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Napoli nobilissima — 1.1892

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NAPOLI NOBILISSIMA

donò i primi modelli delle statue, che suo padre poi donò
a sua volta a un gran Ministro, e per tal modo passarono
in Ispagna. Entrambi si effondono in rimproveri contro il
Vasari, che cercò con ogni mezzo — secondo essi — di
nascondere le glorie dell’arte napoletana.
Ed entrambi recano, inoltre, una prova negativa, ch’è
questa: il Montorsoli scolpì le due brutte statue di S. Ja-
copo e di S. Nazario ai lati dell’altare maggiore della stessa
chiesa : e l’autore di quelle due statue non potè essere
l’autore del bel monumento. Ma di questa prova non bi-
sogna tener nessun conto, perchè non risulta da niente
che quelle due statue sieno opere del Montorsoli, e costui
era — autore o no del monumento del Sannazaro — in-
dubbiamente valoroso scultore, com’è noto per l’altre sue
opere.
La diffidenza contro il Vasari si giustifica poi in questo
caso meno ancora che in altri. Il Vasari avrebbe, conscia-
mente, tolto al Santacroce il merito d’un’opera di capitale
importanza: a quel Santacroce ch’egli pure esalta in tutti
i modi, e del quale scrive che : « se Girolamo viveva, si
« sperava che. avesse a superare tutti gli artefici del
«tempo suonf1)!
Resta l’autorità del Curia, pittore: ma gli artisti napo-
letani, dalle cui fila uscì poi il falsario De Dominici, troppe
volte si son dimostrati poco esatti e scrupolosi nelle affer-
mazioni concernenti l’arte del paese. E resta quella del
padre e del bisavolo del Celano : la quale consideri il
lettore quanto valga: è come se io, ora, nel 1892 (ap-
punto il Celano scriveva nel 1692), mi riferissi alla tra-
dizione di mio padre e del mio bisavolo, per fatti avve-
nuti circa il 1730, al tempo cioè della guerra della suc-
cessione di Polonia e della venuta di Carlo III nel Regno!
Il De Dominici — che, al solito, sa tutto per filo e
per segno — risolve la questione col raccontare come,
apertosi il concorso per l’opera, gli esecutori testamentari
del Sannazaro avrebbero voluto affidarla al Santacroce, e i
frati al Montorsoli. I due artisti si accordarono di lavorare
insieme; ma, morto poi il Santacroce, il frate compiè l’o¬
pera : così si spiegherebbe come il modello, posseduto dal
padre del Celano, fosse del Santacroce. Ciò risulta — dice
il De Dominici — « dallo strumento che nell’archivio
« della chiesa del Sannazaro da que’ frati conservasi, ove
« chiaramente leggesi la convenzione di questi due arte-
« fici virtuosi » (2). — È bene notare, di passaggio, che
io ho frugato tra le carte del Monastero di S. Maria del
Parto, che ora si conservano nel Grande Archivio, e non
ho trovato l’istrumento del quale parla il De Dominici.

(1) Vasari, V, 93-5.
(2) De Dominici, Vite, 2.a ed., II, 155-7.

Ora, se vogliamo stare al peso delle autorità, non si
può non riconoscere come autore del monumento il Mon-
torsoli. Il De Stefano l’afferma indipendentemente dal Va-
sari; quest’ultimo ne scrive con tanti particolari, si mostra
così bene informato, che non è possibile credere che sba-
gliasse per ignoranza. Si noti, tra l’altro, quel che accenna
dei mille scudi, prezzo dell’opera, il che coincide coi mille
ducati, assegnati dal Sannazaro, pel suo sepolcro, nella do-
nazione ch’ei fece ai frati Serviti, come risulta dal docu-
mento che citeremo più innanzi. Nè è facile pensare a
mal animo del Vasari contro il Santacroce, per le ra-
gioni che abbiam dette. Sul monumento poi è inciso il
nome del Montorsoli : perchè i frati avrebbero mentito, o
lasciato mentire, così sfacciatamente? Tanto poteva lo zelo
per la gloria del loro ordine?
Contro queste autorità, non abbiamo se non una tradi-
zione, che per una parte mette capo al pittore Curia, e
per l’altra al bisavolo del Celano; ed è troppo poco.
Ma non è proprio possibile che il Santacroce avesse ef-
fettivamente parte nel lavoro e ne apparecchiasse il dise-
gno, e ne lavorasse alcune parti; e che il Montorsoli com-
pisse l’opera; e che i frati Serviti, per amore del loro cor-
religionario, nascondessero ciò che spettava allo scultore
napoletano; e che traessero in inganno il De Stefano; e che
il Vasari si lasciasse ingannare, o volesse ingannare? —
Io non dico di no: ma non veggo, nei dati che abbiamo,
nessuna ragione seria di accogliere queste ipotesi.
Se poi si passi all’esame del monumento, come si può
negare che le due statue deW Apollo e della Minerva sieno
opera di uno scolaro di Michelangelo? — E scolaro del
Buonarroti fu appunto il Montorsoli.
E il bassorilievo? Non si può escludere assolutamente
che possa essere opera di altra mano. Ma anche il Per-
kins, che, poggiandosi sul De Dominici (a que’ tempi gli
si credeva ancora!), l’attribuisce al Santacroce, pur nota
che in esso c’è « une étude de l’antique qu’on ne rencon-
« tre dans aucune autre oeuvre de l’école napolitaine;
«. ici encore nous retrouvons les traces de l’influence
« de Michelange dans l’indication des muscles, dans la
«« pose des mains » C1). E non si trova poi riscontro di
stile tra esso e le altre opere conosciute dal Santacroce.
Per tutte queste ragioni, io propendo a credere il monu-
mento, nella massima parte, opera del Montorsoli; il quale
si fece aiutare da altro artista per ciò che riguarda i pezzi
architettonici e gli ornati, — come c’informa il Vasari —;
e forse per le statuette dei puttini, che son di mediocre
lavoro (2).

(1) Perkins, o. c., pp. 77-8.
(2) Il Baldinucci riferisce che tra le prime opere fatte da Barto-
lomeo Ammanati (1511-92) furono « tre statue quant’il naturale, che,
 
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