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Napoli nobilissima — 1.1892

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io8

NAPOLI NOBILISSIMA

S. Giuseppe. Vi era una squisita pittura di S. Cecilia che
suona l’organo, attribuita a G. B. Caracciolo (0; una Ver-
gine col Figliuolo morto attribuita nientemeno che al Li-
bera; e poi un S. Giacomo che mette in fuga i Mori, una
Sacra Famiglia e una Madonna del Carmine, sui quali non
possono dare nè anche una congettura. Un sol quadro era
firmato e rappresentava la Vergine del Rosario dipinta nel
1657 da Luca Giordano. Di un altro non può mettersi
dubbio l’autore, giacché era ancora vivente mentre si pub-
blicava l’opera del de Dominici : Michelangelo Schilles vi
aveva dipinto un’immacolata Concezione « di tanta per-
fezione che da molti è stato creduto opera del Solimena »
del quale egli fu discepolo prediletto (1 2 3 4).
Ma un tempio più grandioso, S. Maria degli Angioli,
sorse nella fine del secolo XVI per opera di Donna Co-
stanza del Carretto.
Secondogenita di Marco Antonio, che aveva aggiunto al
cognome avito quello dei Doria per l’adozione di Andrea
D’Oria Principe di Melfi, Donna Costanza aveva sposato
il Principe di Sulmona Don Carlo de la Noy, nipote del
Viceré dello stesso nome. Dopo cinque anni di matrimo-
nio, rimasta vedova e senza figliuoli, ritirossi presso il
padre nel Genovesato, da dove nel 1587 tornò a Napoli.
Cercava ristoro alla salute affranta nell’aria pura e nella
posizione ridente del suo palazzo su Pizzofalcone, e un
conforto ai dolori dell’animo nella beneficenza. Dispensò
ai poveri ben quarantamila ducati, stipendiò quattro infer-
miere per l’Ospedale degli Incurabili, e al monastero
delle pentite annesse a questo Ospedale aggiunse un no-
viziato, dotandolo con dodicimila ducati. Fondò inoltre il
Conservatorio del Rifugio a via Capuana per le misere
cadute, al quale donò in morte trentamila ducati, e faci-
litò la venuta a Napoli dei padri Ministri degli infermi,
concorrendo alle spese della loro installazione (3). Avendo
comprato nel 1587 dai Gesuiti una casa, poco lungi dal
suo palazzo, la donò nel 2 settembre alla Religione Teatina
coll’obbligo di fondarvi un convento e di fabbricarvi vicino
una chiesa. Erano appena istallati i Teatini, quando la pia
donna, il 24 ottobre 1591, moriva « di una molto com-
passionevole infermità, in modo che havea tutto il suo
«corpo coverto di bove(?) e di morvilli et nulla parte
« di esso stava senza il suo particolare dolore et tormento,
« ma con altrettanta pazienza che fu mirabile a chi la
« vidde » (4).

(1) De Dominici, op. cit., voi. Ili, p. 49; Filangieri, op. cit. vo-
lume I, p. 95.
(2) De Dominici, op. cit., voi. IV, p. 568.
(3) De Lellis, op. cit., p. 142 e seg. Dei genealogisti soltanto il
Mugnos (Teatro Genealogico delle famiglie ecc.) segna il nome della pia
signora. Non parlano di lei nè il Sansovino, nè il Columbo, autore
della Tabula Genealogica Gentis barrottensis.
(4) Monasteri soppressi, voi. 2416.

Nel suo testamento aveva lasciato ventimila ducati per
la costruzione della nuova chiesa, essendo l’antica insuffi-
ciente al concorso dei fedeli, e per l’ampliamento del Con-
vento. I Teatini allora comprarono (1595) dall’erede di
Donna Costanza, dal figlio cioè della sorella maggiore Ze-
nobia, moglie di Giovan Andrea Doria Marchese di Tursi
e Generale del Mare, la casa e il giardino che erano stati
di Bernardino Rota; e l’n aprile 1600 cominciarono la
nuova costruzione. In fondo al pilastro dell’altare maggiore
fu messa questa iscrizione :
HUNVANAE SALUTIS ANNO MDC
CLEMENTE PONT. MAX. Vili
REGNANTE PHILIPPO CAT. REGE III
ECCLESIAM TITULO S. M. ANGELORUM
LEGATO AD ID AB ILLUSTRISSIMA
D. CONSTANTIA DE CARRETTO
d’oria FOEMINA RELIGIOSISSIMA
PIE FACTO A FUNDAMENTIS
AEDIFICANT CLERICI REGULARES
XXIII APRELIS.

Fu architetto Francesco Grimaldi, da Oppido, che si era
ascritto all’ordine dei Chierici Regolari sin dal 1575 in
Capua : e l’opera che egli fece in questa chiesa fu certa-
mente, tranne nella tozza facciata, molto grandiosa. Le tre
navi, delle quali la maggiore è a vòlta e le minori a cu-
polette, la crociera cui si eleva l’ampia cupola, e il presbi-
terio fiancheggiato da due cappelloni, sono ben armonizzati
insieme; e l’aspetto generale del tempio sarebbe anche più
gradevole se in un recente ristauro i pilastri non fossero
stati dipinti con colori troppo chiari. Notevoli sono gli
affreschi della cupola, dove è rappresentato il Paradiso, e
sotto nei quattro lati gli Evangelisti, e quelli delle vòlte
della nave maggiore della crociera e dell’abside, dove
sono figurati vari fatti della vita della Madonna : li dipinse
Giovan Battista Benasca, da Torino.
E i quadri degli altari, benché nessuno possa dirsi eccel-
lente, sono pure nella maggior parte di buona scuola. Le
grandi tele del coro, della crociera, e quella nella porta
maggiore sono opera di Francesco Caselli, laico dello stesso
ordine Teatino, il quale — dice il Celano — « spiccò
« particolarmente nel dipingere edificii. » Difatti i ruderi
di antichi edificii, ben disegnati peraltro, ingombrano quasi
interamente queste tele, ed è inutile dire con quanto van-
taggio nell’espressione del soggetto, che il pittore si è pro-
posto di rappresentare.
Vi è poi nell’ultima cappella della nave di destra una
Sacra famiglia del Giordano. La Vergine seduta su di un
guanciale accanto alla culla, sostiene colla destra il Bam-
bino e colla sinistra gli scopre le gambe. Dietro è S. Eli-
 
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