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Napoli nobilissima — 1.1892

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I72

NAPOLI NOBILISSIMA

Pente cò lo cravone ad ogne muro:
Ccà se vede no ntruglio cò la vela,
Llà n’autro mpiso cò lo mutto à bascio.
Ed i motti, come : Chi serve ncorte a lo pagliara more; Dio
te guarda da povere arricchiti; Ammore de patrone, e bino de
fiasco la sera è buono, e la mutino è guasto, erano infiniti.
Proprietario di questa taverna era il Monastero di santa
Chiara, come trovo in un libro di conti e spese fatte alla
case appartenenti al convento sotto la data del 4 febbraio
1610. In una partita segnata in detto libro, « Accomodi
fatti alla Taverna del Cerriglio », leggo che il Procura-
tore del Monistero pagò a mastro Romualdo la somma di
ducati 35, un carlino e grana 15 per avere « in primis
« fatto un astrico sopra una lamia di rapillo di canne sei
« in circa che tutta fondava acqua che amenacciava gran
« danno, e fatto una camisa sopra lastrico a cielo di ra-
« pillo di canne due in circa che amarciva chianche e
« travi e faceva molto danno » e poi dopo aver notato
di aver « refatta la dobolatura che era piena, piglia laequa
« pioviticia, e, resarciuto il puoio di frabrica » di aver
posto « un tarcenale sotto astrico di palmi 24 luongo, e
« posto un traviciello di lignamo lavorato a quattro faccie
« e frabbicatoli dentro al muro della Cucina a dove in-
« chioda lo spito a biento ». Uno forse degli spiedi che
arrostivano
muorze cannarute e saporite.
Ancora dai libri di conto desumo che nel 1740 il Cer-
riglio d’allora era un certo D. Bartolomeo Pompilio. Egli
pagava di fitto annui ducati 180 (x).
In quel tempo l’osteria si componeva di una grande
stanza terranea, metà coverta da lamia a botte, e metà da
travi, che aveva una porta dalla strada del Cerriglio, e
per un vano d’arco a destra di essa si accedeva in un’al-
tra stanza anche con porta dalla strada pubblica. Questa
stanza era framezzata da due archi e coverta da tre lamie
a croce. Proseguiva la medesima dalla parte destra e dava
adito ad un altro stanzone sorretto da archi sostenuti da
colonne e coverto da lamie a botte con lume ingrediente

(1) Nella strada del Cerriglio, oltre la famosa taverna, pare ve ne
fossero altre più piccole. Una di queste era tenuta da un tedesco che
in quel tempo solevano uscir di patria per esercitare in paesi, special-
mente italiani, il mestiere di tavernaro o di albergatore. Al proposito
Benedetto Croce, nella sua opera, l Teatri di Napoli dal secolo XV al
XVIII, esponendo le commedie di Giambattista della Porta e deli-
neando i personaggi che questo commediografo napoletano della se-
conda metà del Cinquecento introduceva nelle sue commedie, dice a
p. 74: «Nelle commedie del Porta comparisce una volta anche un
« tedesco (nella Taberrarla), tavernaro imbroglione del Cerriglio, che,
« richiesto di servire ad una furfanteria, ci si presta subito, volentie-
« rissimo, e esce in questa bella sentenza: « Noi altri Tedeschi avere
« gran privilege, fare quanto piacere a nui, poi dire che stare imbriache ».

da cancelli di ferro, sporgenti nel vicolo che calava da
S.a Maria della Nuova, dove vi era un’altra stanza pure
coverta a lamia con « piccolo Gaifetto oscuro ».
Ritornando al primo stanzone descritto, a sinistra vi era
un cortile scoverto ed un atrio coverto con due vasche
laterali ed una fontana d’acqua perenne che fluiva a tre
cannelli.
Nel su descritto secondo stanzone e propriamente al
lato destro di esso vi era un vano di porta con grada di
fabbrica per la quale si ascendeva ad una loggia scoverta
e ad un atrio coverto, per dove si aveva ingresso in due
stanze, delle quali una affacciava nell’osteria e l’altra nella
strada del Cerriglio.
Uscendo di nuovo dalla descritta osteria alla strada pub-
blica, si trovava in angolo una bottega che D. Bartolomeo
Pompilio nel dicembre del 1745, staccandola dalla taverna,
di cui faceva parte, per interna comunicazione, la subaf-
fittò ad un certo Gaetano Corvino, restando però l’anno
appresso a beneficio « del Monastero col patto di bonifi-
carsi soli ducati 12 al Tavernaro ».
E spigolando ancora, trovo che « vi è altra bottega che
« tiene in affitto Nicola de Nicola in testa alla quale vi
« è grada di fabbrica, per dove si ascende ad una stanza
« e cucina, in dove vi sono due finestre, affacciatore »
alla strada del Cerriglio ed al vicolo di S.a Maria della
Nuova. Il de Nicola pagava ducati 26 annui, che furono
poi aumentati a 36, perchè alla località che aveva vi fu
« incorportata una stanza dell’Osteria con finestra affaccia-
te torà alla strada ».
E mano mano la taverna si impiccioliva, nè però per-
deva di rinomanza.
Rivoltando dalla strada del Cerriglio al vicolo dalla ca-
lata di S.a Maria della Nuova, vi era, come fino a pochi
mesi fa, « una portella, che con due stese di grada si im-
« piana in un quarticello per uso di alloggiamento. Con-
« sistente in cinque stanze, un camerino angolato, ed una
« cucina, tenendo cinque finestre affacciatore a detto vi-
ce colo ». Erano le antiche stanze
Pente cò lo cravone ad ogne muro
che D. Bartolomeo Pompilio, smesso « l’alloggiamento »,
cedette al Monistero, che subaffittò ad un altro albergatore,
a Francesco Belletti, per la somma di annui ducati 50 (*).
Meno male che questa casa d’Atlante, questo giardino
di Armida, questa montagna di Circe, come si esprime
un altro poeta (1 2), si vide risorta dopo due secoli e più
per ordine dell’Eccellentissimo Corpo della Città di Na-

(1) Monasteri soppressi — 5. Chiara, n. 2710, f. 125, n. 112, 113,
nell’Arch. di Stato.
(2) Piccinni Domenico, Il Cerriglio rinnovato, s. a., ma 1811.
 
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