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Napoli nobilissima — 1.1892

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NAPOLI NOBILISSIMA

« Cardinale che dicono essere opera del Buonarrota; che
« nè più bella nè più spiritosa veder si può » (*).
Dunque non è da dubitare che il primitivo e vero po-
sto della statua fosse quello, e noi un po’ meno artisti di
quelli del Rinascimento, rispettiamo almeno quello che essi
fecero, se non siamo sufficienti ad emularli.
Carlo Tito Dalbono nella sua Guida di Napoli dice :
« Tommaso Malvito da Como, che eseguì e diresse i la-
« vori della Cappella, egli stesso forse, come il Bernini è
« il Fansaga e il Vaccaro architetti e scultori, fu autore
« della statua nell'indietro assai trascurata ». Ora se il
Dalbono avesse posto mente che il tergo della statua non
era destinato a vedersi, per la postura di essa, non avrebbe
censurato la trascuranza con cui fu condotta da quel lato,
per la quale invero si mostra ingiustamente severo. E poi-
ché con le parole del Celano e del Dalbono ha accennato
all’autore della statua, ti dirò con rincrescimento che non
sono giunto a trovare finora documenti pei quali mi sia
dato affermare con sicurezza il nome dell’autore (1 2).


Statua di Oliviero Carafa

(Da fotografia)

La statua, nel secolo scorso, non so da quale vandalica
mano fu tutta dipinta di rosso, forse per imitare la figura
di Oliviero Carafa nella bellissima tavola del Perugino,
ove egli, stando ginocchioni, è presentato da S. Gennaro

(1) Lo stesso dice Nicolò Carminio Falcone nella sua opera: L’intera isto-
ria di S. Gennaro, Napoli, Felice Mosca, 1713.
(2) Gustavo Frizzoni nella sua recente opera: Arte italiana del Rinasci-
mento, Milano, 1891, p. 97, propende a crederla opera del Sumalvito.

all’Assunta. La stupenda tavola fu ordinata dallo stesso
Cardinale Oliviero per l’altare maggiore del Duomo. Nel
XVI secolo il Cardinale Gesualdo, Arcivescovo di Napoli,
volle imitare Oliviero, e si fece raffigurare nello stesso at-
teggiamento sulla tela che si trova nella Cappella dei Ge-
sualdo, accanto alla tavola di Pietro Perugino. Il bel bam-
bino, che tiene nelle mani le ampolle del sangue, è il ri-
tratto del piccolo Filomarino, che poi fu Arcivescovo di
Napoli, famoso al tempo della peste. La statua del Suc-
corpo è nella stessa positura della figura d’Oliviero dipinta
dal Perugino e le pieghe dell’abito concistoriale sono iden-
tiche, onde ho ragione di credere che l’uno dei due artisti
si fosse ispirato all’opera dell’altro.
Ora è bene ricordare qualche cosa della vita di questo
Cardinale che ha non poca importanza storica, e fu tenuto
in gran pregio dai suoi contemporanei. Egli nacque in Na-
poli da Francesco Carafa, signore della Torre del Greco,
di Vico Pantano ecc. e da Maria Origlia che apparteneva
a famiglia potentissima sotto gli Aragonesi. Giovanissimo
ottenne la laurea dottorale nel Collegio di Napoli e fu
Canonico della Cattedrale. All’età di 27 anni, dal Pon-
tefice Pio II fu creato Arcivescovo di Napoli il 18 no-
vembre 1458, e quasi ad un tempo il Re Ferdinando di
Aragona lo elesse a Presidente del Sacro Regio Consiglio (*).
Nel 1467 fu creato Cardinale da Papa Paolo II col titolo
dei Santi Pietro e Marcellino (2). E non fu solamente il-
lustre per dignità ecclesiastica, ma anche per meriti guer-
reschi. Nell’anno 1472 fu condottiere di un’armata che il
Pontefice Sisto IV mandava contro i Turchi. Le cronache
del tempo dicono che quel naviglio era composto da 98
galee, delle quali 24 del Papa, 24 del Re Ferdinando e 50
dei veneziani. In quella impresa si condusse con molto
valore, ed al ritorno fu assai onorato dal Pontefice e dal
Collegio dei Cardinali. È notevole una lettera che il Car-
dinale Jacopo Piccolomini dirige al Cardinale di S. Marco,
nella quale narra della partenza della flotta e dice che il
Papa con nuovo esempio (novo exemplo^ accompagnò il
Cardinale sulla galera ancorata nel Tevere con l’altra della
flotta, lo abbracciò, lo benedisse e concesse indulgenza
plenaria a tutti i partenti. Aggiunge il Piccolomini che il
Cardinale Oliviero aveva desinato col Pontefice, e, egli che
scrive, termina dicendo che pianse per la partenza del
Napoletano come mai madre non pianse per l’unico figlio.
Questa lettera, scritta nel latino del tempo, è riportata
nell’opera del Chioccarelli, il quale riferisce pure un’altra
lettera del medesimo Cardinale Piccolomini ad Oliviero,

(1) «Et in piede delle suppliche che se li davano, si legge: Provis. per
Dom. Oliverium Archiepiscopum Napolitanum Sacri Regii Consilii Praesiden-
tem, etc. » Aldimari, Istoria genealogica della famiglia Carafa, lib. Ili, p. 9.
(2) Chioccarelli, Antistitum neapol. ecclesia Catalogus, p. 286 sgg.
 
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