no
NAPOLI NOBILISSIMA
« la seguente notte la posero in terra e feceranze li ripari
« e mesero le pombarde per tirare a l’Armata e a la torre
«di S. Vincenzo»; cioè per combattere i Francesi (T).
Costoro però sostennero arditamente il combattimento, e
disfecero la torre della lanterna. Il che risulta anche da
una testimonianza del 1502, quando i Francesi, tornati nel
Regno, concessero il diritto della lanterna a Giovanni de
Bassis.
Nacque allora un piato nella R. Camera della Sommaria
tra costui e l’Università di Capri, che reclamava per la
franchigia. Il testimone Leonardo Brancaccio disse fra
l’altro, che
« da circa quindece anni passati in equa più o meno secando suo
ricordo, che dieta lanterna o vero faro fo edificato in lo molo de la
dieta cita de Napoli per lo condam Luca Bigiam per concessione ad
ipso facto per lo condam re ferrante I, ipso testimonio vedde dicto
condam luca tenere la dieta lanterna tanto ipso corno lo suo figlio
nomine Cesare bugiam fi a la venuta de re Carlo octavo in questo
regno de felice memoria, et deinde finche de po dieta lanterna per li
trancisi ne fo abbattuta etc. » (2).
Il Lunedì 13 Maggio 1624 disgraziatamente si pose fuoco al lan-
ternone posto sopra il molo grande qual posto sopra una rocca ser-
viva per dar lume ai vascelli che venivano in porto, e fu causato, che
havendo fatti alcuni fuochi artificiali postosi fuochi a quelli smantellò
quel luogo (1).
L’anno seguente, nel mese di Gennaio, la torre fu rie-
dificata, poco discosto al torrione eretto nello stesso tempo
dal viceré Don Antonio di Toledo duca di Alba (1 2 3 4 5 6). E fu
posta l’iscrizione che tuttora si legge :
PHILIPPO IV REGE MAX
DON ANTONIO ALVAREZ DE TOLEDO
ALBAE DUCE PROREGE
PHARUS INCENDIO COLLAPSA UT NUNC
COMODIUS NAVIGANTIBUS PRELUCEAT
IN MELIOREM FORMAM RESTITUTA
DON FRAN.CO MARRIQUE TRIREMIUM GUBERNATORE
CURANTE
ANNO SALUTIS MDCXXVI (3).
Ma quando gli Spagnuoli conquistarono il regno, Con-
salvo di Cordova concesse in burgensatico la torre e i
diritti della lanterna a Benigno de Egidio, cittadino na-
poletano. Una tale concessione fu confermata a suo figlio
Francesco da Ferdinando il Cattolico nel 1507; e quei
diritti rimasero nella famiglia de Egidio, finche non pas-
sarono nei Capano.
L’aspetto che nel secolo XVI aveva l’edificio così è de-
scritto da un contemporaneo : « fuori mare alla volta che
« si dice lo gubito de lo bascio del molo, era una bella
« torre, sulla quale era posta una grande lanterna all’al-
« tezza di 40 piedi e si vedeva a 30 miglia di distanza
« da fuori le bocche di Capri, e dal Canale di Procida » (3).
Nella pianta di Napoli del 1566, che tanto spesso è ci-
tata nelle colonne di questo giornale, tra la Dogana e
l'Arsenale si vede appunto una banchina che entra nel
mare e alla sua estremità è disegnata la torre per la lan-
terna : e più in dentro appare il mulino a vento (4). Poco
lungi era quella bellissima fontana, che è ricordata dal
Summonte, nella descrizione delle fontane di Napoli (5).
Nel 1626 la torre saltò in aria, essendosi attaccato il
fuoco, secondo narra il Capaccio, alla polvere che vi si
fabbricava dentro (6). Scipione Guerra racconta il fatto nei
suoi diurnali un po’ diversamente :
(1) Raccolta di varie croniche, ecc. del Pelliccia, I, 184.
(2) Processo antico della Sommaria, n. 4325, anno 1502, v. 355.
(3) Capasso. La fontana dei quattro del Molo in Arch. St. Nap.,
V, 167.
(4) Antonii Lanfrerii Formis, Romae, 1566.
(5) Summonte. Historia ecc. Ed. Bulifon, II, 251.
(6) Capaccio, Forastiero, p. 836.
(Dalla veduta intitolata: La Fedelissima città di Napoli con la Nobil Caval-
cata che si fece a 19 dicembre del 1630 nell’uscita della Serenissima
Infante D. Maria d’Austria Regina d’Ungheria) (4).
Al principio del settecento la famiglia Capano continuava
ad aver cura della lanterna e ad esigere i diritti, che ren-
devano circa 300 ducati l’anno; vi teneva un custode, ed
aveva l’obbligo di accendervi la notte 7 lampade (5).
(1) Diurnali di Scipione Guerra, ediz. Montemayor, p. 157.
(2) Ibidem, p. 165.
(3) È riportata dal Parrino (Teatro eroico, ecc. II, 187) con qual-
che inesattezza, fra cui l’anno 1624 segnato invece del 1626. Nella
lapide, che è apposta alla torre, mancano, per rottura del marmo, le
lettere DC del millesimo.
(4) Un esemplare di questa rarissima stampa è nella Biblioteca
della Società Storica Napoletana.
(5) Se bene il diritto della lanterna fosse stato conceduto in bui-
gensatico ed in perpetuo, tuttavia si vede riportato nel registro degli
uffici vendibili (Arch. di Stato, ufficio politico, p. 43, 100, anno 1726);
con questa annotazione : « Si possiede da D. Maria Capano come
« erede di D. Francesco Capano alli medesimi pervenuti dalli eredi
« di D. Francesco Egidio de Espaneris. »
NAPOLI NOBILISSIMA
« la seguente notte la posero in terra e feceranze li ripari
« e mesero le pombarde per tirare a l’Armata e a la torre
«di S. Vincenzo»; cioè per combattere i Francesi (T).
Costoro però sostennero arditamente il combattimento, e
disfecero la torre della lanterna. Il che risulta anche da
una testimonianza del 1502, quando i Francesi, tornati nel
Regno, concessero il diritto della lanterna a Giovanni de
Bassis.
Nacque allora un piato nella R. Camera della Sommaria
tra costui e l’Università di Capri, che reclamava per la
franchigia. Il testimone Leonardo Brancaccio disse fra
l’altro, che
« da circa quindece anni passati in equa più o meno secando suo
ricordo, che dieta lanterna o vero faro fo edificato in lo molo de la
dieta cita de Napoli per lo condam Luca Bigiam per concessione ad
ipso facto per lo condam re ferrante I, ipso testimonio vedde dicto
condam luca tenere la dieta lanterna tanto ipso corno lo suo figlio
nomine Cesare bugiam fi a la venuta de re Carlo octavo in questo
regno de felice memoria, et deinde finche de po dieta lanterna per li
trancisi ne fo abbattuta etc. » (2).
Il Lunedì 13 Maggio 1624 disgraziatamente si pose fuoco al lan-
ternone posto sopra il molo grande qual posto sopra una rocca ser-
viva per dar lume ai vascelli che venivano in porto, e fu causato, che
havendo fatti alcuni fuochi artificiali postosi fuochi a quelli smantellò
quel luogo (1).
L’anno seguente, nel mese di Gennaio, la torre fu rie-
dificata, poco discosto al torrione eretto nello stesso tempo
dal viceré Don Antonio di Toledo duca di Alba (1 2 3 4 5 6). E fu
posta l’iscrizione che tuttora si legge :
PHILIPPO IV REGE MAX
DON ANTONIO ALVAREZ DE TOLEDO
ALBAE DUCE PROREGE
PHARUS INCENDIO COLLAPSA UT NUNC
COMODIUS NAVIGANTIBUS PRELUCEAT
IN MELIOREM FORMAM RESTITUTA
DON FRAN.CO MARRIQUE TRIREMIUM GUBERNATORE
CURANTE
ANNO SALUTIS MDCXXVI (3).
Ma quando gli Spagnuoli conquistarono il regno, Con-
salvo di Cordova concesse in burgensatico la torre e i
diritti della lanterna a Benigno de Egidio, cittadino na-
poletano. Una tale concessione fu confermata a suo figlio
Francesco da Ferdinando il Cattolico nel 1507; e quei
diritti rimasero nella famiglia de Egidio, finche non pas-
sarono nei Capano.
L’aspetto che nel secolo XVI aveva l’edificio così è de-
scritto da un contemporaneo : « fuori mare alla volta che
« si dice lo gubito de lo bascio del molo, era una bella
« torre, sulla quale era posta una grande lanterna all’al-
« tezza di 40 piedi e si vedeva a 30 miglia di distanza
« da fuori le bocche di Capri, e dal Canale di Procida » (3).
Nella pianta di Napoli del 1566, che tanto spesso è ci-
tata nelle colonne di questo giornale, tra la Dogana e
l'Arsenale si vede appunto una banchina che entra nel
mare e alla sua estremità è disegnata la torre per la lan-
terna : e più in dentro appare il mulino a vento (4). Poco
lungi era quella bellissima fontana, che è ricordata dal
Summonte, nella descrizione delle fontane di Napoli (5).
Nel 1626 la torre saltò in aria, essendosi attaccato il
fuoco, secondo narra il Capaccio, alla polvere che vi si
fabbricava dentro (6). Scipione Guerra racconta il fatto nei
suoi diurnali un po’ diversamente :
(1) Raccolta di varie croniche, ecc. del Pelliccia, I, 184.
(2) Processo antico della Sommaria, n. 4325, anno 1502, v. 355.
(3) Capasso. La fontana dei quattro del Molo in Arch. St. Nap.,
V, 167.
(4) Antonii Lanfrerii Formis, Romae, 1566.
(5) Summonte. Historia ecc. Ed. Bulifon, II, 251.
(6) Capaccio, Forastiero, p. 836.
(Dalla veduta intitolata: La Fedelissima città di Napoli con la Nobil Caval-
cata che si fece a 19 dicembre del 1630 nell’uscita della Serenissima
Infante D. Maria d’Austria Regina d’Ungheria) (4).
Al principio del settecento la famiglia Capano continuava
ad aver cura della lanterna e ad esigere i diritti, che ren-
devano circa 300 ducati l’anno; vi teneva un custode, ed
aveva l’obbligo di accendervi la notte 7 lampade (5).
(1) Diurnali di Scipione Guerra, ediz. Montemayor, p. 157.
(2) Ibidem, p. 165.
(3) È riportata dal Parrino (Teatro eroico, ecc. II, 187) con qual-
che inesattezza, fra cui l’anno 1624 segnato invece del 1626. Nella
lapide, che è apposta alla torre, mancano, per rottura del marmo, le
lettere DC del millesimo.
(4) Un esemplare di questa rarissima stampa è nella Biblioteca
della Società Storica Napoletana.
(5) Se bene il diritto della lanterna fosse stato conceduto in bui-
gensatico ed in perpetuo, tuttavia si vede riportato nel registro degli
uffici vendibili (Arch. di Stato, ufficio politico, p. 43, 100, anno 1726);
con questa annotazione : « Si possiede da D. Maria Capano come
« erede di D. Francesco Capano alli medesimi pervenuti dalli eredi
« di D. Francesco Egidio de Espaneris. »