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Napoli nobilissima — 1.1892

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RIVISTA DI TOPOGRAFIA ED ARTE NAPOLETANA

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a cui apparteneva la Chiesa di S. Pietro Martire. Nel 1361
i Domenicani non aveano ancora caricato il loro stemma
della Stella e del Cane colla fiaccola in bocca giacente su di
un libro, che fu aggiunto in tempi posteriori.
Questa scultura è evidentemente una tabella votiva, e
l’origine di essa è così narrata dal Summonte (*).
. Conviene hormai trattar di un caso. di qualche considera-
tane successo nel tempo della Regina (Giovanna i.a). del che si
ben’infino ai nostri tempi ne appare memoria scolpita in marmo, pur
si ha per traditione passata alla memoria de gli huomini; che un
mercante chiamato per nome Francischino di Frignale (fic) essendo
rotto in mare fe’ voto di fare una memoria ad honore della SS. Tri-
nità nella Chiesa, che prima trouarebbe nel giongere al lido, e gionto
nella marina di Napoli, entrò nella chiesa di S. Pietro Martire, et
hauendo iui referite le debite gratie al misericordioso Dio, fe’ fare vna
memoria di quel suo naufragio in vna gran tauola di marmo, la quale
fin al presente si scorge fabricata nel muro auante la porta maggiore
di quella chiesa, nel cui giro vi sta scolpito la seguente iscrittione in
fauella conforme alla sua patria etc.
Chi fosse questo Franceschino da Brignale non mi è
riuscito trovare; ma dalle parole del Summonte qui rife-
rite, si può arguire che sia stato un forestiero accidental-
mente sbalzato in Napoli dopo una fortuna di mare e forse
genovese e della famiglia dei Brignole (1 2 3 4 5 6). Il Celano però
parla dei discendenti di Franceschino, donde dovrebbe con-
chiudersi che, se non napoletano, avesse per lo meno fis-
sata qui la dimora sua e della sua famiglia (3).
Questo marmo stava originariamente dentro una cap-
pella, eretta nello stesso luogo (4), che dovette esser di-
strutta verso la metà del passato secolo, quando l’archi-
tetto Giuseppe Astarita ristaurò la Chiesa riducendola nello
stato attuale e togliendo spietatamente ogni avanzo del-
l’antica architettura. E che fosse là situato anche quando
il tempio di S. Pietro Martire era nella primitiva sua for-
ma, ne fa fede l’Engenio (5), che descrive il monumento
del Brignale auante che s’entri per la porta maggiore nel
muro a man sinistra. A quel tempo sulla Porta maggiore
della Chiesa era ancora un’iscrizione del 1367, che più
tardi fu messa immediatamente sul bassorilievo della Morte,
come si vede ancora oggi nel Museo di S. Martino (6).

(1) Summonte. Historia di Napoli. Voi. 2, p. 443. Ed. Bulifon 1675.
(2) Il Perkins (Les Sculpteurs italiens, voi. 2, pag. 66) lo chiama
Francischino da Brignole, ma non dà alcuna ragione di questa sua
affermazione.
(3) . Ed un tal vecchio del quartiere dicea di avere saputo dai
discendenti di questo Franceschino che in quell’uomo, che scarica il
sacco di monete sopra un tavolino avanti la Morte vedesi il ritratto
di esso Franceschino, perchè in detto marmo era scolpito etc. Celano,
voi. IV, giorn. IV, pag. 260. Ed. Chiarini.
(4) Celano, ivi.
(5) D’Engenio. Napoli Sacra, pag. 455.
(6) Ecco l’iscrizione: ►F hoc opvs. fieri, fecit. dominus. jacobvs.
CAPANVS. DE ROCCA CILENTI. MILES. MAGNE. REGIE. CURIE.
MAGISTER RACIONALIS. AD. OHNOREM (fic). DEI. ET EJVS MATRIS AC
SANCTI PETRI MARTIRIS. ANNO DNI. MCCCLXVII. IND. XV.

Questa figura della Morte era molto popolare nel quar-
tiere, e spesso accadea che domandando un popolano da-
nari in prestito ad un altro, questi rispondea all’indiscreto:
Valli a chiedere alla Morte di S. Pietro Martire, che ne tiene
assai.
Quando nel 1862 il Municipio di Napoli, invaso da fu-
rore iconoclasta, decretò la distruzione di tutte le sacre
immagini, che si vedevano per le vie della città, una banda
di guardie municipali fu sguinzagliata, onde dare pronta ese-
cuzione al decreto. Un sergente, seguito da alcuni mura-
tori, arrivò davanti S. Pietro Martire, vide la scultura della
Morte e giudicò subito che anche essa era compresa tra
le immagini proscritte. Tosto si pose mano ad abolirla. I
muratori cominciarono a rompere il muro in giro, ma
poiché il lavoro tirava in lungo, si pensò di passare una
corda intorno al marmo e tirarlo giù: ai muratori si ag-
giunsero alcuni passanti volenterosi, e tanto fecero e tanto
tirarono, che finalmente forza rimase alla legge ed il marmo
cadde a terra, rotto in molti pezzi. Fortunatamente a Na-
poli c’era allora un uomo amante delle nostre antiche me-
morie e raccoglitore delle patrie opere d’arte. Giuseppe
Fiorelli; egli reclamò la scultura, ne riunì accuratamente
tutti i pezzi, e quando fu istituito il Museo di S. Martino,
uno dei primi monumenti collocati fu il bassorilievo della
Morte. Tranquilla e senza temere più oltre le ire mu-
nicipali, essa sta sotto l’arco d’un portico e guarda dalle
vuote occhia]e i visitatori di quel Museo, ai quali soltanto
ora dà ammonimento de jare forte in via de salvamento (x).
Ludovico De la Ville Sur-Yllon.

LE FONTANE DI NAPOLI
n.
Formello.
È la fontana poggiata alle spalle di Castel Capuano; e
prende tal nome dal vicino formale o sia acquedotto della
Bolla, che l’alimenta. Di essa si trova la più antica men-
zione ai tempi di Giovanna I, nelle opere del giureconsulto
Luca da Penne, il quale lamentava che l’acqua che doveva
servire pel pubblico, fosse deviata ad alimentare molini
privati; ed egualmente, nel 1345, a proposito di una con-
cessione fatta dalla stessa Regina Giovanna alle Monacelle
del Monastero di S. Maria Maddalena di Napoli, le quali

(1) Per la rappresentazione e le leggende della Morte nel Medio
Evo, V. l’interessante articolo di G. Amalfi, Danze Macabre nel Giam-
battista Basile, an. 1, n. 8, 1883.
 
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