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Napoli nobilissima — 1.1892

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54

NAPOLI NOBILISSIMA

LA CAPPELLA DEI DEL BALZO
in S. Chiara
e
LA TOMBA DI BEATRICE contessa di Caserta

U na delle più notevoli famiglie venute di Provenza
nel Reame di Napoli con Carlo I d’Angiò, fu senza dub-
bio quella dei Del Balzo e per gl’illustri personaggi che
produsse e per l’importanza dei feudi che possedette : essa
discendeva dagli antichi Conti di Marsiglia e Principi di
Orange (*), ma vantava una origine molto più antica e più
illustre. Perchè pretendeva di discendere nientemeno che
da Baldassarre, uno di quei tre Re Magi, i quali, guidati
da una stella, si partirono dall’estremo Oriente per andare
in Palestina ad adorare il Salvatore del Mondo; e per que-
sta ragione avea inquartato nel suo stemma la stella d’ar-
gento dei Magi, col cornetto da caccia degli Orange. In una
lunga iscrizione in caratteri gallo-franchi, messa al lato de-
stro della Chiesa di Casaluce, vicino Aversa, fondata da
Raimondo Del Balzo nella metà del secolo XIV, si trova
notata siffatta istoria :
ARMA GERENS STELLAE, QUAE CUM REX CHRISTUS OLYMPO
VIRGINIS IN UTERUM LATE DESCENDERET ALMAE
ET PECCATA PATRUM REDIMENS ORIRETUR AB ALVO:
ADVENERE LOCO STELLA PRAEBENTE DUCATUM,
ALTA DECORA NIMIS REGUM DIADEMATA TRINA.
TERTIUS EX ILLIS BALDASSAR NOMINE DICTUS
PRINCIPIUM GENERIS TANTI FUIT, INCLITA CUJUS
PROGENIES CAROLO REGNO VENIENTE SUPERBO
BARBARIEM REGNI DOMUIT ETC.
Fu assunta ai più grandi uffici del Regno, prese parte
a tutte le guerre e fazioni delle dinastie Angioina, Duraz-
zesca ed Aragonese e molti dei suoi membri furono fa-
mosi per la loro tragica fine. Raimondo fu Gran Came-
rario del Regno, Giovannantonio e Pirro, Gran Contesta-
bili; Bertrando, Gran Giustiziere, sposò Beatrice d’Angiò,
figlia del Re Carlo II; ed Isabella, ultima della famiglia,
fu moglie di Federico d’Aragona, Re di Napoli. Ugo Del
Balzo, Conte d’Avellino e Grande Ammiraglio, nel 1350,
venuto in Napoli di Provenza con una flotta in soccorso
della Regina Giovanna I, andò a visitare Maria, Duchessa
di Durazzo, sorella della Regina, che stava nel Castello
dell’Uovo : entratovi assieme ai figli e molti soldati, fè
arrestare le guardie, si presentò alla Duchessa e le in-
giunse di sposare Roberto suo primogenito. Al rifiuto di
lei, il Conte fè per forza consumare il matrimonio in sua
presenza e poi, imbarcata la sposa, andò a Gaeta, dove

(1) Papon, Histoire de Provence, II, 123.

era la Regina col Re Ludovico di Taranto, suo marito.
Questi non tollerò tanta offesa, salì sulla galea dell’Ammi-
raglio e l’uccise di propria mano, mandando il figlio Ro-
berto prigione nel Castello Nuovo. Due anni dopo, la Du-
chessa Maria scese un dì nella prigione con quattro armati
ed in sua presenza lo fece uccidere e buttare in mare (0.
Pirro Del Balzo, Principe d’Altamura, prese parte alla fa-
mosa congiura dei Baroni nel 1487, e venuto nelle mani
del Re Ferdinando I d’Aragona, fu messo nel Castello
Nuovo e poscia crudelmente strangolato assieme con An-
gilberto suo fratello e Giov. Paolo suo nipote, coi quali
finì la linea maschile della famiglia.
Quando nel 1328 il Re Roberto d’Angiò finì di edifi-
care la Chiesa di S. Chiara, allora detta del Corpo di Cri-
sto, molte nobili famiglie napoletane ottennero il patronato
delle cappelle di detta Chiesa, che il Re avea scelta come
luogo di sua sepoltura, ed i Del Balzo ne ebbero due, la
terza cappella a man dritta entrando dalla porta maggiore
e la prima a sinistra della porta piccola; quella appartenne
a Raimondo, Conte di Solete, che vi fu sepolto assieme
alla moglie Isabella d’Apia, ed alla sorella Beatrice, Con-
tessa di Caserta, l’altra fu del ramo dei Duchi d’Andria e
l’ultima a posarvi fu Isotta Ginevra, moglie di Pietro de
Guevara Marchese del Vasto, morta nel 1530. Nei nume-
rosi volumi delle carte del Monistero di S. Chiara, esi-
stenti nel nostro Grande Archivio di Stato, nulla ho tro-
vato che si riferisca a queste cappelle.
Era passato circa un secolo e le due cappelle restavano
abbandonate e quasi cadenti per vetustà, quando nel 1615
Geronimo Del Balzo, nobile capuano, ne domandò alle
monache di S. Chiara il patronato, come unico discen-
dente dell’antica famiglia. Egli si riattaccava ad essa per
mezzo di Bianchina, supposto figlio di Francesco I Del
Balzo Duca d’Andria, che, diseredato dal padre nel suo
testamento del 1423 (1 2) pei suoi vizi eccessivi, si sarebbe
rifugiato a Milano, donde poi i suoi discendenti sarebbero
andati a Capua. Si opposero dapprima le monache, ma poi
finirono col concedere il patronato ai nuovi Del Balzo sulla

(1) Cronicon Siculum, ed. De Blasiis, p. 16.
(2) Questo testamento è riportato dal D’Urso nella sua Storia d’An-
dria, cap. IX. Il primo a dubitare della sua autenticità fu G. Ceci
(Istituzioni di beneficenza della Città d’Andria, Trani, 1891, p. 6). Lo
stile di esso, la mancanza delle forme solite in uso in quell’epoca e
tutto il contesto mostrano chiaramente che fu foggiato per provare la
esistenza di quel Bianchina, del quale non parlano nè il Campanile,
nè il Duca della Guardia, che sono i più antichi genealogisti dei Del
Balzo. Nell’Archivio dei Principi di Leporano (arm. 1, voi. 28) ho visto
una copia del testamento, trascritta nel 1615, assieme a due diplomi
in pergamena, nei quali il Duca di Milano nomina Bianchina suo Ma-
resciallo e Castellano di Pavia, i quali sì pei caratteri che per l’orto-
grafia appariscono evidentemente apocrifi. Ho potuto consultare que-
sti documenti per la cortesia dei Sigd Principe d’Alessandria e Duca
dei Schiavi, ai quali qui rendo pubblicamente grazie.
 
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