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Napoli nobilissima — 1.1892

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NAPOLI NOBILISSIMA

Corredino fin al suo tragico scioglimento e i dipinti ave-
vano appiedi la firma del conte Girando: a’ tempi nostri
questa, se ci fosse rimasta, sarebbe stata una memoria
magnifica, tale da mover tutto un pellegrinaggio di fore-
stieri. Ma la piazza del Mercato già da un pezzo era ma-
ledetta; nel 1655 essa dovette fin offerire ai cadaveri che
la peste disseminava per la città le sue quattro fosse del-
l’annona che si riempirono di ben 47 mila corpi infradi-
citi : e da quel tempo il luogo ebbe la triste denominazione
di Morticelli. Scamparono dalle rovine che il fuoco aveva
disseminato nella piazza, al 1781, la colonna di porfido e
la croce : scampò pure un ceppo che si crede sia quello
della fondazione medesima della cappelletta del de Persio.
Altri lo crede quello sul quale posò la testa, dandola al
carnefice, Corredino di Svevia, e con questa credenza si
reca a visitarlo nella chiesa di S. Croce del Purgatorio. Il
ceppo è un tronco cilindrico di travertino sulla cui faccia
superiore si vede una corona d’alloro che, sotto, ha uno
scudo : questo è la pelle distesa del bue, stemma dell’arte
de’ cuoiai. Attorno v’è inciso :

HOC. OPVS. F.

. . INICVS. COIRAR. MCCCCLXVIH.


Monumento a Corradino di Svevia
nella chiesa del Carmine
(Da fotografia diretta).

Questi resti del mo-
numento che la pietà
d’un semplice lavora-
tore di pelli volle in-
nalzare alla memoria
dello sciagurato svevo,
furon visitati, nel 1832,
da Massimiliano Au-
gusto, principe eredi-
tario della R. Casa di
Baviera, capitato a Na-
poli in quell’anno. E
com’egli cercava pur
nella chiesa il tumulo
del suo antenato, nulla
gli si potette mostrar,
da prima, se non una
iscrizione di Michele
Vecchioni, che lo ri-
cordava. Fu riletta la
Cronistoria. E vi si
trovarono queste indi-
cazioni :
«. Dietro l’altare
« maggiore vennero
« seppelliti il re Cor-
« radino et il duca

« d’Austria Federigo dove sono stati fin al secolo cor-
« rente, nel quale, sotto li 30 d’aprile 1631. havendo
« determinato il Nostro R. Convento con l’intervento del
« M. R. P. M.ro Gio. Michele de Rossi, figlio del Con-
« vento e Proc. Gen. dell’Ordine, che si abbassasse il
« Pavimento dietro l’Altare Maggiore stante l’indecenza
« che faceva il vedersi i Sottosacrestani con le spalle ò
« voltate al SS. Sacramento nel celebrarsi all’Altare Mag-
« giore, ò pure alla Madre S. S. per causa d’accendere
« i lumi e così si fece ecc.
« .... in qualsivoglia modo che sia è certo che fù bas-
« sato il Pavimento sino al segno che oggi si vede, e nel
« sfabricarsi si ritrovò una cassa di Piombo lunga palmi
« sei con qualche vantaggio et alta palmi due e mezzo e
« sopra vi erano intagliate tre lettere cioè R. C. C. che
« significavano Regis Corradini Corpus. S’aprì e vi si ri-
« trovarono Possa tutte e tutte spolpate e la testa stava
« intiera anco con li denti e mostrava esser cranio di gio-
« vane e stava situata sopra le coste del petto. Vi era la
« spada la quale stava senza fodero divorato forse dal
« tempo però la lama o il ferro era così lucido e pulito
« che pareva allora uscito dal Maestro. Vi si vedevano pure
« alcuni frammenti di veste che toccandosi si riducevano
« in cenere onde fu ricoverto et accomodato come stava
« e posto nel fondo ove al presente si conserva. Più in
« dentro à man sinistra e proprio sotto l’altarino della
« nostra SS.ma Immagine si vedeva l’altra cassa del depo-
« sito del duca d’Austria Federico, la quale non fu toc-
« cata per non tormentare la fabbrica dell’altarino. »
Anche il Celano, che parla di questo primo scoprimento,
dovette esser consultato : è certo che Massimiliano, fatto
cavare il pavimento nel posto ove, alle spalle dell’altar
maggiore, è la Madonna, vi ritrovò due casse di piombo,
la prima lunga sei palmi ed alta due e mezzo, l’altra lunga
e larga a un dipresso come quella, ma che in nessun modo
potette venire aperta. Nella prima, sul coverchio della quale
si rinvennero le tre iniziali R. C. C. eran poche ossa, de’
frammenti di vesti che si sciolsero all’aria viva, un cranio,
de’ bianchi denti ancor attaccati a una mandibola. Questo
rimaneva di Corradino di Svevia : la spada era scomparsa.
Or il biondo svevo ha un tumulo più degno, le sue po-
vere ceneri si raccolgono in un’anfora chiusa nella base
del monumento che Massimiliano di Baviera gli fece in-
nalzare da Alberto Thofwaldsen, uno scultore che fu il
Canova del suo paese. Egli modellò la bellissima statua
di Corradino, e Pietro Schoepf, da Monaco, poi che la
morte aveva colto il Thorwaldsen, eseguì tutto il resto
dell’opera, la cui inaugurazione ebbe luogo nel 1847.
Ora Corradino di Svevia mite e sereno nell’aspetto, la
celata a’ piedi, la corona in su la testa, è lì nell’antica
chiesa del Carmine a dirci che certe gentili storie non
 
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