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Napoli nobilissima — 1.1892

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RIVISTA DI TOPOGRAFIA ED ARTE NAPOLETANA

15

Non può d’altronde negarsi l’esistenza di valorose scuole
indigene; e lo stesso accorrere in queste province di arti-
sti d’ogni fatta, sia dalle altre parti d’Italia, sia dall’estero,
e il naturalizzarsi di molti di essi fra noi, è pruova delle
grandi agevolezze che il nostro spirito largo e assimilatore
ha fornito e ancora fornisce alle arti ed agli artisti.
Ciò non ostante accanto alla magnificenza dei sovrani,
delle corporazioni religiose, delle maestranze e dei privati
cittadini, nè solo dei nobili; accanto al gusto squisito qui
prevalente nelle più felici età dell’arte, vediamo sorgere i
più malefici influssi che abbiano mai attraversata l’arte
stessa e la sua azione civilizzatrice.

sociali, o nel decadimento di altre, o in secolari abitudini
d’indifferenza ed incuria; quale scusa potrà addursi per co-
loro ai quali venne affidata la tutela dei patrii monumenti,
e che non rare volte per futili ragioni edilizie ne decre-
tarono la demolizione?
Che diremo poi di quelli che si accinsero a restaurarli
senza preparazione di studii e di consigli, senza neppure
sospettare qual grave e delicato compito essi addossavansi ?
E veramente tanta leggerezza, per non dir peggio, pro-
dusse le distruzioni più deplorevoli, perchè fatte in nome
dell’arte.
Non intendo qui parlare delle distruzioni operate nei


Veduta della Reggia di Napoli
(Dal Barrionuevo, Panegyricus, Nap. 1616).

Dovunque l’arte ha avuto a lottare contro forze avverse;
ma contro tanti nemici in una volta non credo che abbia
mai combattuto altrove.
Qui di fatti la barbarie plebea ha distrutto per la sola
voluttà di distruggere : qui alla plebe rifatta l’antico dà ug-
gia, nè essa si accontenta del nuovo, se non quando lo
vede al posto dell’antico, e questo vede o soppresso o di-
venuto irriconoscibile. Forse meno esiziali effetti han pro-
dotti l’avidità e la taccagneria, che mutano a un vecchio
edilìzio, per ricavarne maggiori profitti, le sue forme pri-
mitive; ma di esso lasciano almeno in piedi quel tanto
che non turba i loro disegni: come minor danno ha ca-
gionato l’incuria che abbandona i monumenti all’azione
dissolvitrice del tempo e della natura; azione lenta che
dà quasi sempre luogo a riparare, almeno in parte, i gua-
sti che produce.
Ma pure se una scusa ai mali che ho deplorati può tro-
varsi nell’invincibile rozzezza e ignoranza di alcune classi

tempi andati in nome e ad onore dello stile in voga, po-
niamo che fosse il neo-classico o il barocco. Di queste
se ne contano un po’ dapertutto : furono una sciagura; ma
si spiegano e talvolta si giustificano come un segno di
molta vitalità artistica, manifestantesi con quella intolle-
ranza che noi non comprendiamo appunto perchè il vigore
ci manca.
Del resto mentre noto l’assenza di stile, l’indecisione e
lo sforzo, che sono i mali caratteristici dell’arte odierna,
debbo riconoscere che ci fu dato in compenso il culto
sapiente ed appassionato dell’antico.
Giammai furono possibili restituzioni storiche simili a
quelle che l’età nostra vide iniziate e compiute. Eppure,
salvo alquanti splendidi esempli di restauri, generalmente
qui da noi la via che si segue è tutt’altra da quella che
la dottrina storica dei tempi ci addita. Un tal fatto non
va certo attribuito all’insufficienza degli artisti : la causa
di esso è riposta in un complesso di perniciose influenze,
 
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