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Napoli nobilissima — 1.1892

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i86

NAPOLI NOBILISSIMA

su di una cartella apposta ad una di esse si legge : D. Hip-
polita Milano Fill.a Mar.ls S. Georgii.
Sollevando il coperchio d’una prima grande ed ignobile
cassa posata sul pavimento si vede, sotto una reticella di
ferro, un cadavere imbalsamato, le cui calze e giubba sono
scolorite, logore e consunte dal tempo : il capo già spic-
cato e poi aggiustato sul collo, la giovami complessione
del corpo, la bellezza dei denti e la tradizione, ci indu-
cono a credere che sia il cadavere di Messer Giovanni
Antonio De Petruciis conte di Policastro (0, il quale de-
capitato nel dì n decembre i486 nella piazza del Mercato
per aver congiurato cogli altri Baroni contro il re Ferdi-
nando I di Aragona, fu seppellito nella chiesa di S. Do-
menico.
Una cartella posta sopra un’altra cassa ricorda Ludovico
Guglielmo di Moncada ed Aragona, duca di Montalto e
cardinale, morto a Madrid nel 1672 e trasportato qui nel
1674. Dominus D. Ludovicus Guillelmus de Moncada et
Aragon, Dux-Montis Alti et Bibonae, Sacrae Romanae Eccle-
siae Cardinalis. Obiit Matriti die IV Maij an. M.DC.LXXU.
Ossa ejus huc translata sunt. die XV /ulij M.DC.LXXIV.
Questi fu Cardinale dopo la morte della sua seconda moglie
D. Caterina de Moncada, che fu anche qui sepolta. Sul
coperchio di un’altra cassa sta la rossa berretta cardina-
lizia, la quale, insieme al cappello rosso, si vede pure sul
coperchio di questa cassa, innanzi alla quale è ricamato
uno stemma, sciupato dal tempo e che non si può deter-
minare. In un’altra cassa è tumulato Ferdinando Orsini
duca di Gravina, morto il 6 decembre 1549, quello che
fece costruire il palazzo detto di Gravina a Monteoliveto
dall’architetto Gabriel d’Angelo (1 2) nel 1525, palazzo rino-
mato per la sua bella architettura e per l’iscrizione che
ne adornava la facciata : Ferdinandus Ursinus Dux Gra-
vinae sibi suisque et amicis omnibus, dinotante la magni-
fica ospitalità di quel signore.
La cassa seguente nella quale si vede una corona ba-
ronale di legno dorato, contiene il corpo di Pietro d’Ara-
gona (morto il 29 aprile 1552) primogenito di Antonio

(1) Scipione Volpicella nella sua importantissima Descrizione sto-
rica di alcuni edifizi della città di Napoli, chiesa di S. Domenico, 1845,
da cui ho attinto molte delle notizie riportate nel presente articolo,
fu il primo ad asserire con positivi argomenti che il cadavere fosse
del Conte di Policastro e non quello di Antonello De Petruciis, se-
gretario del Regno, come fino allora si era creduto. (V. pag. 426, nota
489). — Giuliano Passero nei suoi Giornali, p. 48, dice: « .... lo me-
« desimo dì (11 Decembre i486) alle 22 bore e stata tagliata la capo
« allo sopradetto talamo allo mercato all’altro figlio di Messer Anto-
« niello de Petruciis conte di Policastro et insero le dette giustizie da
« dentro lo castiello nuovo accompagnati dalli Regenti con tutti li
« sbirri, et auguzzini dela Vicaria; et lo manegoldo della Vicaria, et
« dato che fò tagliata la testa a lo ditto conte de Policastro li frati
« de Santo Domenico l’hanno portato a sotterrare a Santo Domenico
« a la cappella che haveva fatto lo patre.».
(2) Celano, ediz. Chiarini, III, pag. 339.

duca di Montalto. Il De Stefano nella Descrittione dei luoghi
sacri della città di Napoli, 1560, a f. 109 assicura che tanto
su questa, che sulla cassa del Duca di Gravina erano lun-
ghe iscrizioni in versi latini, che egli riporta, ma che ora
più non esistono.
L’ultima cassa su questo lato è coperta di drappo d’ar-
gento, e sul davanti si vede ancora uno dei due scudi,
che la fregiavano, sul quale i pali d’Aragona sono inquar-
tati con l’arma dei Principi di Durazzo. In essa è rinchiusa
Isabella d’Aragona, duchessa di Milano, figlia del re Al-
fonso II : sulla cartella ora si legge : D. Isabella Arag.
Du. Mediolani. 1524, ma anche qui c’era una iscrizione
in versi latini, che ora più non si vede e che è riportata
dal De Stefano, dal Summonte e dal Celano. Questa fu
quella famosa ed infelice Isabella, che andata sposa a Gio-
vanni Galeazzo Sforza duca di Milano, vide dopo pochi
anni morire il marito per veleno somministratogli dallo
zio Ludovico il Moro, e ritornata in Napoli nel 1494 colla
figlia Bona, ebbe il Ducato di Bari e passò gli ultimi anni
suoi nella reggia di Castelcapuano. Nell’opera manoscritta
intitolata Successi Tragici et Amorosi occorsi in Napoli etc.,
che va sotto il nome di Silvio Ascanio Corona, ne è vitu-
perata la memoria attribuendole turpi amori.
Nel secondo lato del corridoio sopra la porta della sa-
grestia vi sono nove casse disposte in due ordini, quattro
nel superiore e cinque in quello inferiore. Fra le due casse
di mezzo della linea superiore è messo un quadro, in cui
è dipinta la Morte su fondo nero con l’iscrizione : Sceptra
ligonib. aequat. Sulla prima cassa a sinistra, coperta di
stoffa d’argento è una corona di legno dorata, e nella
parte anteriore uno scettro e lo stemma d’Aragona in-
quartato con quello dei Durazzeschi : sulla cartella è scritto :
Rex Aljonsus I. CIOCCCCLVIII. Sopra c’è un quadro
in tela di forma ovale, dove è dipinto in istile barocco il
ritratto del re Alfonso I d’Aragona, contornato dalla iscri-
zione : Aljonsus I Aragonius rex regibus imperans et bellorum
vietar. Obiit 1458. Al lato destro di questa una cassa si-
mile coll’iscrizione: Rex Ferdinandus 1. C1DCCCCXCIIII,
e sopra in una cornice ovale un ritratto e l’iscrizione :
Ferdinandus I Aragonius. rex pacijìcus. Obiit anno Domini
1494. Qui in effetti riposa Ferdinando I d’Aragona, che fu
re di Napoli dal 1458 al 1494, e che durante il suo lungo
regno ebbe sempre a lottare con nemici esterni e coi ba-
roni del regno. Appresso si vede un’altra cassa uguale alle
precedenti con corona e scettro dorato e con la scritta :
Ferdinandus II C1DCCCCXCVIII. Intorno al ritratto ovale
l’iscrizione dice : Ferdinandus junior Aragonius patriae re-
stitutor. Obiit 1498. Questa data della morte di Ferrandino
è sbagliata tanto nella cartella, che nell’iscrizione del qua-
dro, perchè il re morì nel 1496. Nell’ultima cassa riposa
la figlia di Ferdinando I, Giovanna d’Aragona che sposò il
 
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