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Napoli nobilissima — 1.1892

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RIVISTA DI TOPOGRAFIA ED ARTE NAPOLETANA

T53

Sorsero, dunque, nel medesimo tempo la chiesa, fab-
bricata alla gotica, e l’ospedale che stava, scrive il Ce-
lano : « negli archi dalla parte dell’Evangelo, nel piano
della medesima chiesa » e che fu usato per maschi fin
al 1573, anno in cui Don Pietro di Toledo, rifacendolo
e ampliandolo con più vasta fabbrica, v’accolse le donne
inferme che non trovavano, per la povertà loro, altro ri-
cetto. Lo stesso Toledo, fin dal 1535 avea fatto passare
nell’ospedale di S. Eligio alcune povere orfanelle, prima
raccolte nella vicina chiesa di Santa Caterina Spinacorona :
in seguito, come dicevo, i maschi furono allontanati da
esso e la casa di ricovero e di cura venne destinata uni-
camente a donne febbricitanti, accrescendosi, nel 1591, la
pia opera d’un Banco, a somiglianza di quelli aggregati
agl’incurabili e all’Annunziata. All’ospedale s’aggiunse pur
un Conservatorio di cui le regole furono stampate nel
1740 : esso accoglieva Monache vestite con l’abito del glo-
rioso dottore S. Agostino, verginelle orfane di padri e altre,
poste per l’educazione C1).
I francesi del novantanove e quelli dell’ultima domina-
zione ridussero a male il Banco, prima d’ogni altro, poi
l’ospedale e l’ospizio e in quest’ultimo perfin tennero una
caserma: nel 1815, cessato quel tempo di spoliazioni in-
spirate a insani criterii, lo stabilimento s’andò rinsan-
guando, riottenne la propria ed autonoma amministrazione
e quindi compilò, nel 1851, un regolamento nel quale erano
trascritte le antiche consuetudini del Pio Luogo, che, a
quanto pare, sono state mantenute fin a quest’ora.
L’ospedale fu restaurato, in quest’ultima metà di secolo,
dall’architetto Lorenzo Schioppa : esso conserva una ma-
gnifica sala in cui dipinse a fresco, nel 1757, Angelo
Mozzillo e dove si vedono le copie de’ quattro diplomi
regi che si riferiscono a quel ricovero. Il primo, che ha
la data del 12 luglio 1270, è quello della fondazione dello
spedale sotto Carlo d’Angiò; il secondo — io agosto
1360 — dichiara, per decreto di Ludovico e di Gio-
vanna I, di fondazione e protezione reale lo stabilimento;
un terzo, di Giovanna II e Giacomo, 26 febbraio 1416,
ne conferma i privilegi; l’ultimo, del 2 marzo 1443, ri-
porta la sentenza del S. R. C. sotto Alfonso I d’Aragona,
con la quale sentenza sono rigettate le pretensioni del
cappellano maggiore sopra l’oratorio e l’ospedale di San
Eligio.
Passiamo alla chiesa.
x

(1) Vedi la recente relazione al Consiglio Provinciale di Amerigo
di Gennaro Ferrigni, Sull’autonomia del R. Stabilimento di S. Eligio in
Napoli. — Napoli, Tipografia Giannini, 1892.

Degli artefici che, dalla fine del quattrocento, lavora-
rono nella chiesa di S. Eligio è detto, con documenti re-
centi, nel libro del Filangieri che raccoglie, per la storia,
per le arti e per le industrie delle provincie napoletane,
simili dati preziosi e, fin ad ora, inediti. Pochissimo è
detto, nella medesima opera, di quel che è seguito, a
mano a mano, della fabbrica, nè in alcuna maniera vi si
parla del campanile attiguo alla chiesa e soprastante all’arco
per cui dal Mercato s’entra a’ Mercanti. Dagl’istrumenti
che ha finora rinvenuti il Filangieri si cava che nel 1490
la intemplatura, o soffittato della chiesa, fu fatta da un
abile maestro carpentiere chiamato Nicolò di Tommaso,
da Squillace : questo intagliatore ebbe da Giuliano da
Majano il modello non pur d’uno de’ riquadri di cui si
doveva comporre il soffittato, quanto della cornice che
gli dovea ricorrer sotto, ch’era di tiglio e di larice di Ve-
nezia. Questo soffittato scomparve nel 1836, quando l’ar-
chitetto Orazio Angelini restaurò la chiesa, rinnovandone
pur, nel 1843, tetto malconcio. Ne rimane soltanto il
frontespizio intagliato in marmo nel 1509, alla cappella
de’ macellai « opera assai pregevole » — nota il Filan-
gieri — « sulla maniera delle scolture di Maestro Gio.
Tommaso Summalvito, da Como ».
A’ 22 di giugno del 1505 il maestro Giovanni Donadio
di Mormanno in compagnia di Giovanni Mattia di Napoli
conviene con gli economi e procuratori della chiesa di
costruire un organo nuovo, bianco, palmorum decem, cum
peducio in prima canna incipientem ut et residuum re mi fa
sol la prout fuerit conveniens et largitudinis secundum pro-
porcionem organi cum odo registris ecc. ecc.
Nel 1524 i maestri organai Matteo e Giov. Francesco
de Nicolò di Napoli, insieme col loro collega Nicola de
Rosa, firmano un compromesso per la costruzione dell’or-
gano grande in S. Eligio: nel 25 di novembre del 1531
i maestri pittori Giov. Paolo de Lupo, siciliano, e Giov.
Antonio Endece, napolitano, si obbligano di dipingere a
fresco la cappella di S. Angelo dei Sartori in S. Eligio :
nel 1578, a’ 6 di luglio, il nobile Cornelio Smet, pittore
fiammingo, conviene con gli economi e procuratori di San
Eligio di completare, fra sei mesi dalla data del contratto,
la pittura della Cona del Giudizio ch’egli avea già princi-
piata e per la quale era stato convenuto il prezzo di 140
ducati.
Che rimane di tutte queste opere ? E in che stato si
rattrova, presentemente, la chiesa?
X
La chiesa ha tre navi : entrandovi appena, a manca, vi
si vede una cappella antica de’ Macellai del Mercato alla
quale è rimasto, per fortuna, un magnifico frontespizio
 
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