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Napoli nobilissima — 1.1892

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RIVISTA DI TOPOGRAFIA ED ARTE NAPOLETANA

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« nella Cayetana de casa Cayetana, matre dello signore
( Bernardino Conte de Chiaromonte et deio segnore hono-
« rato fratelli, figlioli della dieta principessa, se fugero de
« Napoli, la quale principessa cerco allo illustrissimo signore
« Duca lo dicto signore honorato quale era suo pagio che
« voleva andare ad Sancta Maria de piede grocte al per-
« dono; dove la Maestà del segnore Re mando una galea
« ad presso al bergantino dove erano la predicta principessa
« et signori; et arrivando lo bergantino ad presso ad ne-
« ctuni, et smontati laxaro certi chianelli al bergantino,
«et quillo la dieta galea nde meno» C1).
Nel 1560, alla cappella erano uniti « molti edificii fatti
« da un certo clerico per habitatione »; e le monache di
S. Sebastiano ci tenevano « un sacerdote per la celebra-
« tione delle messe in lo proprio luogo» (2 3 4 5). Alcuni de-
cenni! dopo, la chiesa fu rifatta; « et vi stanno sei frati
« dell’ordine domenicano » (3). Sorse allora « un bellis-
« simo e delizioso conventino d’intorno la chiesa, colle
« stanze sopra del mare » (4).
Intorno a questo scoglio, forse nelle stesse case trasfor-
mate poi nel conventino, o in altri locali presso la spiag-
gia, doveva essere quella Taverna di Florto, che con le
taverne del Cerriglio e del Crispano, formava la triade delle
taverne napoletane famose sul cadere del secolo XVI. Il
Del Tufo, descrivendo i varii divertimenti del giorno di
S. Martino, dice :
Altri in terra a sedere
Su l’herba fresca a far collatione,
L’altre nobil persone
Passeggiando d’intorno a quei giardini
Cogliendo gelsimini,
E rose gl’altri, e fior le donne amate,
Per haverne i bei seni e tempie ornate;
Talché corron veloci, come a pardo,
Verso Santo Lonardo
Le genti che al parlar non han risguardo,
Dicendo: — Jammo a far no sguazzatolo
A la Taverna di Fiorio! (5).
Fiorio era il nome del tavernaro: quando scriveva lo Sgrut-
tendio, ai principii del seicento, questo Pallino di quei
tempi era già morto, e la taverna fu smessa, o cangiò
nome. Lo Sgruttendio scriveva in lode della sua Cecca:

(1) Notargiacomo, p. 165. Cfr. G. Passaro, p. 50. Ora la via, che dalla
strada della Pace mena alla Vittoria, porta il nome di Mandella Gaetana (la
tabella, quando fu posta, diceva Gaetana biondella!!). Cfr. un altro partico-
lare riguardante S. Leonardo nella Dissertazione, che il Vecchioni premise
al Passaro, pp. 68-9.
(2) De Stefano, Descrittione dei luoghi sacri della città di Napoli, Nap.,
1560, fol. 57.
(3) Engenio, o. c., p. 658.
(4) Arch. di St. Patrimonio cit., ff. 13-14. Nello stesso luogo si legge:
« Nei secoli passati ha sempre il nostro monistero assunta la cerca o sia jus
« di questurare, non solo per tutto il Regno, ma anche per la marca d An-
« cona, percependone ogni anno d. 15 et alle volte d. 20, et una libra de
« zaffarano, ecc. ».
(5) Ms. cit., fol. 136. Nomina questa taverna anche a f. 80; e dice che la
gente vi corre chi in carrozza, chi a piede, e chi a cavallo.

Cierto, si fosse vivo Messe Frorio,
A la taverna soia te faria pègnere! (1).
Alle taverne del luogo allude il canto popolare, che ho
citato in principio.
Nel gennaio 1648, S. Leonardo fu teatro di un attacco
tra gli Spagnuoli e i popolari napoletani, che se ne impa-
dronirono dopo un accanito combattimento (2).
Il conventino dei frati domenicani fu, in sèguito, abolito;
e le monache vi tennero un vicario dello stesso ordine;
ai principii del s. XVIII, c’era « un sacerdote che vi ce-
« lebra la s. messa, e nel giorno della festività del Santo,
« i Padri del monistero vi si portano a cantarvi il vespero
« e messa sollenne; et ad essercitarvi altri divini officii.
« Et ad ogni prima domenica di qualsisia mese il Priore
« o Sindico ivi si porta ad assistere nella Congregazione,
« e nella processione che vi si fa del SS. Rosario a con-
« fessare i fratelli, et interviene ancora all’elettione del
« Priore et officiali » (3).
Una delle cappelle della chiesa era stata conceduta alla
Congregazione del SS. Rosario; ma, anche sul principio
del s. XVIII, questa congregazione si trova posta « fuori
dell’atrio, avendosi i fratelli fabricato un luogo a parte »,
conservando la sepoltura avanti la cappella di S. Maria
la Bruna; e i fratelli pagavano il censo di 12 ducati an-
nui al monastero di S. Sebastiano.
Le case, nelle quali era già il conventino, « ritrovan-
« dosi insieme colla chiesa in necessità d’essere riparate,
« e continuamente sottoposte ad abitarvi persone di mal
« affare e contrabandieri, come anche facilmente ad es-
« sere occupate dai soldati », furono date il 1710 in censo
enfiteutico per 150 ducati all’anno, e per 29 anni, a Giu-
lio d’Amico Marchese di Montanaro: censo che fu poi ri-
soluto il 1728, tornando ad amministrarle il monastero,
che le fittava direttamente (4).
Un poeta, del principio del settecento, descrivendo Ghiaia,
dice :
Lo lido è tutt’arena, e stace espuosto
A la vista scoperta; no nc’è niente
De fraveca, ma schitto mmiezo tene
Sallonardo, che sta nfra acqua e arene.
Chist’è no scuoglietiello vascio vascio,
Ddò nc’è na Ghiesia, e ccerte case attuorno. (5)
Ed infatti, chi guardi varie carte di Napoli, dal secolo
XVI in poi, vede come la spiaggia si andasse avvicinando
man mano alla chiesa, per riempimenti naturali o artificiali.
Sulla pianta del 1566 ho calcolato la distanza, dall’entrata

(1) Tiorba a taccone, C. I, S. 17.
(2) Vedi il Diario del Capecelatro, IL 437; e i Mémoires del Duca di
Guisa, p. 353.
(3) Patrimonio cit., ff. 13-4.
(4) Patrimonio cit., f. 323.
(5) Francisco Auliva, Napole accoietato, Napoli, Tip. Virgilio, 1849; IV,
88-90.
 
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