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Bullettino archeologico italiano — 1.1861-1862

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Heft 20 (März 1862)
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Gargallo-Grimaldi, Filippo: La pittura di un inedito cratere greco di argilla, dichiarata
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https://doi.org/10.11588/diglit.9008#0161

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MULETTI NO ARCHEOLOGICO ITALIANO

ANNO PRIMO

NDM. 20. MARZO 1862.

La pittura di un inedito cratere greco di argilla, dichiarata.—Nuove osservazioni sulla iscrizione sorrentina
dedicata a Fausta. — Pittura pompeiana rappresentante la Zuccaia o sia un felice ostento.

La pittura di un inedito cratere greco di argilla,
dichiarata.

Di questa importante pittura, che noi pubblichia-
mo nella nostra tav. VII, può facilmente equivo-
carsi il (foggetto (1). E di vero, la muliebre figura
che, sorretta da una specie di erma e lenendo inso-
liti attributi, sta nel mezzo di una edicola, pare as-
solutamente statua di ellenica dea: e quel giovane,
inoltre, che, caratterizzalo dal petaso e dalla mazza
per viandante (2) e fermatosi innanzi al sacello, si
rivolge alla presunta deità, prenderebbesi di leggie-
ri per un qualche pio viaggiatore. Eppure, nè costui
è un divoto, nè sta tampoco dinnanzi ad una sagra
immagine, nè gli accessorj del supposto simulacro
sono affatto singolari, nè la statuetta che lo sorreg-
ge è un'erma.

Or facendoci a dichiarare codesto dipinto, pren-
der dobbiamo le mosse dalla figura ch'è dentro il
picciolo tempio, ond'esordire da ciò che attrae più
di ogni altra cosa lo sguardo. Se attentamente ne
osserviamo gli attributi, vi scorgeremo ben chiaro
un dittico, ossia una duplice tavoletta scrittoria equi-
valente a lettera, ed una chiave da tempio che fu
speciale distintivo di talune sacerdotesse (3). Siffat-
ti) Il fittile vaso, che n'è fregiatq^appartiensi al signor
R. Barone mercatante, in Napoli, di antiche opere di arte.

(2) A qualificare Mercurio di viandante, destinato che
egli era a recare i frequenti messaggi di Giove, adatta-
vasi usualmente alle sue immagini un cappello di que-
sta foggia: nè occorre avvertire che la mazza è insepara-
bile compagna di ogni pedestre viaggiatore.

(3) In riguardo a siffatte chiavi, le quali a cagion della
loro forma e grandezza parrebbero più tosto chiavacci, va
onninamente letta l'annotazione del sommo Spanheim al
v. 45 dell'inno a Cerere di Callimaco.

to accessorio ci appalesa soltanto il carattere sagro
della persona che recaselo in mano; laddove il ditti-
co è qui segno individuante; giacché, combinandosi
con gli altri particolari della rappresentanza, varrà
a farci riconoscere nella immagine, a cui è adattato,
Ifigenia quando era costretta ad esercitare le funzio-
ni di ministra dell'omicida culto dei Taurj (1).

Ci è nolo, di fatti, che questa regale donzella,
bramando manifestare ai suoi lo inospite luogo ed il
misero stato in cui si era ridotta, fece notar tutto ciò
in un dittico ed istigò il fratello (non ancor da lei ri-
conosciuto) a portarlo alla sua famiglia in Mice-
ne (2).

Rammentatasi cotale tradizione, si avvede chiun-
que che il momento dell'azione rappresentata nella
nostra pittura è quello appunto in cui, presentandosi
Ifigenia con le insegne della sacerdotale sua dignità,
cioè dire da clavigera (x.\eiòouyoc,), chiede ad Oreste
di recar quello scritto ai parenti. Va notato, bensì,
che nella tragedia di Euripide ove narransi i casi
d'Ifigenia in Taaride e donde sicuramente è tratto
l'argomento di questo quadro, allorché essa comuni-
ca siffatta inchiesta al fratello, non ha peranco pre-
so le scritte tabelle: ma deesi pur avvertire che fu gio-
coforza al pittore di scostarsi in ciò dal poeta usan-
do una leggiera prolepsi, onde far palese l'oggetto
del colloquio tra i primarj due personaggi della

(1) Su questa inospite deità della Tauride si ha una e-
rudita dissertazione del eh. Meyer, che fu uubblicata in
Berlino nel 1835.

(2) Quantunque il maggior numero dei initografi e dei
poeti assegni Micene per sede del ramo cadetto della re-
gia stirpe di Atreo ed Argo come residenza della branca
primogenita, purtultavia è indistintamente nominata da
Euripide l'una e l'altra città quando vuoisi da lui indica-
re la dimora degli Agamennonidi.
 
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