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Napoli nobilissima: rivista d' arte e di topografia napoletana — 1.1892

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RIVISTA DI TOPOGRAFIA ED ARTE NAPOLETANA

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La guerra proseguì nel 1572, accorsero molti nobili ven-
turieri — i nostri volontari! — e di napoletani ve ne fu-
rono settanta, a voler contare solo quelli delle famiglie nobili
notevoli. Non mancarono nobili risoluzioni e nobili fatti.
In un consiglio di guerra, Ferrante Loffredo marchese di
Trivico e Antonio Doria marchese di S. Stefano, « uomini
« di gran giudizio e di molta esperienza nelle cose di
« guerra », sostennero che si dovevano aiutare i veneziani
con ventidue galee e cinquemila soldati napoletani coman-
dati dal Tottavilla conte di Sarno. E insieme con questi
partirono da Messina, il 7 luglio, Raffaello dei Medici Bali
di Firenze con cinquanta cavalieri, e spagnuoli e francesi
e tedeschi che ascesero a tremila. Non sembrando suffi-
cienti tali forze, si fecero pure imbarcare ad Otranto cin-
quemila fanti, comandati da Orazio Acquaviva, figlio del
duca d’Atri. Giunsero a tempo, perchè potettero difendere
alcune navi veneziane, attaccate da navi turche, le quali
si salvarono, come dice il Costo, « colla solita spareria
« di fumo per nascondere la loro ritirata ». Tutte le navi
dei collegati si ricongiunsero. Si tentò la presa di Navar-
rino ed il duca d’Atri fu eletto generale dei venturieri.
Sbarcarono tredicimila fanti con artiglierie. Ferrante Carafa
respinse valorosamente un attacco dei turchi e D. Gio-
vanni d’Austria, « invaghito », come dice il Costo, della
bravura dei soldati italiani e particolarmente di una fila di
cavalieri napoletani che era innanzi a tutti, disse loro « che
« quello era il posto degno di cavalieri ».
Se fu bella la vittoria di Lepanto, non si può dire al-
trettanto della chiesa di S. Maria della Vittoria. Eppure,
bisogna dirne qualche cosa, per la gloriosa ragione cui
deve la sua esistenza. Questa chiesa non ha facciata. Si
accede ad essa per un portico a tre arcate. Ha tre navate
e in quella di mezzo vi sono quattro colonne di marmo
oscuro con capitelli corinzii, sulle quali sorge la cupola
della chiesa. In fondo, in alto, nel muro in cui trovasi
l’altare maggiore, v’è un affresco rappresentante la Ma-
donna, circondata da angioli, alcuni dei quali scagliano ful-
mini sulle galee turche ed altri danno la palma al vinci-
tore. Veggonsi, inginocchiati, il Papa Pio V, a sinistra, e
D. Giovanni d’Austria, a destra.
Ma la presente chiesa della Vittoria non è la prima che
sorse in quel luogo per ricordare la memorabile battaglia.
Una prima chiesa con questo titolo era stata edificata nel
1573 in una proprietà del Marchese di Polignano, ed era
come intagliata nella collina di Pizzofalcone. L’officiavano
i frati Carmelitani, che vi avevano anche un conventino; ai
quali poi successero i Gesuiti, e in séguito ancora, i Teatini.
La chiesa presente, invece, fu edificata dalle fondamenta,
in sostituzione della precedente, intorno al 1628, e fu a
questo modo. Nel 1628 venne a Napoli dalla Sicilia D.a Gio-
vanna d’Austria, figliuola del famoso D. Giovanni, e rima-

sta vedova del Principe di Butera. Questa Principessa,
molto amica dei Padri Teatini, e che aveva per Padre
spirituale D. Onofrio d’Anfora, appunto di quell’ordine,
riedificò la chiesa, che ricordava la vittoria del padre, e
vi unì una casa pei frati convalescenti. E nella nostra Bi-
blioteca di S. Martino si trovano dodici lettere, scritte da
Catania, Palermo e Militello da essa D.a Giovanna al
P. preposito di S. Paolo D. Andrea Castaldo, degli anni
1618 e 1629, relative appunto alla fabbrica della chiesa
della Vittoria. L’architetto fu un allievo del famoso Padre
Grimaldi, ed è — dice il Celano — « la struttura d’essa
« molto bizzarra, perchè vedesi eretta sopra quattro gran
« colonne di marmo oscuro, molto belle ».
D.a Giovanna morì in Napoli il 9 febbraio 1630. La
chiesa fu menata a fine ed abbellita nel 1646 dalla figliuola
di lei, D.a Margherita d’Austria Branciforte principessa di
Butera. Posteriormente la facciata di essa, che doveva es-
sere volta verso il mare, scomparve, essendo state costruite
case per avidità di guadagno, per modo che non è rima-
sto se non il vestibolo a tre archi, pel quale, come ho
detto, si accede alla chiesa (0.
Nella chiesa è seppellito il Principe Camillo Massimo,
generale delle poste papaline, morto nel 1801, il quale
ebbe parte nel celebre trattato di Tolentino del 19 feb-
braio 1797, che fu concluso tra il Generale Bonaparte e
Pio VI. La lapide fu posta da suo figlio Camillo, nel 1830.
Accanto alla chiesa c’è il palazzo Maio, che fu fatto re-
staurare nel secolo scorso da Bartolommeo de Maio, e in
quell’occasione Ferdinando Sanfelice vi fece una delle sue
solite scale arditissime.
A questa famiglia apparteneva quel General Maio, che
nel 1848 si trovava luogotenente del Re in Sicilia.
Accanto al palazzo Maio, era il celebre Albergo della
Vittoria. Di esso e del suo proprietario Martino Zir, parla
Alessandro Dumas in quella sua opera molto nota, ch’è
Le Corricolo. « Monsieur Martin Zir » — dice il Dumas —
« est tout, excepté aubergiste. Cela n’empéche pas l’hótel
d’étre le meilleur hotel de Naples. Comment cela se
«fait-il? Je n’en sais rien. Dieu est parce qu’il est.
« C’est qu’aussi l’hótel est situè d’une manière ravis-
« sante : vous ouvrez une fenétre, vous voyez Ghiaia, la
« Villa Reale, le Pausilippe; vous en ouvrez une autre,
« voila le golfe et à l’extremité du golfe, pareille à un
« vaisseau éternellement à l’ancre, la bleuàtre et poétique
« Caprée; vous en ouvrez une troisième, c’est Sainte-Lucie
« avec le mellonari, ses fruits de mer, ses cris de tous
« les jours, ses illuminations de toutes les nuits.

(1) Celano, ed. Chiarini, V, 554-6; D’Engenio, Napoli sacra,
p. 191; Arch. Stor. Nap., Vili, 673; Padiglione, La Bibl. di S. Mar-
tino, p. 551. Cfr. Conforti, I Napoletani a Lepanto, nell’Appendice.
 
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