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Napoli nobilissima — 1.1892

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RIVISTA DI TOPOGRAFIA ED ARTE NAPOLETANA

LA VILLA DI GHIAIA

Oh quanta vota, la sera, a lu tardo,
lèvemo a spasso cu tanta zetelle,
Ncopp’a li scuoglie de Messè Lunardo,
E là facèamo spuònnele e patelle!
dice un antico canto popolare napoletano (0 — Dov’erano
gli scogli di Messè Lunardo, segno di queste poetiche escur-
sioni di giovinetti e zetelle, che vi mandavano i frutti di
mare, e facevano l’amore? — Nella Villa; cioè a dire nel
mare che s’addentrava dov’ora è la Villa; e propriamente
nel bel mezzo del boschetto, dove, fino a non molti anni
sono, sporgeva la loggetta a mare.
Questo ricordo fa risorgere nella fantasia un’immagine
di quei luoghi tanto diversa dalla presente. La villa e la
riviera di Ghiaia (è inutile parlare della via Caracciolo, che
abbiam visto nascere tutti), sono, relativamente, creazioni
recenti. Nel secolo XVI cominciò a edificarsi nel borgo
di Ghiaia qualche palazzo signorile, e nel secolo seguente
s’andò man mano riempiendo e rinserrando la fila dei pa-
lazzi della Riviera : solo sulla fine del seicento, il Viceré
Medinaceli fece il tentativo di trasformare in passeggio al-
berato la spiaggia; e solo nel 1778 Ferdinando IV ordinò
l’opera della Villa; che s’è poi raddoppiata in larghezza e
lunghezza durante il nostro secolo, e, negli ultimi anni, le
si è formata accanto la via Caracciolo.
I.
Ghiaia, o play a, si trova nominata così fin dal sesto se-
colo, nelle epistole di S. Gregorio. In tempi più antichi,
per questa zona passava la via Puteolana, che da Pozzuoli
attraverso la grotta, e percorrendo una linea intorno alla
quale discordano le congetture degli archeologi, metteva
capo a Napoli, in un luogo ch’è anch’esso controverso (2).
Nel secolo XVI (che sarà il nostro punto di partenza)
la spiaggia era limitata, da parte di terra, da una fila di
fabbricati che corrispondeva, press’a poco, alla presente :
v’era già disegnata l’isola di fabbricati tra il Vico Freddo
(ora Carlo Poerió} e la Riviera : verso l’estremo occiden-
tale di quest’isola era sorta, nel 1530, la chiesa di San
Rocco, dipendente dal monastero dei SS. Pietro e Seba-
stiano. Ma le case erano piccole, e i giardini e gli orti

(1) Molinaro Del Chiaro, Canti del popolo napol., p. 238. I primi due
versi sono già citati nel 1780 dal Serio, nel Vernacchio.
(2) Beloch, Campanien, pp. 83-5, e Cocchia, La tomba di Virgilio, in
Arch. Star, nap., XIII, 642 sgg. Il Cocchia suppone che la via «seguisse a
« un dipresso lo stesso tracciato, ch’è oggi percorso dalle vie di S. Maria in
« Portico, dell'Ascensione, e di S. Teresa a Ghiaia, per quindi immettersi
« nella strada di Ghiaia ». Secondo il Beloch, poi, il posto della tomba di
Virgilio doveva corrispondere a quello dove nel 1819 sorse il tempietto dedi-
cato a Virgilio. È nota, sull’argomento, l’arguta opinione del Cocchia.

vastissimi. Dominava sulle povere case dei pescatori il pa-
lazzo, che nel 1535 apparteneva a Ferdinando Alarcon,
Marchese della Valle, e poi passò ai Mendoza, e poi ai
Torcila, e poi al Principe di Siracusa, e poi ai Compa-
gna, e finalmente al Principe di Sirignano, che lo ha ri-
fatto. Ma perchè, nel rifarlo, non ricostruire l’antico aspetto
guerresco, con una torre a tre piani e merlata all’angolo
orientale? «Fu il primo» — dice il Celano — «che
« fosse stato da signori edificato per delizie su questa
« spiaggia, e perchè non era questo luogo popolato, come
« oggi, vi fabbricò una forte torre per sicurtà in caso d’in-
« cursione dei Turchi, che nei tempi andati erano fre-
« quenti » C1).
Tirando innanzi, niente di notevole; tutte piccole case,
e non c’era una chiesa, fino al cuneo della Torretta, dove
la strada a destra menava alla Madonna di Piedigrotta, e
quella a sinistra era la spiaggia (ora via} di Mergellina.
La Torretta fu costruita nel 1564. L’anno prima, es-
sendo i nostri mari senza difesa, perchè le galee napoletane
erano andate all’impresa di Orano, i corsari ne profittarono;
e la notte del 25 maggio 1564 tre galeotte di turchi, co-
mandate dal famoso rinnegato Ucciali, e avendo nella ciur-
ma altri rinnegati, approdarono alla marina di Ghiaia. La
prima intenzione era di sorprendere nel suo palazzo la
Marchesa del Vasto, istigatore e guida dell’impresa uno
dei rinnegati, ch’era stato famiglio in quella casa. Ma la
Marchesa del Vasto, per sua fortuna, si trovava ai rimedii
d’Agnano. I corsari, delusi, dovettero contentarsi di prede
minori : quelli dei rinnegati, ch’erano napoletani, s’appres-
savano alle case, gridando agli abitatori nella lingua del
paese, di salvarsi, chè venivano i turchi! Alcuni, ingannati
dal grido, uscirono dalle loro case e furono presi; ma al-
tri, più prudenti, serrarono usci e balconi. Intanto, il Vi-
ceré Duca d’Alcalà, che dimorava al palazzo Stigliano alla
Porta di Ghiaia, sentito il rumore, « così vecchio e got-
toso, com’egli era, vi si condusse con la sua guardia»;
ed altra gente, aperta la porta di Chiaia, vi accorreva da
Napoli. Già albeggiava, e i turchi, montati sulle loro fu-
ste, si allontanarono, menando seco ventiquattro prigionieri.
Meno male che il giorno dopo fecero sapere che volevano
trattare del riscatto: il Viceré pagò una parte della ta-
glia, la Compagnia della Redenzione dei cattivi il resto;
nell’isola di Nisida si fece lo scambio dei prigionieri e
del danaro, trattando la cosa Girolamo Santacroce, « cit-
tadino napoletano, uomo intendente e di gran prattica » (2).
Ma subito dopo si mise mano alla fabbrica della Tor-
retta, di Chiaia — come si chiamava o di Piedigrotta.

(1) Celano, ed. Chiarini, V, 574.
(2) Capaccio, Il Forassero, pp. 474-5; Barrino, Teatro dei Viceré, Governo
di D. Parajan de Ribera; e cfr. Lega del bene, III, (1888), n. 37.
 
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