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Bullettino archeologico italiano — 1.1861-1862

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Heft 20 (März 1862)
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Gargallo-Grimaldi, Filippo: La pittura di un inedito cratere greco di argilla, dichiarata
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https://doi.org/10.11588/diglit.9008#0162

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— 154 —

rappresentanza e chiarirne in tal guisa il soggetto.

La figura di Oreste è propriamente caratterizzata
dalla spada che impugna con la sinistra; stantechè
sappiamo di questo sventurato garzone che allor sol-
tanto depose l'arme sua matricida quando gli fu con-
cesso (molto tempo dopo ch'ei campò dalla Tauride)
di esser espiato (1).

Nella opposta estremità della scena ci si mostra
Apollo cinto le chiome di laurea ed appoggiato a
sottil tronco di alloro che porta in cima tre rami ca-
richi di frondi e di bacche. Egli è ignudo quasi del
tutto, ed addita a Diana, che attentamente lo guarda,
un'ara quadrata su cui ella è posta a sedere. Tranne
questa particolarità che sarà esaminata in appresso,
nessuna cosa è notabile nella immagine della dea;
essendoché le reggiamo i consueti suoi distintivi di
cacciatrice, vale a dire la veste succinta, gli alti co-
turni e i due giavellotti. Queste deità, che ognor
protessero Oreste (2), vengono opportunamente in
suo ajuto or eh' egli sta per essere trucidato in terra
straniera e selvaggia.

A far compiuta la descrizione del quadro, è da no-
tarsi che nella sua parte inferiore ed in mezzo a quei
cerchietti , che nelle pitture dei vasi greci indicano
ciottoli o sassi, veggonsi un' idria un lebete ed una
coppa che saranno recipienti dell'acqua lustrale,
da servire al prossimo sagrificio di vittime umane
( àvSpioTiG&ucria (3)) ! Oltracciò, ai piedi di Apollo e di
Diana si osservano gli usuali loro attributi della fa-
retra e dell'arco. E, finalmente due bucranj, appesi
all'esterne pareti del tempio, contribuiscono a ma-
nifestare il carattere sagro dell'edificio.

(1) Le autorità a ciò relative sono addotte in un'opera
che non è consultata quanto di certo meriterebbe; vò dire
dei Commentaìres sur les épitres cT Ovide par Bachet de
Méziriac: La Haye, 1716, t. II, pp. 275-286.

(2) È ben noto, a motivo principalmente della più fa-
mosa tra le tragedie di Eschilo, intendo delle Eumenidi,
il possente ajuto che si ebbe Oreste da Febo: e sappiamo,
inoltre, da Ferecide (tram. 76, Sturz) che fu egli debito-
re della vita a Diana quando lo assaliron le Furie col
fermo proponimento di trucidarlo.

(3) Ogni sagrificio era preceduto da lustrazione (V. Lo-
meier de lustrai., p. 158) ch'è espressamente menzionata
nei versi 623 e 644 della Ifigenia in Tauride, nei quali
si accenna al prossimo sagrificio di Oreste.

Un'altra pittura di vaso greco di argilla (1) ha sì
stretta simiglianza con questa da scambiarsi con essa
vicendevole luce.

Nel centro della composizione vi ha medesima-
mente un distilo tempietto eh' è del pari decorato di
frontone con acroterj. Le sue colonne, bensì, non son
già joniche, come nell'altro dipinto, ma doriche (2);
nè vi si scorge il simulacro della dea che nel nostro
quadro sta nel bel mezzo del tempio. La precipua fi-
gura n' è pur quella d'Ifigenia che tiene parimente
con la sinistra la chiave sacerdotale e con l'altra
mano porge il dittico ad un giovane che indossa la
clamide ed ha il petaso come l'Oreste nella pittura
precedentemente descritta. Ciononpertanto, ricono-
scesi per Pilade dal prender eh' ei fa il compiegato
scritto (3); giacché Ifigenia non lo affidò che a costui.
È qui dunque espressa quella scena, nell'accennata
tragedia euripidea, in cui l'argiva sacerdotessa con-
segna il dittico allo amico di Oreste (4); laddove il
soggetto del quadro, ch'è or da noi pubblicato, fu in-
dubitatamente suggerito da quel luogo,nel medesimo
dramma, ove leggesi che Ifigenia dar vorrebbe lo
scritto, al fratello, ond'egli lo recasse ai congiunti,
ma a ciò indurlo non puote. Imperciocché , essendo
inevitabile il sagrificio dell'un dei due compagni,
Oreste, che salvar volea in ogni costo il suo diletto
cognato, ottenne che fosse incaricato Pilade di por-
tar la lettera in Argo, per sottrarlo in cotal modo
alla morte, e che, in sua vece, foss'egli stesso im-
molato sullo scitico altare (5). Quindi è che nell'al-
bi) È desso posseduto dal duca di Buckingham e fu
pubblicato nella tav. 51.a del quarto voi. dei monum.
ined. dello lnstit. arch. di Roma, con una pregevole di-
chiarazione scritta dal eh. 0. Iahn ed inserita nel 20.°
tomo degli annali della indicata società di antiquarj.

(2) Da ciò si pare che lo artefice del nostro quadro si
fosse talvolta scostato da Euripide; laddove il pittore di
questo vaso ne fu costantemente pedissequo; giacché
accennando il poeta al tempio di cui si ragiona, fa men-
zione dei triglifi (1. e, v. 113) e però del suo dorico stile.

(3) Così fu semplificata la frase di Euripide Ssàtou ito-
| Xù&usoi StauTU^at (l.c.,v.728) nella egregia versione del
i cav. Bellotti, che ho voluto nominare a ricordanza non
! solamente dei preclari suoi meriti letterarj ma dei suoi
j pregi ancora di ottimo cittadino e d'impareggiabile amico.
! (4) Verso 788.

I (5) Versi 583 e segg.
 
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