— 159 —
p. 638) è riguardato come assai prossimo (quam
proximus) negli anni al fratello, (il quale ove si cre-
desse nato da Mincrvina nel 298 o 300 lo avrebbe
preceduto di 18 o 16 anni], crede che si possa de-
durre essere stata Fausta piuttosto madre, che ma-
drigna al medesimo. Il che conferma vieppiù col pas-
saggio dell'orazione di Giuliano Apostata a Costanzo,
ove, tra i figli di Fausta insigniti della dignità di
Cesare, mette in primo luogo colui, che col padre
debellò i tiranni, cioè Crispo (Micini Imp. in Con-
stantii laudem oratio. Lips. 1802, p. 12), ed inoltre
coll'albero genealogico della famiglia di Costantino
posto da Teofane nella sua Cronografìa, in cui è no-
tato Crispo come primo figliuolo di Costantino e di
Fausta figlia di Massimiano Erculeo.
Da ultimo, quand'anche Fausta voglia ritenersi
come madrigna di Crispo, non perciò il n. a. crede
che possa far ostacolo alcuno l'esserne chiamata ma-
dre nella nostra iscrizione.Essa, secondo lui, avreb-
be potuto essere così denominata, o perchè l'avesse
adottato, e propriamente quando questi ebbe la di-
gnità di Cesare, o perchè si avesse voluto adoperare
il vocabolo più blanditivo di madre, e non già quel-
lo odiato di madrigna in una memoria eretta in ono-
re di lei. Della prima ipotesi infatti non mancano
esempii nella storia. Fra l'altro sappiamo da Lat-
tanzio (de mortib. persecut. 19) che Valeria moglie
di Massimiano Galerio era chiamata madre da Mas-
simino Daza, forse non per altro se non perchè co-
stui assunto alla dignità di Cesare era stato adottato
da suo marito. La seconda ipotesi puranche è con-
fortata da parecchi argomenti. Le madrigne, sog-
giunge il n.a., che secondo Ulpiano tnatris loco sunt,
venivano nel comune uso di parlare chiamate da'Ro-
mani, come tuttora avviene allorché si ha in animo
di blandirle, col nome più accetto di madre. Così
Apuleio nell'asino d'oro lib. X, e Seneca tragico
noli'Ippolito v. 609, così Sparziano nella vita di Ca-
racalla, il quale parlando di Giulia Domna, ch'egli
crede madrigna di costui, dice che Caracalla malrem
(non alio dicendo, eroi nomine) duxit uxorem (Script,
hisl. Aug. t. I, p. 730). Nè altrimenti, quando non
voglia ammettersi l'essere stato Crispo vero figlio di
Fausta, può plausibilmente spiegarsi il passaggio di
Giuliano, che più innanzi si è allegato.
Rimosse così le difficoltà, che la denominazione
di madre data a Fausta nel marmo potea suscitare
alla proposta lezione, e tenendo conto di quegli ele-
menti superstiti, che negli ultimi due versi della la-
pida si veggono, l'a. crede che tutta la iscrizione
debba leggersi così:
PIISSIMAE AC VENERAVI
LI D N FAVSTAE AVG
VXORI D N MAXIMI
VICTORIS AVG
CCOSTANTINI MATRI
dO? D D D N N N
CRISP I CONSTANT1NI
et? CONSTANTI RAEA
TISSIMORVM ac opti?
mORVM CaesARVM OR
do et populVS Surrentin.
Riserbasi dall'a. la pubblicazione del facsimile
alla stampa della sua memoria accademica.
BARTOLOMEO CAPaSSO
Pittura pompeiana rappresentante la S^acia
o sia un felice ostento.
Intorno all'indicata pittura pompeiana dottamen-
te discorse da prima il Panofka (bull. dell'Inst. arch.
1847, p. 127), e di recente il eh. cav. Minervini
(bull. arch. Hai. an. I, p. 89-92); ma le loro spiega-
zioni lasciano pur qualche cosa a desiderare, perchè
loro sfuggì il riscontro di alcune monete imperiali
Alessandrine, che parmi ne porgano come la chiave
che serve a dischiudere il senso arcano di quel sin-
golare dipinto parietario, che mi giova qui breve-
mente di bel nuovo descrivere.
Sopresso un fondo sparso di stelle, e rinchiuso
entro tre sacre bende fai disopra delle quali sta scritto
P / HO LVS • VOTVM ■ SOL. LIRES • MERITO),
vedesi una figura stolata alata stante di prospetto col
piè sinistro posato sopra un globo, al quale si appog-
gia un timone di nave, tenendo un sistro nella de-
p. 638) è riguardato come assai prossimo (quam
proximus) negli anni al fratello, (il quale ove si cre-
desse nato da Mincrvina nel 298 o 300 lo avrebbe
preceduto di 18 o 16 anni], crede che si possa de-
durre essere stata Fausta piuttosto madre, che ma-
drigna al medesimo. Il che conferma vieppiù col pas-
saggio dell'orazione di Giuliano Apostata a Costanzo,
ove, tra i figli di Fausta insigniti della dignità di
Cesare, mette in primo luogo colui, che col padre
debellò i tiranni, cioè Crispo (Micini Imp. in Con-
stantii laudem oratio. Lips. 1802, p. 12), ed inoltre
coll'albero genealogico della famiglia di Costantino
posto da Teofane nella sua Cronografìa, in cui è no-
tato Crispo come primo figliuolo di Costantino e di
Fausta figlia di Massimiano Erculeo.
Da ultimo, quand'anche Fausta voglia ritenersi
come madrigna di Crispo, non perciò il n. a. crede
che possa far ostacolo alcuno l'esserne chiamata ma-
dre nella nostra iscrizione.Essa, secondo lui, avreb-
be potuto essere così denominata, o perchè l'avesse
adottato, e propriamente quando questi ebbe la di-
gnità di Cesare, o perchè si avesse voluto adoperare
il vocabolo più blanditivo di madre, e non già quel-
lo odiato di madrigna in una memoria eretta in ono-
re di lei. Della prima ipotesi infatti non mancano
esempii nella storia. Fra l'altro sappiamo da Lat-
tanzio (de mortib. persecut. 19) che Valeria moglie
di Massimiano Galerio era chiamata madre da Mas-
simino Daza, forse non per altro se non perchè co-
stui assunto alla dignità di Cesare era stato adottato
da suo marito. La seconda ipotesi puranche è con-
fortata da parecchi argomenti. Le madrigne, sog-
giunge il n.a., che secondo Ulpiano tnatris loco sunt,
venivano nel comune uso di parlare chiamate da'Ro-
mani, come tuttora avviene allorché si ha in animo
di blandirle, col nome più accetto di madre. Così
Apuleio nell'asino d'oro lib. X, e Seneca tragico
noli'Ippolito v. 609, così Sparziano nella vita di Ca-
racalla, il quale parlando di Giulia Domna, ch'egli
crede madrigna di costui, dice che Caracalla malrem
(non alio dicendo, eroi nomine) duxit uxorem (Script,
hisl. Aug. t. I, p. 730). Nè altrimenti, quando non
voglia ammettersi l'essere stato Crispo vero figlio di
Fausta, può plausibilmente spiegarsi il passaggio di
Giuliano, che più innanzi si è allegato.
Rimosse così le difficoltà, che la denominazione
di madre data a Fausta nel marmo potea suscitare
alla proposta lezione, e tenendo conto di quegli ele-
menti superstiti, che negli ultimi due versi della la-
pida si veggono, l'a. crede che tutta la iscrizione
debba leggersi così:
PIISSIMAE AC VENERAVI
LI D N FAVSTAE AVG
VXORI D N MAXIMI
VICTORIS AVG
CCOSTANTINI MATRI
dO? D D D N N N
CRISP I CONSTANT1NI
et? CONSTANTI RAEA
TISSIMORVM ac opti?
mORVM CaesARVM OR
do et populVS Surrentin.
Riserbasi dall'a. la pubblicazione del facsimile
alla stampa della sua memoria accademica.
BARTOLOMEO CAPaSSO
Pittura pompeiana rappresentante la S^acia
o sia un felice ostento.
Intorno all'indicata pittura pompeiana dottamen-
te discorse da prima il Panofka (bull. dell'Inst. arch.
1847, p. 127), e di recente il eh. cav. Minervini
(bull. arch. Hai. an. I, p. 89-92); ma le loro spiega-
zioni lasciano pur qualche cosa a desiderare, perchè
loro sfuggì il riscontro di alcune monete imperiali
Alessandrine, che parmi ne porgano come la chiave
che serve a dischiudere il senso arcano di quel sin-
golare dipinto parietario, che mi giova qui breve-
mente di bel nuovo descrivere.
Sopresso un fondo sparso di stelle, e rinchiuso
entro tre sacre bende fai disopra delle quali sta scritto
P / HO LVS • VOTVM ■ SOL. LIRES • MERITO),
vedesi una figura stolata alata stante di prospetto col
piè sinistro posato sopra un globo, al quale si appog-
gia un timone di nave, tenendo un sistro nella de-