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Napoli nobilissima — 1.1892

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68

NAPOLI NOBILISSIMA

Nel 1815 il re riacquistava il regno e ritornava, seguito
dalla moglie Lucia, a Napoli.
Da Portici, il 9 giugno, dava notizia di quell’evento al
Duca del Genevese, con la seguente lettera :
Portici, 9 giugno 1815.
Cugino carissimo,
Sommamente gradii quanto mi scriveste per il mio giorno di nome:
il Signore ha esauditi i vostri voti, eccomi ritornato mercè la sua di-
vina misericordia nella mia cara Patria; spero che ugualmente voglia
esaudire le mie fervorose preghiere, e render tutti appieno felici e tran-
quilli nei loro propri stati.
Mi consolo sentirvi in perfetta salute, la mia grazie a Dio neanche
va male. Vi abbraccio di tutto cuore e sono il vostro
affezionato
Ferdinando B. (i)
E il 30 giugno gli scriveva di nuovo :
Portici, 30 giugno 1815.
Cugino carissimo,
Non so trovar termini per ringraziarvi di tutto quanto nella vostra
lettera del 7 mi dite di affettuoso sul ricupero del Regno di Napoli,
io lo attribuisco ad un vero miracolo (sic) tanto lo vedevo lontano
qualche mese fa. Compisca il Signore l’opera della sua onnipossente
mano, facendo colla medesima prontezza e felicità ritornare Luigi XVIII
a Parigi.
Scusate com’è scritta questa mia, ma da Mimi ne rileverete il mo-
tivo, vi abbraccio teneramente e vi prego a credermi sempre lo stesso
vostro
aff. cugino
Ferdinando B. (2)
A Napoli il re fece molti e ricchi doni alla moglie, fra
i quali il palazzo in piazza della Pace, ora piazza dei Mar-
tiri, conosciuto ancora dal nome di Partanna. È posseduto
ora dal principe di Gerace ed era del duca Coscia, quando
Ferdinando ne fece l’acquisto, perchè la Partanna avesse
un’abitazione degna di lei. Le donò pure la famosa villa
sul Vomero che comperò dal Principe di Torcila che da
lei, duchessa di Fioridia, fu detta Floridiana.
Riccardo Carafa.

Agata Moncada dei duchi di S. Giovanni; Leopoldo sposò Antonia
Reggio, principessa della Catena e di Pantelleria; Vincenzo, primoge-
nito, sposò Agata Gravina e la sua discendenza si è estinta in casa
Turrisi. Luigi non prese moglie. Marianna sposò Nicola Serra, conte
di Montesantangelo.
(1) Arch. di Stato di Torino — Corrisp. coi sovrani di Napoli.
(2) Arch. di Stato di Torino — Corrisp. coi sovrani di Napoli.

LA TOMBA DI JACOBO SANNAZARO
E LA CHIESA DI S. MARIA DEL PARTO

Siete saliti mai alla chiesa di S. Maria del Parto a
Mergellina? Una scala a tre rami, dipinta di rosso e giallo
all’esterno, conduce a un’alta terrazza, donde lo sguardo
abbraccia quell’insenatura del golfo e quella parte più ele-
gante della città, che ha per limite estremo il Castel del-
l’Uovo. Sotto la terrazza, passa la via di Mergellina, e
innanzi è il piccolo porto, e sulla spiaggia barche e reti
e ordigni di una piccola popolazione di pescatori. E quan-
do, distogliendo lo sguardo da tanta festa di ciclo e di
mare, entrate nella chiesa, ne avete l’impressione come
di una piccola chiesetta di villaggio, dalle pareti goffa-
mente imbrattate di azzurro, di giallo, di rosso, di verde
(raccomando specialmente certi riquadri dipinti verde!),
e orribilmente stuccheggiata. Qua e là, si vede qualche
tomba, qualche memoria antica : una pietra sepolcrale
con l’effigie in rilievo d’un vescovo, un’altra con quella
di un giovane gentiluomo in costume cinquecento. Sul
primo altare a destra, un San Michele, un bel giovane,
mal dipinto, calpesta coi piedi e trafigge colla lancia un
diavolo dal corpo di dragone e la testa di bellissima donna,
non meno mal dipinto; e un’iscrizione dice : Et fecit Vic-
toriam, halleluial Quel bel diavolo si chiama dal volgo il
diavolo di Mergellina; e la tradizione vuole che rappresenti
una donna che perdutamente s’innamorò di Diomede Ca-
rafa, poi vescovo d’Ariano e cardinale di Santa Chiesa; il
quale, riportato vittoria di questo amore, fece effigiare la
donna in quel modo poco galante! (1). Ma Mergellina e
S. Maria del Parto sono ancor tutte piene, per l’amatore
delle cose passate, di un nome, di un nome gentile, del
nome di Jacobo Sannazaro, di quel Sannazaro che non fu,
certo, un gran poeta, ma una così bella anima d’uomo, e
un così notevole letterato!
Io ho, ormai, una specie di paura, quando sento parlar
troppo di queste figure simpatiche che la storia ci tra-
manda : parlarne troppo è renderle un luogo comune, è
seccare il prossimo, è raggiungere, — per la via sicura
del fastidio —, il risultato di dissipar la simpatia ch’esse
ci destano! Così, per esempio, è accaduto in questi ultimi
anni alla fiera, pensosa, tragica figura di Giordano Bruno,
abbandonato (supplizio per lui più terribile del rogo) agli
applausi inintelligenti e volgari delle gazzette radicali, e
della gente che non sa leggere; ed ormai è cattiva educa-

(1) Celano, ed. Chiarini, V, 631; e le posteriori descrizioni della
città.
 
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