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Napoli nobilissima — 1.1892

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RIVISTA DI TOPOGRAFIA ED ARTE NAPOLETANA

4i

Non so se fu fatto l’esperimento delle fosse a Pizzofal-
cone e fuori la porta di s. Maria di Costantinopoli; nei po-
chi documenti, che ho trovato intorno ai granai pubblici,
si fa sempre menzione delle fosse, senza indicazione del
luogo nelle quali erano. Ciò mi fa intendere, che le fosse
non furono costruite in siti diversi, e che fin dal principio
furono scavate presso le mura fuori la Porta Reale.
Certa cosa è, che pochi anni dopo il lavoro era stato
eseguito, e si costruiva un’abitazione pel guardiano « nel
« loco dele fosse, novamente fatto dove stanno deposti li
« grani », come leggesi in una conclusione del 2 decem-
bre 1577 (x). Gli Eletti deputarono per guardiano Giovan-
nangelo Pallone, ma poco appresso si fece innanzi Gio-
vannangelo Giovane, il quale voleva l’ufficio di guardiano
pagando diciotto ducati l’anno di pigione per « l’habita-
« tione che ha da venire sopra lo portico et altra fabrica
« che è prencipiata in detto loco con darci comodità
« d’acqua ». Gli Eletti accettarono la proposta il dì 27
gennaio 1578 (1 2 3 4).
Questa povera notizia ci fa intendere, che c’era un por-
ticato nel pubblico granaio, ed un’abitazione sopra.
Qual era la capacità delle fosse? Gli Eletti il 24 luglio
1587 ne prestarono a Muzio Bozzuto due capaci di to-
mola quattromila, ed altre al Marchese d’Anze (3). L’uso
era invalso fino dai primi tempi, nei quali furono esse
cavate, forse perchè la città voleva assicurarsi, che fossero
asciutte, per non mandare a male il frumento.
E a questo punto incontro con piacere il nome d’una
famiglia di patrizii napolitani, la cui memoria è benedetta
per i grandi beneficii arrecati a Napoli. Intorno agli edi-
fici! dei granai pubblici si adoperava con grande cura e di-
ligenza Pompeo Carmignano, e per questo gli Eletti il dì
5 maggio 1576 gli prestarono gratuitamente due fosse, al-
tre ne concessero a Muzio Macedonio ed a Girolamo Gri-
maldi, ma col pagamento di dieci ducati al mese per
una (4). Un appuntamento degli Eletti del dì 26 giugno
1578 ci rivela in parte ciò che Pompeo Carmignano fa-
ceva pel bene pubblico. Lo riferisco intero.
« Per l’Ill.mi Signori Eletti con Intervento dell’Ill. Si-
« gnor Regente Salazaro havendo il Sig. Pompeo carmi-
« gnano proposto adecti signori come desiderava che si
« facesse experientia come si fosse conservato il grano
« dolce di terra di lavoro nelle fosse di questa Città, et
« Tutto per benefitio di essa : È stato concluso che detto
« signor Pompeo si possa pigliare si come da mo se li

(1) Ivi, Conclus. I, 151 t.
(2) Ivi, 153.
(3) Ivi, 156 t.
(4) Ivi, 143 t. Il dì 5 gennaio 1579 gli Eletti deliberarono che le fosse « non
« s’habbiano nè possano prestare a persona nesciuna ». Ivi, 164: ma il 19
di maggio revocarono la deliberazione. Ivi, 167 t.

« concedono altre quattro fosse con che tre di esse l’habia
« da far Impire di grani dolci Impagliate dalle persone
« che li parerà, et l’altra fossa l’habia da Impire di grano
« dolce, e, forte a sua Elettione senza altramente, Impa-
ct gliarse, et ci debiano stare detti grani reposti In dette
« fosse non meno di un anno fra il qual tempo, li sia
« licito volendo fare tutte quelle prove che li venera Co-
te modo, et ritrovandosi II grano che non si conservasse
tt bene In tal caso ne lo possi far Cavare etc. » (x).

Gli esperimenti dei granai pubblici eran stati favorevoli
ed il dì 16 settembre 1587 gli Eletti conclusero « che se
tt debiano fare vinte altre fosse per servitio de questa fe-
ce delissima Città per conservare detti grani, con che il
« Magnifico Vincenzo della Moneca vadi ad riconoscere
« il loco dove meglio potrando venire, et dopoi farne re-
tta latione a detti Signori per possernosi ponere In execu-
« tione »(2). Così troviamo adibito all’opera dei granai lo
stesso ingegnere, che ebbe parte alla costruzione delle Ci-
sterne dell’Olio (3).


Or ricostruiamo i
granai. Nella tt Pian-
te ta topografica del-
tt la sezione di s. Lo-
tt renzo » fatta nel
1798 e conservata
nell’Archivio di Sta-
to (4), appare, che l’e¬
dificio, o la machina,
come sogliono dirla
gli scrittori antichi
delle cose nostre, era
divisa in due parti:
l’antica, quella, alla
quale si riferiscono
i documenti, si e-
stendeva ad occiden-
te delle mura della
città nella parte op-
posta ai monasteri
di s. Giovanni Batti-
sta e di s. Maria di
Costantinopoli. Met-
teva capo alla bastia
verso settentrione,

(1) Ivi, 159.
(2) Ivi, 157 t.
(3) Cfr. Faraglia, Le cisterne dell’olio, 1. c.
(4) Abbiamo preferito questa pianta a quella del Duca di Noia, perchè
più precisa.
 
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