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Napoli nobilissima — 1.1892

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184

NAPOLI NOBILISSIMA


(Da fotografia della ditta G. Sommer).

Tra tutti gli edifici! disegnati nella stampa del 1685 esso
è il più grande, il più maestoso. Sorge sul vasto basa-
mento quadrangolare, lambito per tre lati dal mare. Il ba-
samento in massima parte fu lo stesso banco della roccia
di tufo; il resto si fece di fabbrica. Si vede benissimo la
facciata, bene il lato orientale e lo spigolo di sud-ovest.
La facciata evidentemente era il muro di mezzogiorno,
che oggi presenta una lunghezza maggiore del muro orien-
tale e una maggiore ricchezza di vani e di ornamenti.
Le faceva riscontro l’altra facciata o la spalla, che voglia
dirsi, dalla parte di terra, di fronte alla collina. Tra que-
sta e l’edificio s’era costruita la strada, per cui le carrozze,
entrando nel portone, poteano giungere fino all’uscio del
gran salone del secondo piano. Si ravvisa in questa stampa
quella successione di corpi di fabbrica e di terrazze, quella
linea spezzata a sporgenze e rientramenti, ch’è bella per
se stessa e fu un mezzo ingegnoso per potere dar luce
all’interno di una massa di fabbrica sì enorme. Nel mezzo
della base, come nella facciata così nel lato orientale, si
vede nella stampa un portone d’ingresso a fior d’acqua.
Un terzo se ne trova oggi nell’originale nel lato di po-
nente. E s’intende che i tre portoni erano ingresso alle
onde ed alle barche che s’accostavano a piè delle gradinate.
Le due ale del palazzo, l’orientale e l’occidentale, com-
prendevano nel 1685 tre piani, ciascun de’ quali presenta-
va tre finestroni arcati nel centro e altri finestroni ret-
tangolari e nicchie e nicchiette di varia forma dall’uno e
dall’altro fianco. Il terzo piano aveva sopra due vaste
terrazze, nelle quali terminavano le due ale dell’edifizio.

Nel mezzo, fra le due terrazze, s’innalzava un quarto
piano, che si vede nella stampa con un altro ordine di
finestre rappresentare la maggiore altezza del muro meri-
dionale rispetto agli altri due. Lo spigolo smussato, come
si vede tuttora, mostra al primo piano la terrazza semi-
circolare e la conchiglia e gl’incartocciamenti che l’ador-
navano. Questi ornamenti servivano anche a sostenere la
sporgenza d’una terrazza soprastante, della terrazza del se-
condo piano, la quale era di forma triangolare.
Tre anni dopo, il palazzo fu in gran parte rovinato dal
terremoto del 1688. E l’anno appresso si estinse la di-
scendenza de’ Medina Las Torres, con la morte di Nicola
Maria. La sua grossa eredità, ascendente al valore di più
di tre milioni, ricadde al fisco. Ma, scorsi alquanti anni,
il palazzo donn’Anna si trova proprietà di un Carafa del
ramo di s. Lorenzo, spiccatosi, com’è noto, dal primo
principe di Stigliano (T).
A’ io luglio 1711 il principe di s. Lorenzo lo vendette
« con due lenze di territorio », per 3350 ducati a don
Carlo Mirelli marchese di Calitri. Costui era vedovo di
Giuseppa Maddalena Carafa del ramo di Stigliano. E acqui-
stò e restaurò in parte l’« ammiranda mole » già rovinante
in memoria e in onore della consorte perduta. Quindi sul-
l’arco depresso dei portone orientale, di fronte alla città,
pose la lapide di marmo, che ancora si vede, con l’iscri-
zione :

(1) VoLPICELLA, 132.
 
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