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Napoli nobilissima — 1.1892

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NAPOLI NOBILISSIMA

Il secondo danno derivante dal sito scelto per il palazzo
è Tessersi guastato più della terza parte del parco, « che
« era dei più belli di questo regno e si potria ancor dire
« forse d’Italia, che era il refrigerio di tutti li signori Vi-
« cere che sono venuti in questo regno, et in particolare
« del signor Conte de Miranda, che io so quanto in esso
« ci si dilettava per farlo ben tenere, adornare et go-
« vernare. »
Viene in terzo luogo notato che a voler proseguire la
fabbrica del palazzo sarà necessario di abbattere la fonde-
ria delle artiglierie quivi presso situata, pel cui impianto
si spesero settantamila ducati, e non se ne potranno spen-
dere meno di centomila per trasportarla altrove.
Oltre a ciò per voler fare l’altro braccio del palazzo,
dalla parte dove si era incominciata la cappella, è forza
dare a terra il palazzo vecchio, e ciò vien deplorato non
per la distruzione in sè stessa, ma perchè « in esso vi
« si è speso una infinità di migliara di ducati et assai
« più di quello che si può immaginare; poiché non passa
« anno che non ci si spendino migliare de ducati, essen-
« doseli del continuo fatte cose nove .... »
E segue a dire che già s’era dovuto abbattere il tor-
rione del Palazzo Vecchio di contro a Santo Spirito, il che
viene anche disapprovato per ragioni utilitarie e non este-
tiche, cioè perchè in quel torrione « erano molte camere
« che rendevano buonissima commodità all’appartamento
« delli Vice Re.» Al quale proposito cita niente
meno che Leon Battista Alberti, il quale dice « al libro
« terzo, capitolo primo, che non si deve mai dare a terra
« fabbrica vecchia che prima non sia fatta l’istessa como-
« dità nella fabbrica nova . . . . ».
Qui seguono le parole da me riferite in principio, con le
altre gravi accuse già dette; indi si spiega come l’aggiusta-
mento della porta di mezzo del palazzo non fu che un ri-
piego per correggere un errore commesso nel primo di-
segno. L’errore fu di non aver distinto in modo alcuno
l’arcata, che doveva servire da ingresso principale, dalle
altre che si succedono lungo il fronte del prospetto. Allora
« essendo stato avertito da qualche bello ingegno, che ha-
« veria desiderato sapere dove haveva da stare la porta
« principale, si risolvè delle tre archate nel mezzo della
« facciata di ristringerle in una et dello restante che li su-
« però ha fatto quelle due statue, le quali dimostrano che
« lo aiutano a sustentarli quella fabbrica. »
A me non pare che con questo mutamento il prospetto
del palazzo ci abbia guadagnato. Quella prima idea d’un
portico non interrotto per tutta la lunghezza dell’edificio
non mi dispiace niente affatto. Ma fosse stata pure da ri-
gettare, fu peggiore il rimedio che il male. Di fatti nel-
l’aggiustamento centrale dell’edificio, ora che sappiamo
come e perchè fu a quel modo improvvisato, ci si scopre

facilmente la pecca d’origine, la sua insufficienza a inter-
rompere come si conveniva una linea cotanto lunga di fab-
brica. Un tal difetto è stato rilevato in un recente libro
del Gurlitt (*), che non ebbe bisogno per scoprirlo della ri-
velazione fattaci dal Cavagni.
Le due statue ai lati della porta principale non so fino
a che tempo vi stettero.
Il Fontana nell’ultimo capitolo del citato suo libro, ch’è
intitolato: Dichiaratione del nuovo Regio Pedaggio cominciato
nella piazza di San Luiggi, così ne fa cenno :
A man dritta di detta porta vi è una statua che significa la Reli-
gione, et a man manca ve n’è un’altra che significa la Giustizia, quali
son fatte di stucco, che servono per modelli, et si haveranno poi da
fare di bronzo.
Rispetto alle arcate e al portico, il Fontana ne ragiona
poco appresso a questo modo :
Ha di più una bellissima loggia sotto, nella facciata d’avanti, fatta
tutta ad arcate.... la qual loggia è fatta per commodità del numeroso
popolo che va a negotiare con il prencipe, sì per li tempi buoni come
per li cattivi, e serve anco per potervi stare al coverto li soldati che
stanno giornalmente di guardia.
Il Cavagni invece, a tal proposito scrive :
Et. quelle archate, per quanto è lunga tutta la facciata, a che al-
tro potranno servire se non per refugio della maggior parte delli pez-
zenti et amorbati di questa città, solo per farvi continuamente una in-
finità di immonditie?....
Nè solo per questa ragione biasima il portico; ma per-
chè « tutte quelle stanze delli mezzanini che hanno le fi-
« nestre sotto le dette archate siano più a proposito per
« farne criminali per carcere che stanze per habitare, sì
« come io l’ho anco sentito dire più volte da persone di
« qualità et officiali principali di Sua Maestà.... »
E altrove aggiunge :
.... Non piaccia mai a Dio benedetto di qualche guerra, quelle ar-
chate seriano bastione delli nemici ad facilmente intrare con buttare
a terra la fabrica, et entrati che fussero nel parco seriano ancora in
Castello con molta facilità....
Fin qui la critica del Cavagni si è esercitata soltanto in
invettive, in accuse acerrime per quanto poco credibili ed
in ragioni che non hanno troppo che vedere con l’arte e
con la tecnica. Seguiamolo adesso in quest’ultimo campo,
dove, a dir vero, possiamo solo in parte apprezzare la ra-
gionevolezza delle sue osservazioni : poiché lo stato attuale
dell’edificio non corrisponde con quello che fu in allora.
La schala che si ritrova entrando dentro a man diritta, a che altro
serve che per dimostrare la falsità di quel muro dell’altra loggia verso

(i) Gurlitt Cornelius, Geschichte des Barocpstilcs in Italien. Stuttgart,
1887, p. 216-217.

0. B. HEIDELBERG
 
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