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Napoli nobilissima — 1.1892

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6o

NAPOLI NOBILISSIMA

testimone de’ fatti che vi seguivano, in un suo manoscritto
(che è posseduto dalla nostra Bibl. Nazionale) dice che il
cadavere di Masaniello fu riposto e chiuso nella fossa a
mano sinistra dell’altare maggiore, circa della cappella del Pre-
sepe. La cappella fu abolita in appresso: e che ne fu del
sepolcro? Un ricercatore di cose storiche, Emmanuele Pa-
lermo, ci ha lasciato detto in un suo manoscritto, che il
chiarissimo Bartolommeo Capasse conserva tra’ suoi rari
documenti masanielliani, d’un sepolcro che si vedeva, nella
chiesa del Carmine, fin dal 1798 e sul quale i rivoluzionari
di quel tempo scrissero la viva e ribelle apostrofe : Lazare
exi forasi Sarebbe stato quello, secondo il Palermo, il se-
polcro di Masaniello, in appresso, per mire politiche addi-
rittura scomparso....
Continua.
Salvatore di Giacomo.

PIZZOFALCONE

1.
I poeti, che hanno popolato di ninfe le rive del nostro
golfo, ne trovarono una anche pel piccolo e ridente pro-
montorio, che lo divide in due insenature. Modificando un
poco il primitivo nome di Echia, crearono Egla :
.la figlia d’Amore e di Talia
Egla, che al par del Sol chiara risplende.
Gli eruditi diedero una diversa origine a quel nome : lo
dissero derivato da Ercole, che, secondo una favola in
parte antica, in parte adattata da essi, condusse al pascolo
su queste balze le pecore rubate a Gerione. (*)
Ma l’etimologia di Echia deve trovarsi, come giusta-
mente opina il Capasso, nell’Euplea di cui canta Stazio e
che corrispondeva al seno, ora barbaramente distrutto, di
S. Lucia. Durante il medio-evo quella denominazione, tra-
sformatasi successivamente in Euple, Empie, Ecla ed Echia,
fu attribuita prima al luogo che guardava l’antico seno e
poi a tutta l’altura. (1 2) Questa nei documenti dell’epoca
Sveva comincia ad esser designata con un altro nome,
Pizzofalcone, che usato per qualche secolo indifferente-
mente insieme col nome antico, ha finito poi col sosti-
tuirlo del tutto e col farlo dimenticare.

(1) Fontano, Histor. Neap., L. VI. Cfr. Celano, ediz. Chiarini,
IV, 542.
(2) Capasso, Monumenta ad Neapolitani Ducatus historiam pertinentia,
voi. II, parte I, pag. 315, in nota; e Sull’antico sito di Napoli e Pale-
poli, ediz. Marghieri, 1889.

Senza ricorrere alle favole, accennate qua sopra, anti-
chissime memorie si riannodano a questo luogo : e giova
riassumerle dagli studii specialmente del Capasso e del de
Blasiis, prima di raccogliere quelle più recenti e di mo-
strare come la collina si sia coverta di palazzi, prendendo
l’aspetto grave di quartiere aristocratico. Pare fuor di dub-
bio, che qui si fermassero da principio i coloni greci, onde
Napoli ebbe origine, e che qui sorgesse Palepoli, il cui
nome, avvolto nel mistero, è segnato nella storia soltanto
a proposito degli avvenimenti che cagionarono l’abbandono
della vecchia città : come accenna e come promette di svol-
gere più ampiamente in queste stesse colonne il nostro
Spinazzola.
Dopo molti secoli, al principio dell’era volgare, Lucullo
fece costruire in cima alla collina una delle sue ville tanto
celebrate. E nei campi verdeggianti che la circondavano
— afferma il Celano, che trova un aneddoto per ogni
luogo da lui descritto — furono piantati per la prima
volta in Italia « i ciriegi che Lucullo fece venire da Ce-
« rasunto ed i persichi da Persia, ma più per goderne
« dei fiori che della frutta, perchè stimava che in Napoli
« avesser dovuti riuscir velenosi, come nella Persia; ma
« non fu così, perchè il nostro terreno se ne succhia la
« parte cattiva! » (*)
Questo albergo di delizie passò in seguito, e non si sa
per qual ragione, al fisco imperiale, e fu trasformato in
una rocca e fu cinto di mura il borgo che le sorgeva
d’intorno. Forse avvenne al tempo di Valentiniano III per
le fortificazioni da lui ordinate a Napoli (450-455); tale
ad ogni modo era il suo stato, quando nel 476 Odoacre
vi mandò a sparire l’ultimo imperatore di Occidente, il
giovinetto Romillo Augustolo. E già d’allora, sotto il
nome di Castello Incubano — trascrivo dall’interessante
studio del De Blasiis — « doveva comprendersi tutta l’al-
« tura di Echia, circoscritta dalla sua naturale configura-
« zione, quale oggi apparisce. Cioè scoscesa per diru-
« paté balze quasi da ogni parte intorno, verso S. Lucia,
« il Chiatamone e la strada di Ghiaia, e inclinata a pen-
« dìo dal solo lato di mezzogiorno sino alla pianura che
« ora è innanzi al palazzo reale, e sino al mare sottostante
« della darsena. E quel rialto da questo lato, ove gli erti
« massi di tufo non faceano difesa, doveva esser recinto
« da mura le cui traccie sono indicate, dietro l’abside della
« chiesa di S. Lucia, appiè del declivio a mezzodì e per
« un tratto della strada di Ghiaia. E in quel piano doveva
« aprirsi la porta maior del castrum, e stendersi in prossi-
mità delle mura che lo cingevano a mezzodì quella via
« publica, che scendeva verso l’isola, dove fu poi il ca-
« stello dell’ovo, e conduceva per l’altra banda per un
(1) Celano, ediz. Chiarini, voi. IV, p. 507.
 
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