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Napoli nobilissima — 1.1892

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RIVISTA DI TOPOGRAFIA ED ARTE NAPOLETANA

ioi

il cortile del parco che le sta di contro, il quale non cantina a pro-
portione con quest’altea ? Che si haverà da dire delle archate attorno
al cortile, delle quali alchune sono maggiore e altre minore? Cose
che non sono state mai usate da boni architettori così antiqui come
moderni, et nel ordine Dorico, nel quale ci vanno tante osservanze
de misura che come si escie da quelle l’architettura resta falsificata e
non vale. O che bella cosa è vedere in questo ordine una metopa
quadra et l’altra lunga, le quale sono nel fregio sopra le dette archate,
che vogliono essere tutte uguali et agiustatissime! Saiimo la schala
principale per ascendere al piano di sopra et trovaremo si bene la
porta della sala, che sta incontro alla detta schala; ma non ci si tro-
vata già la finestra che haveria da rispondere alla piazza, et doveria
esser incontro di detta porta. Ma in cambio ci si trovata un staffio
di muro che vi toglie la vista che vi haveria da essere, et si anda-
tele rivedendo li muri che divideno le stanze di questo principale ap-
partamento, credo che se ne trovaranno pochi che stiano posti sopra
li vivi delli muri che nascano di sotto, et che la maggior parte di
essi stiano posti in fallo. Il che per forza bisogna che con il tempo
questa fabrica faccia qualche notabil motivo.


(Dal frontespizio dell’opera: Della trasportatione dell’obelisco vaticano, et
delle jabriche di Papa Sisto V, jatte dal Cavalier Domenico Fontana. In
Roma, MDXC).

In quest’ultima previsione il fatto diede pur troppo ra-
gione all’implacabile critico. Il movimento, o come una
volta dicevano motivo, si verificò minaccioso nelle fabbri-
che e vi fu dato opportuno riparo dal Vanvitelli, come è
noto. Sicché non senza una qualche ragione esclama il
Cavagni :
Adunque si ha da credere chiaramente che costui non ha studiato
in questa scienza; chè se ciò havesse fatto haveria tenuto memoria di
quelli testi che dicono che il buono architetto deve essere più tosto
timido che soverchio audace, perchè di questa maniera se va rego-
lando con far le sue cose considerate et bene agiustate, et con la sua
debita simetria. In una cosa sola conosco et confesso che quest’homo

ha avanzato li altri architetti passati et presenti, et è nella prosuntione;
perchè quelli doppoi haver fatto qualche degno edificio si sono con-
tentati, doppoi haverli fenili, di farce una sola memoria del architetto
che l’ha fatto, et questo senza tanto aspettarne il fine ha voluto farne
memorie in quattro lochi, le quali si vedono scolpite in quattro delle
base di marmo delle colonne di fuori. Similmente fece per il Molo di
Napoli, il quale non così presto fu incominciato, si fece stampare una
quantità di medaglie di diversi metalli, et anco per quanto ho inteso
alchune di argento, che da una parte vi ha fatto scolpire il suo ri-
tratto et dal reverso ci ha fatto scolpire il novo Molo, le quali ha
fatte fare per mandarle distribuendo per il mondo. Il quale mi pare
che habbia fatto come alchuni che hanno voluto trionfare prima di
havere ottenuto la vittoria. A talché in questo esso è unico et non
nell’architettura.
Finalmente ecco il Cavagni venire alle pruove dei fatti,
e contrapporre all’opera fatalmente intrapresa dal suo for-
tunato avversario un molto ragionevole progetto, già da
lui ideato, circa « il sito più conveniente per fare questa
« fabrica, così per essere più vista, di più consideratione
« et più goduto dal pubblico, come anco di manco spesa
« e danno della Regia Corte ». Questo progetto venne a
suo tempo presentato e discusso, e l’autore ci dice di a-
verne parlato « alla beata memoria del Regente Fornaro
« che in quel tempo teneva carico in tal negotio, et a
« molti altri signori inanzi che si incominciasse tale edi-
« fitio ». Aggiunge di aver suggerito che si fosse guar-
dato molto bene prima di attenersi ad un disegno qua-
lunque, e che dopo aver preso parere da molti, esperti
nella professione dell’architettura, si fosse aggiustato un
buon disegno e fattone anche un modello, per potersi in
ogni tempo continuare l’opera senza deviare dalla primi-
tiva idea. Ma in questa Napoli le cose sono andate sem-
pre a un modo. Quando un giorno si scriverà la storia
delle attuali trasformazioni edilizie della nostra città, quanti
fatti si dovranno notare simili a questo accaduto nel
1600! (T). Il Fontana s’imponeva a tutti e «senza altro
« parere incominciò, con dire che quello che non faceva
« esso non lo posseva fare nessuno altro homo del
« mondo.... ».
Per intendere ora in che consistesse il progetto del Ca-
vagni figuriamoci, come erano a quei dì, e il luogo dove
sorse la reggia e i dintorni di esso.
Tutta l’area dove si estende ora il palazzo con le sue
adiacenze insino a Castel Nuovo, formava come un trian-
golo, ed era quasi tutta occupata dal parco, che abbiamo
visto innanzi tanto decantato. A un angolo del detto suolo,
corrispondente all’attuale piazza di S. Ferdinando, era il

(1) Chi se ne vuol convincere faccia di vedere il progetto di Giu-
seppe Pisanti pel risanamento di Napoli, messo da banda per dar
luogo a quello adottato. Ragioni di estetica, d’igiene, di economia do-
vevano tutte far dare la preferenza al primo, che risolveva totalmente
e radicalmente il nostro eterno problema edilizio. Eppure non fu così!
 
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