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Napoli nobilissima — 1.1892

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RIVISTA DI TOPOGRAFIA ED ARTE NAPOLETANA

Il Campanile del Carmine
(Da fotografia).


in archi di cappelle, a destra e a manca, assorgenti, liberi,
al loro culmine acuto e generanti volte del medesimo
sesto : troverebbe, corrispondenti ad ognuno d’essi, fine-
stroni lunghi e stretti, pe’ quali una luce discreta penetrava
appena nella chiesa, lasciandole così l’alto mistero sacro
della sua penombra silenziosa. E tra finestroni ed archi,
chi seguitasse a riandar con la fantasia tra la semplicità
della forma antica, vedrebbe correre in giro una luminosa
balaustra, composta di bastoni di ferro qua e là rivestiti
o congiunti da fregi di ottone risplendente — un vero
merletto a traforo, sul fondo grigio e nudo della pietra di
peperino. Da quella balaustra pendevano, ne’ giorni solenni
del tempio, drappi e festoni fin a terra e lungo codesta
serica parete e sopra di essa la grande scenografia de’ si-
gnori, degli armati, de’ monaci, pigliava rilievo, trascor-
rendo. Con lo scarso lume del giorno quel delle torce e
delle lampade combatteva; il pavimento suonava di spe-
roni, un sussurro si levava nella grande navata e un pro-
fumo d’incenso, commisto all’alito greve de’ ceri, lenta-
mente saliva fin al soffitto, le cui travi scoperte si deco-
ravano d’immagini e di gigli. E di su il maggiore degli
altari, tra una vivida aureola, la Vergine Assunta splen-
deva.

*
* *
Tale dovette rimanere la chiesa del Carmine fin quasi
a mezzo del secolo XV : il così detto risorgimento del-
l’arte non penetrò in essa nè mutò forma alla sua com-
pagine interiore se non quando la casa d’Aragona prese
stanza a Napoli. Fin a quel momento non una ma ben
due immagini vi furono adorate e benedette: la Madonna
Assunta, nel tempio nuovo, e la piccola Madonna della
Bruna, che aveva dato origine a tutto il santuario e ch’era
venerata giù, nella grotta, sotto la chiesa nuova. Il Filan-
gieri trova ragione di credere che l’accesso alla grotta
medesima fosse da uno dei lati dell’altare maggiore o da-
vanti all’altare stesso e conforta l’asserzione con documenti;
tuttavia di questi non trovo, nell’interessante e minuzioso
lavor suo, che dicano come, precisamente, quella bisogna
seguì, come, con l’andar degli anni, la grotta sparisse in
tutto. A ogni modo s’ha da credere che il sacro fosso
di quella specie di succorpo fosse stato colmato: oggi non
ve ne rimane alcuna traccia.
Ma, delle vecchie cose del tempio, l’immane Cristo
crocefisso, che dovea trovarsi, secondo il costume e la
disposizione delle basiliche antiche, sull’architrave attraver-
sante l’abside — o, come il Moscarella afferma nella prima
parte della Cronistoria, sulla porta maggiore della chiesa
— ben è rimasto, vincendo l’ingiuria de’ secoli. E quel
Cristo ha una storia miracolosa pel popolo, contraddicente,
d’altra parte, all’asserzione del Moscarella. Voglio dire che
costui nel ritenere che il crocefisso avesse dovuto trovarsi'
sulla porta maggiore della chiesa, si sbagliò. Nel 17 di
ottobre del 1439 Napoli, com’è risaputo, era assediata
dagli Aragonesi da un pezzo: parte dei soldati d’Alfonso,
comandata dal fratello di lui, Pietro, s’era disposta a gruppi
nel luogo detto allora la Mandra vecchia, e che ora è
chiamato Borgo Loreto. Una bombarda, che l’infante don
Pietro aveva, lì, fatta piantar con la bocca rivolta al bastione
cui s’addossava la chiesa, minacciava gli assediati, molti
de’ quali, gentiluomini del seggio di Portanova, s’erano
appunto raccolti nella chiesa stessa a invigilarla. Improv-
visamente un colpo partì dalla bombarda : il proiettile forò
il muro del bastione, penetrò in quello della tribuna del
tempio, e sfiorò, passando oltre, la testa del Cristo, così
da portarle via parte de’ capelli e la corona di spine.
Quindi cadde, con gran romore, sopra certe tavole dentro
la ecclesia, dice la Cronistoria.
Il Cristo non si trovava, dunque, sulla porta maggiore
del tempio : la palla sacrilega non lo avrebbe colpito : Egli
— e qui è la circostanza miracolosa — al romore dello
scoppio, mentre era con la testa, come fu scolpito, rivolta
nell’alto, ove pur gli occhi si levavano come a pregar l’E-
terno Padre, chinò il capo sull’opero destro e schivò l’urto.
 
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