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Napoli nobilissima — 1.1892

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RIVISTA DI TOPOGRAFIA ED ARTE NAPOLETANA

169

La fontana delle zizze è tra le non poche fatte o re-
staurate da Don Pietro di Toledo; come quella di S. Pietro
Martire, la Scapigliata dell’Annunziata, l’Atlante della Sel-
laria, la Coccovaia della Piazza di Porto (0.
La solita Platea delle acque, del 1498, ci fa sapere a
folio io che già esisteva in quel luogo una fontanina :
« la fontana a cavalletto alla casa di Francesco de Pal-
« miere a Santa Caterina della Corona, have uno carlino
« d’acqua imbrunzata, se piglia l’acqua del sopraditto puzzo
« (di S. Marcellino'), et passa sotto la grotta per dentro
« la casa di M° Mazzeo d’Afflitto ».
Ma a Don Pietro di Toledo appartiene certo l’ornato,
o anzi, la scenografia che ancor si vede.

L’acqua era raccolta in una vasca marmorea, che, tra
festoni di fiori, ha scolpiti in rilievo due stemmi: quello
a scacchi della casa Toledo, quello bipartito rosso ed oro
della città di Napoli. Sulla parete del fondo, da ambo i lati,
gli stemmi imperiali e le colonne : Plus ultra, di Carlo V.
Quale sia ora l’aspetto della fontana e della strada, lo
mostra la fotografia, della quale diamo la riproduzione C* 1).
La fontanina è tutta sporca, smussata; la Sirena ha un’ala
rotta, un’altra goffamente restaurata.
A nessuno, come dicevamo, verrà in mente di mettere
in dubbio che quelle sculture sieno lavori del secolo de-
cimosesto. Tuttavia, il Celano è di diversa opinione e
scrive : « Il vero si è, come per antica tradizione, che

« fosse stata sola abbellita da Don Pie-


La Fontana di Spinacorona
(Da fotografia del Barone Alfonso Fiordelisi).

« tro, e che il monte e la statua fossero
« antichissimi, fatti nel penultimo ed
« undecimo incendio, accaduto nell’anno
« 1139, e forse « prima assai »; e si con-
ci gettura dal vedersi il fuoco uscir dai
« lati e non dalla cima del monte, per-
« chè l’eruzione della cima solo si è
« veduta nel duodecimo incendio ac-
« caduto nell’anno 1631 » (2). Il giudi-
zio, al buon senso dei lettori.
Un certo che di misterioso ha l’iscri-
zione: Dum Vesvii Syren incendia mulcet.
Volle Don Pietro di Toledo alludere
con essa alle frequenti ribellioni dell’in-
fiammabile popolo napoletano, per repri-
mere le quali invocava l’opera gentile
della Sirena Partenope?
Se così è, come siamo mutati da
quelli di una volta! Ora — in questa
grande inerzia e indifferenza che ci sof-
foca — l’appellativo di vulcanici, dato

Sulla parete contigua alla chiesa di S. Caterina si spiega
in lunga fascia marmorea l’ornato della fontana. In mezzo,
in bassorilievo, una montagna che versa fuoco dai lati.
Una viola è collocata su questa montagna, simbolo non
saprei dir di che. Sulla montagna poggia i piedi, o meglio,
le zampe di uccello la Sirena, dal dolce viso di madon-
nina, con grandi ale al dorso, la quale preme le mammelle,
che ormai non versano più la linfa ristoratrice.
Una tabella in marmo reca in due linee queste parole :

a noi napoletani, suona come una ironia. E non abbiamo
veramente bisogno di acqua fresca ad estinguere i nostri
incendii, ma di acque corroboranti od eccitanti, ferruginose
o solforose, a rifarci una giovinezza morale.
Luigi Conforti juniore.

DUM VESVII SYREN
INCENDIA MULCET.

(1) Vedi intorno ad
Stor. nap., XV, 627-9.

esse Capasso, La Vicaria vecchia, in Arch.

(1) Ringraziamo l’egregio amico Barone Fiordelisi che ce l’ha
fornita, a nostra preghiera.
(Nota della Redazione).

(2) Celano, ed. Chiarini, IV, 125.
 
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