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Napoli nobilissima — 1.1892

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164

NAPOLI NOBILISSIMA

richiedevano le ragioni stesse per cui si pone un assedio
e l’avere separato le due città, avendo quella nemica a
dritta, non li custodiva che assai mediocremente, poi che
se dalla via di Nola fosse venuto un valido rinforzo, essi
rischiavan d’essere miseramente schiacciati nel mezzo. Or
se quel lato, collocando Palepoli ad oriente, dovette, come
è elementarmente verosimile, essere uno dei più custoditi,
la fuga del presidio nolano diviene così difficilissima a
spiegare, mentre ci appare verosimile ove si ponga Pale-
poli, ad occidente, guardata, anzi recinta d’assedio da tutti
i lati, meno che dalla via del mare, e in questa, che è
l’unica libera da nemici come il racconto stesso di Livio
ci apprende e che dovette esser difesa dalle navi napole-
tane nè raggiungibile dai Romani, cerchiamo la via donde
i Nolani, anche se avessero avuto libera la scelta, sareb-
bero dovuti fuggire : Napoli, sulla via di Nola, restava
presso che non guardata ad oriente, perchè tagliata fuori
d’ogni azion militare. Lo stesso stratagemma con cui Pu-
bblio pianta l’accampamento fra le due città non ha quel
valore che Livio gli attribuisce se non ponendo questa
scambievole relazione fra le due città. Le parti elevate di
Palepoli (summa urbis') devono dunque, nella narrazione
di Livio, cercarsi a Pizzofalcone, nè, se anche si volesse
per un momento includere S. Agnello a Capo Napoli nella
Palepoli liviana, quella espressione ci parrebbe meno giu-
sta. Innanzi agli occhi dello storico Romano così le al-
ture della vecchia città come quelle della nuova non si
può immaginar che sieno state così misuratamente deter-
minate eh’ egli potesse calcolarne la quota altimetrica e
non riferire quella espressione, che del resto al plurale am-
mette la più larga interpretazione, se non alle alture di
tanti metri e tanti centimetri più elevate delle altre. Se
— chiudendo questa discussione, noiosa so bene ma ine-
vitabile — una Palepoli è esistita, essa, assai più proba-
bilmente era posta a ponente, secondo il racconto liviano,
che così abbiamo sgombrato da quelle contraddizioni che
dovrebbero infirmarlo tutto. Trovasi poi esso in contradi-
zione con le altre testimonianze? È quel che vedremo in
un articolo più lieto.
Vittorio Spinazzola.

LA FLORIDIANA
IV.
Morte di Ferdinando IV e della Duchessa di Floridia.
Vicende della Floridiana.
Il 4 gennaio del 1825 Ferdinando IV moriva. Facil-
mente si sarebbe potuto credere che con la morte del re
a la duchessa di Fioridia mancasse ogni prestigio e che

fosse abbandonata o peggio da quelli che prima avevano
interesse a farsela amica, e specialmente dai figli stessi di
Ferdinando. Invece vediamo che essi le rimasero osse-
quenti e devoti, almeno in apparenza, e per prova di ciò
voglio qui riportare una lettera della regina di Sardegna
a lei diretta pochi giorni dopo la morte del re.
Torino li 11 gennaio 1825.
Carissima Principessa.
Non posso bastantemente dirle quanto il fatale colpo che ci ha
privato d’un padre sì buono ci abbia desolati, e per l'affetto vivo, che
per esso abbiamo, e pensando anche alla vostra afflizione, ed a voi,
mia cara; da ieri che l’abbiamo saputo non pensiamo che a voi po-
veretta; alla tremenda perdita, che avete fatto; mia cara, da vera
amica, che sono sempre stato, e sarò per voi, e per la gratitudine e
riconoscenza, per quanto avete reso felice gli ultimi anni del mio
amato genitore; che non mi sembra esser vero non esister più, e
queste lagrime che bagnano questo foglio ve lo possono assicurare
della mia afflizione; se mai in qualche maniera vi posso essere utile,
e procurarvi qualche consolazione mi pregierò di farlo sempre con
vivo piacere. Scusatemi se questa mia non connette ma son sì con-
turbata d’un simil colpo; ma grazia al Signore le nostre saluti non
ne hanno sofferto; spero che la vostra neppure ne abbia sofferto nè
quella di Mariannina; il Re m’incarica di dirvi tutta la parte che
prende alla vostra afflizione e perdita crudele, egli pure è fuori di sè
perchè amava teneramente il caro defunto. Finisco essendo tardi; ab-
bracciandovi, mi sottoscrivo di cuore per la vita la vostra aff. e tenera
amica costante
Cristina.
Il re lasciava un testamento fatto il 17 aprile del 1824.
Ne posseggo una copia legale dalla quale tolgo qualche
brano. Il testamento comincia così :
« In nome della Santissima Trinità, Padre, Figliuolo e Spirito Santo.
Io Ferdinando I. Per la grazia di Dio Re del Regno delle due Sicilie
e sano di mente e di corpo e credendo come credo fermamente in
un solo Dio trino ed uno, ed in tutti i Misteri della nostra Santa
Fede Cattolica, nella quale protesto di vivere e morire.
« Per amore della mia famiglia e figli, e per mantenere sempre
più tra di loro quell’affetto ed amicizia che con tanta mia soddisfa-
zione vi ho veduto, e vedo regnare, vengo a formare il presente te-
stamento, il quale voglio che abbia effetto al momento che il Signore
si compiacerà a sè chiamarmi. Invoco perciò in tal punto per avvo-
cata la sempre Immacolata Vergine Maria Madre di Misericordia e
delle Grazie, ed imploro l’aiuto dei gloriosi Santi miei Protettori S. Giu-
seppe, S. Ferdinando, S. Gennaro, S. Antonio, S. Raffaele, S.a Rosa-
lia, e di tutti gli altri Santi del Paradiso, come delle anime del Pur-
gatorio. Consegno e raccomando l’anima a Dio ed il corpo alla Terra,
di cui è stato formato, e voglio che questo dopo la mia morte (senza
sezionarlo ed imbalsamarlo, ciò ch’espressamente proibisco) sia sepel-
lito ove sono i miei Antenati e Parenti di quà e di là del Faro, ove
mi trovi al punto della mia morte.
« Ordino che si dicano per l’anima mia e dei miei defunti Geni-
tori Messe Ventiquattromila: cioè, accadendo il caso in Napoli, otto-
mila nella Capitale, e quattromila nei siti Reali, ed altri luoghi da
me più frequentati e dodicimila nel Regno da distribuirsi in maniera
che veramente si dicano, e si soccorra per mezzo dei Vescovi, Pre-
 
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