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Napoli nobilissima — 1.1892

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NAPOLI NOBILISSIMA

cornice di buon lavoro. Un altro vano o camera sepolcrale o colom-
bario sembra debba esservi stato là vicino. Più tardi, un altro colomba-
rio a varie nicchie si scoprì presso quel basamento.
— A ponente. Nella strada della Corsea, sotto la stabile n. 75, alla
profondità di 2 metri circa s’incontrò una tomba a grossi tegoloni,
disposti a capanna, col relativo scheletro.
— In una zona assai lontana dalla Napoli Augustea e dove ancora
non s’erano estese le scoperte di antichità, si fecero, nello scorso del
1889, degli importanti trovamenti. Nella così detta padula di Grasset,
fra la via di S. Teresella a Ghiaia al nord, la chiesa Anglicana a sud,
il vico S. Pasquale ad est e ad ovest la via Giovanni Bausan, dove
ora sorgono i due edifici scolastici municipali, a 3 metri di profondità,
verso il muro nord, s’incontrarono delle opere reticolate, di cui una
apparteneva ad una conduttura che scendeva da nord a sud. Aderente
(a questa o all’altra? e l’altra che cosa era o mostrava d’essere?), una
tomba in grosse lastre tufacee, ricoperta da intonaco dato di bianco.
Fra la terra erano i residui dello scheletro e, nello scomporre le pietre,
vennero fuori varii oggetti di suppellettile funebre, e inoltre una vasca
di marmo bianco di finissimo lavoro, un pezzo di cornice in marmo
bianco finamente decorato, e altri lagrimatoi e oggetti fittili. « Pare
« che lo strato con avanzi antichi continui nel sottosuolo prossimo
« alla via S. Teresella a Ghiaia. »
V. S.

NOTIZIE ED OSSERVAZIONI.
Commissione Municipale dei Monumenti.
Si è riunita nel Convento di Donna Regina il 30 giugno per ascol-
tare la relazione del Com. Maldarelli sulla conservazione degli affre-
schi della Chiesa di S. Brigida. Il relatore propone che se ne faccia
una copia per poterli agevolmente restaurare nel caso pei lavori di
rinforzo alla cupola siano danneggiati. Si stabilisce che la Commis-
sione si rechi nella chiesa il 5 corrente a riesaminare gli affreschi e
deliberare definitivamente cogli ingegneri e i rappresentanti della So-
cietà dell’Esquilino sul da farsi.
La Commissione riconosce ancora una volta la necessità di avere,
come documenti per un completo studio sulla topografia storica della
città, i disegni dei monumenti antichi che tornano in luce dal sotto-
suolo, e di quelli medioevali e moderni, che sono rimossi nei lavori
di bonifica della città. Delibera richiederli al Sindaco, esortandolo nello
stesso tempo a far ricollocare per quanto è possibile nei pressi dell’ori-
ginaria ubicazione i detti monumenti.
Essendo infermo Monsignor Galante si rimette infine ad altra tor-
nata la relazione di quanto si è stabilito dalla Sottocommissione per
la cappella di S. Aspreno, riunitasi alla Camera di Commercio cogli
architetti del nuovo palazzo della Borsa.
*
La cupola di S. Brigida.
Ognuno ricorda di aver letto nel Celano, che nella chiesa di S. Bri-
gida « vi si doveva fabbricare una cupola a proporzione; ma perchè
« fu impedita dal Castellano di Castel nuovo, vi si fece invece una
« scodella alta non più che 18 palmi. Luca Giordano vi ha dipinto
« a fresco un Paradiso con tanta forza ed unità che la fa apparire
« cupola a proporzione: nè è possibile che chi la mira da sotto possa
« crederla di soli 18 palmi: gli angoli ancora di questa cupola, dove
« stanno espresse quattro egregie donne del vecchio testamento, sono
« stati dipinti dallo stesso Giordano. »
Questi affreschi corrono ora pericolo di essere distrutti o almeno for-
temente danneggiati dal restauro che si deve fare agli archi e al tam-
buro della cupola, lesionati per aver perduto il sostegno dei palazzi
circostanti demoliti per l’opera della Galleria. La Giunta Municipale
sin dal 1889, quando le lesioni si manifestarono, invitò la Commis-

sione dei Monumenti a studiare il modo di salvare gli affreschi, e la
Commissione in questi tre anni ha esaminato con molta cura questa
quistione. Finalmente nella riunione tenuta il 5 luglio ha ottenuto da-
gli ingegneri della Società dell’Esquilino, che prima di metter mano
ai lavori si ritraggano in fotografia le pitture della cupola e dei pe-
ducci, affinchè si possa ristaurarle, sostituendo i pezzi che andranno
perduti per la caduta dell’intonaco.
*
* *
L’Ammiraglio Caracciolo e gli epigrafisti.
Francesco Caracciolo, Ammiraglio napoletano, morì, come tutti sanno,
impiccato all’antenna della fregata Minerva il 29 giugno 1799. Fece
quindi una brutta morte; ma a continuargli lo strazio ci pensarono i
suoi ammiratori.
Sulla facciata di una casa a Mergellina è la seguente iscrizione:
IN QUESTA CASA NACQUE
FRANCESCO CARACCIOLO
AMMIRAGLIO
IL 1.8 GENNAIO 1752
STRANGOLATO ai 29 giugno 1799
IL MUNICIPIO P. 1868.
Chi ignora la fine del Caracciolo potrà certamente supporre che,
stando questi in prigione, vide comparire ad un tratto il carnefice, il
quale buttatogli un laccio al collo, strinse forte e lo fece morire. Per-
chè lo strangolamento esclude la sospensione, che è propria à.eXYimpic-
cagione!
Questa morte è narrata in modo diverso da un’altra epigrafe posta
su di una casa a Torre del Greco, a Capo Torre:
PER MEMORIA
DI FRANCESCO CARACCIOLO
AMMIRAGLIO NAPOLITANO
GLORIA ED ONORE D’iTALIA
ESTINTO PRODITORIAMENTE
NELLE PERIPEZIE DEL I799
IL MUNICIPIO DI TORRE DEL GRECO
ALLA PARETE DI QUESTA CASA
AVITO RETAGGIO DI LUI
POSE
I.° GIUGNO 1879.
Chiunque legge s’immaginerà il povero Ammiraglio, che va tran-
quillamente pe’ fatti suoi, quando un assassino sbuca improvvisamente
e lo fredda con un colpo di coltello alla schiena: perciocché estinto
proditoriamente vuol dire ucciso a tradimento.
Finalmente la verità storica è rimessa nella sua esatta integrità (ed
in che modo!) da una terza iscrizione, quella del sepolcro del Carac-
ciolo nella Chiesa di S. Maria della Catena a S. Lucia:
FRANCESCO CARACCIOLO
AMMIRAGLIO DELLA REPUBBLICA PARTENOPEA
fu dall’astio d’ingeneroso NEMICO
IMPESO all’antenna il 29 giugno 1799
I POPOLANI DI S. LUCIA
QUI TUMULARONO L’ONORANDO CADAVERE
IL MUNICIPIO DI NAPOLI l88l.
Il verbo impendere sta nel vocabolario, ma è antiquato, l’usavano i
trecentisti: ora, con più proprietà, si usa impiccare. O che l’anonimo
autore dell’epigrafe abbia voluto tradurre in italiano il participio na-
poletano ’mpiso?
Exoriare aliquis ex ossibus ultori
*
* *
Errata.
Ogni lettore intelligente ha capito che nella Quidecca sfuggita alla
correzione nelle Notizie di Antichità del fascicolo passato deve inten-
dersi Giudecca.
Don Fastidio.
 
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