelissimi a
Spagna nelle burrasche politiche che si scatenarono ai prin-
cipi del secolo seguente. Ed allorché il nuovo re di Spagna,
Filippo V, venuto a visitare Napoli, ne ripartì il 2 giugno
1702, per recarsi alla guerra di Lombardia, tra i genti-
luomini che vollero accompagnarlo era anche il Principe
di Cellamare (6)). Antonio Giudice si distinse grandemente
nelle varie fazioni della guerra, tanto che dopo l'aspra e
dubbia battaglia di Luzzara venne promosso maresciallo di
campo. Al cardinal Francesco Giudice, di lui zio, fu affi-
dato nel 170,, come a vicerè, il governo di Sicilia, Tor-

dall'lnferno, dagli Arcanorum, 0 come altro s'intitolarono, si dice che
del triste caso di Marcantonio Giudice si ha chiaro ragguaglio nell'o¬
pera del Reggente Gio. Francesco d'Aponte, tomo 2.° dei Consigli,
Cons. 136. E lo scrittore continua affermando che, ai suoi tempi, « per
opera della famiglia, si è tolto (dai volumi del D'Aponte) detto Conse-
glio e ripostone un altro di differente carattere più piccolo di stampa,
in materia di sustituzione, e nel presente anno (il manoscritto è della
fine del seicento, o principii del settecento), perchè aveva saputo il Prin-
cipe di Cellamare che ve n'era uno nel publico studio di S. Angelo
a Nido del fu Cardinal Brancaccio, andorno quattro nobili, che uno
con scusa di leggere, sopragiunti con simil causa l'altri, lo stracciorno,
e fu la cosa publica, e i Signori D. Francesco e fratelli Brancaccio per
volersene estragiudizialmente, e nè meno in presenza di detto Prin-
cipe, dolere, li fece intendere minacce, che l'ha ridotto a non più par-
larne » — Cfr. anche G. De Ninno, Giovinazzo e i suoi feudatarii, in
Arch. stor. pugliese, a. I, p. 74, n.
(1) Vedi Bulifon, Giornali, sotto questa data. — Cfr. Mugnoz,
Teatro genealogico, Palermo, 1647, I, 395.

(1) Giornali del Bulifon, sotto il febbraio 1677.
(2) Ivi, sotto il settembre 1679.
(3) Giorn. di Dom. Conforto, sotto il dicembre 1693.
(4) Ivi. — I Giudice avevano una villa sopra i Cappuccini nuovi,
presso la Salute, della quale parla il Pacichelli, Memorie dei viaggi,
Nap., 1685, IV, p. I, p. 121.
(5) In una satira contro il Medinaceli, ms. Soc. Stor., tra i favoriti
del vicerè si nota in prima linea: « Francesco Giudice, huomo che per
nascita vilissimo, e per costumi ben noto al mondo tutto, huomo che
per prima vestiva grossissime lane, hoggi, a costo quasi della vita,
veste superbissime porpore, huomo, che per noi dal talamo, senza dir
più, anzi dalle forche dei suoi antenati, si vede esaltato quasi al trono...».
E poi: « Il Duca di Giovinazzo, suo fratello, che si ritrova, per mezzo
nostro, quasi il primo ministro della Corona di Spagna ». E, infine:
« Il Principe di Cellamare, suo nipote, che, oltre l'altri continui fa-
vori dalla nostra casa ricevuti, si ritrova, a nostre fatiche, e con la
nostra autorità, havere in moglie la signora D. Camilla Borghese... ».
(6) Granito di Belmonte, Storia della congiura del Principe di Mac-
chia, I, 249.
 
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