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Napoli nobilissima — 1.1892

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NAPOLI NOBILISSIMA

« Les chambres d’où l’on voit toutes ces belles choses
« ne sont point des appartements; ce sont des galeries de
« tableaux, ce sont des cabinets de curiosités, ce sont des
« boutiques de bric-à-brac.
« Je crois que ce qui détermine M. Martin Zir a recevoir
« chez lui les étrangers, c’est d’abord le desir de leur faire
« voir les trésors qu’il possède; puis il loge et nourrit les
« hótes par circonstance. À la fin de leur séjour a la
« Victoire, un total de leur dépense arrive, c’est vrai : ce
« total se monte à cent écus, à vingt-cinq louis, à mille
« francs, plus ou moins, c’est vrai encore : mais c’est parce
« qu’ils demandent leur compte. S’ils ne le demandaient
« pas, je crois que M. Martin Zir, perdu dans la contem-
« plation d’un tableau, dans l’appréciation d’une porcelaine
« ou dans le déchiffrement d’un autographe, oublierait de
« le leur envoyer. »
Nell’Albergo della Vittoria il Dey di Algieri che venne
ad abitarvi — sempre secondo il Dumas — pretendeva
di far tagliare la testa a un eunuco che aveva lasciato fug-
gire una delle donne àeW harem. Ma fo di meno di ripe-
ter l’aneddoto, che non mi riesce di confermare con un’au-
torità storica un po’ più sicura di quella del Dumas!
Anche la piazza della Vittoria ha avuto le sue trasfor-
mazioni in questi ultimi anni, e s’è allargata di una nuova
zona verso il mare, e un nuovo gruppo di fabbriche è
sorto che si prolunga per la via Partenope. — Nel lato
settentrionale della piazza trovasi il palazzo Calabritto, nel
quale abitava un tempo il generale Florestano Pepe. In
quella casa, riccamente addobbata, e dove riceveva rego-
larmente i regali di faggiani che Ferdinando II non dimen-
ticava di mandargli quando andava a caccia, il vecchio e
glorioso Generale fumava, eternamente fumava, e invitava
a fumare, e conversava coi numerosi suoi amici e cono-
scenti. E quante cose aveva da dire, se si pensi a quel che
fece! All’assalto di Andria riportò una ferita in petto che
rimase aperta sedici anni; e militò, sebbene ferito, 'con
Massena, in Calabria, ove ebbe il cavallo ucciso ed il man-
tello traforato. Nella campagna di Spagna si trovò all’assalto
di Gerona, al combattimento di Teruel, agli assedi di Le-
rida, di Tortosa, di Tarragona e della Rambla; agli assedi
di Valenza, di Murviedro, di Oropesa e alla battaglia di
Murviedro. Alla battaglia di Albufera, che durò due giorni,
ebbe la legion d’onore e divenne aiutante Generale. Nella
campagna di Russia comandò la brigata di cavalleria na-
poletana, che portò Napoleone da Osmiana a Vilna. A
Danzica, messo a cavallo da due granatieri, perchè avea
le dita di un piede gelate, comandò una brigata di fanteria
napoletana in una sortita presso il villaggio di Schònfeld,
e, in un’altra sortita, che scacciò i russi dal ridotto di
Pizkendorf. Nel consiglio di difesa votò contro la resa
della piazza. Fece la campagna d’Italia del 1815 e sedò,

nel 1820, quanto meno sanguinosamente potette, la ribel-
lione di Palermo. In quella casa abitò, dopo 28 anni di
esilio, Guglielmo, fratello di Florestano, e da quella casa
partì per la difesa di Venezia, dopo della quale meritò di
essere chiamato il glorioso difensore di Venezia, e poi, an-
dato a Milano, fu salutato dal Manzoni con queste parole :
Dal ponte della Maddalena a Mestre!
Nel lato meridionale della piazza, comincia lungo il mare
la via che meritatamente si chiama via Caracciolo.
Un piedistallo, di là dal marciapiede, attende da troppi
anni il monumento del celebre Ammiraglio. E chi non ri-
pensa, sentendo il suo nome, agli onorevoli fatti di guerra
della marineria napoletana del secolo scorso, e a quelli san-
guinosi della rivoluzione del 99 ?
Ed ecco, caro Benedetto, quante memorie si ridestano
da un piccolo spazio di terra, quale è la piazza della Vit-
toria! Da ciò si può argomentare quante se ne debbano
trovare, percorrendo questa antichissima e vasta Napoli.
Noi altri del mezzogiorno d’Italia siamo stati finora piut-
tosto giudicati che conosciuti. Quanto v’è da illustrare e
ricordare! Pensando a ciò, mi vien quasi la voglia di ter-
minare con quel verso del Petrarca:
Non lassar la magnanima tua impresa,
insieme, s’intende, coi valorosi tuoi colleghi, ai quali mando
un cordiale saluto. Avete cominciato dalla topografia della
città e dalla storia dell’arte; e continuerete, m’auguro, a
divulgar la conoscenza di tutte le parti della nostra storia
e della nostra vita.
Tuo affano
Giuseppe Ferrarelli.

NOTIZIE ED OSSERVAZIONI.
Per la statua di Oliviero Carafa.
Riceviamo, a proposito dell’articolo di R. Carafa sul Succorpo di
S. Gennaro, dal nostro egregio amico il Duca della Regina, le seguenti
osservazioni, che siamo ben lieti di pubblicare. Egli le intitola:
Protesta affettuosa.
Ai nomi di giovani valentissimi delle cose nostre sia consentito che
in queste pagine si mescoli per una sola volta il nome di un vecchio,
il cui cuore, inaridito da tante e svariate cagioni, ha un resto di fe-
condità soltanto dalle memorie religiose e storiche della Patria.
E poiché il nostro antico Reame è stato per tanti secoli retto da
ordini feudali e patriziali, si può dir che la sua storia civile ed arti-
stica sia in gran parte la storia delle nostre principali famiglie. Sulle
quali son costretto a fare due malinconiche considerazioni. La prima
che in questo secolo, e specialmente in questo scorcio, molte si sono
estinte, ed in ciò non possiamo che adorare i decreti imperscrutabili
della Provvidenza. La seconda che ne’ giovani di quelle che tuttora
sussistono si manifesta una certa noncuranza de’ propri illustri mag-
giori, la quale non voglio dire da che sia ingenerata, ma s’intende
di leggieri che non provenga da modestia.
Una delle poche eccezioni io scorgo nel mio giovane congiunto ed
amico l’odierno Duca d’Andria, il quale, essendo capo d’uno dei prin-
 
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