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Napoli nobilissima — 1.1892

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NAPOLI NOBILISSIMA

aveva l’ingresso a mezzodì in una risvolta del muro. Era
lunga circa 83 passi napolitani da sette palmi l’uno C1). Sul-
l’entrata era una corte molto irregolare, poi si stendeva
l’area delle fosse non eguale, più larga sull’ingresso, trenta
passi, più stretta nel fondo, passi diciotto. Era partita in
sette ordini di archi, nel mezzo dei quali si apriva un
corridoio : ma per l’irregolarità del luogo, mentre sulla
destra quattro erano gli archi d’ogni ordine, sulla sinistra
quattro sull’entrata, solo due nel fondo. Veggo nel fondo
due stanze, una piccola ed irregolare, a sinistra, un’altra
più vasta e quadrata, a destra.
Il secondo granaio aveva l’ingresso nella corte dell’al-
tro, ma si stendeva lungo le mura per una direzione op-
posta fino a presso Port’Alba. Aveva la lunghezza di quasi
68 passi, era largo passi quattordici all’entrata, venti al fon-
do. Il corridoio era da un canto, sulla destra, fiancheggiato
a sinistra da nove ordini di arcate da quattro archi ognuno.
Questo risulta dalla pianta; il Parrino conferma, che l’in-
terno dei due edilìzi era disposto « in più archi e na-
vate » (2 3 4).
Nel primo granaio il frumento era conservato nelle
fosse, le quali, come rileviamo da un documento riferito
più sopra, erano a quest’uopo impagliate; nell’altro poi non
v’eran fosse, ma il grano era accumulato sul pavimento
per poterlo agitare e ventilare, o, secondo la voce dialet-
tale, paliare. È cosa certa, che il secondo granaio sia stato
costruito sul principio del secolo XVII e stimo, che ad
esso si riferisca l’iscrizione, che vi fu posta, ed ora è
perduta.
PHILIPP© III REGE
HORREUM
AD PUBLICAM UBERIOREM ANNONAM
SERVANDAM
D. ALPHONSI PIMENTELLI
BENEVENTANORUM COMITIS PROREGIS
AUSPICIIS
NEAPOLITANA CIVITAS
AEDIFICANDUM CURAVIT
AN. MDCVIII (3)
In questi edifici la città serbava almeno trecentomila
tomoli di frumento; il Capaccio, afferma, che erano capaci
di serbarne il doppio (4). Oltre dei granai, sotto la direzione
dell’architetto Domenico Fontana sulla fine del secolo de-

(1) Il passo di palmi 7 risponde a met. 1,85. Tutto il granaio era lungo
quindi circa metri 153,73. Tolgo le misure dalla scala della pianta.
(2) Nuova Guida di Napoli, p. 406 sgg.
(3) Celano, ed. Chiarini, Notizie etc. V, 23. Il Surgente, Neap. lllustr.,
Cap. XXIV, pag. 36, afferma, che i granai furono costruiti al tempo del
Duca di Alcalà.
(4) Un tomolo risponde ad ettolitri 0,56.

cimosesto, fu costruito un altro edificio al molo di mezzo,
ora detto Mandracchio, nel quale si depositavano i grani,
che venivano per mare (*).
*
* *
Le fosse del grano, come abbiamo veduto, erano dun-
que poste fuori le mura della città, forse perchè dentro
non s’era trovato luogo acconcio a costruirle. Il Capaccio (2),
aggiunge altre curiose ragioni. « È vero » dice « che
« l’annona voi star dentro; ma per questa machina non
«« havemo loco capace dentro la cità; oltre c’havendo loco,
« saria pericoloso di contagione, già che sapete molto bene
« che la polvere e la puzza del grano è pestifera, e che
« stando fora non offende l’habitato. Ma avertirete bene
« che ad ogni modo il grano è dentro, mentre la fabrica
« è congionta con torrioni delle mura, guardata in modo
« che non può temere ».
Il Parrino adduce le stesse ragioni : « La machina fu fatta
« col disegno di Giulio Cesare Fontana detto delle mura
« della Città, affinchè potesse difendersi dal cannone, e
« benché vogliono alcuni che la provvigione non stii bene
« fuori le porte, ad ogni modo, benché questa stia fuori
« delle mura di Napoli, può dirsi nel centro, essendo cir-
ce condata da Borghi, e difesa dalle muraglie, oltreché non
« offende l’aria abitata, solendo le dette fosse cagionare in-
« temperie » (3). E così impariamo, che un tempo il grano,
accumulato in grande quantità, era cagione di pestilenze e
e di tempeste.
Per fortuna Napoli non ha sostenuto assedii degni di
memoria dopo quello di Lautrech, onde la città potette per
oltre due secoli conservare sicuramente il grano fuori la
cinta; non credo tuttavolta, che le mura prossime ed i
torrioni avrebbero potuto difendere i granai contro un ne-
mico potente.
A tempo della rivoluzione di Masaniello spesso ed acre-
mente si azzuffarono alla Porta Reale spagnuoli e popolani,
i quali vi si erano afforzati con le artiglierie. Sulla mattina
della domenica 6 di ottobre 1647 i soldati spagnuoli as-
salirono i popolani, che guardavano la porta; parte ne uc-
cisero, parte ne cacciarono in rotta e, presi due cannoni,
si fecero innanzi alle Fosse del grano col disegno d’impa-
dronirsene. Forse questo non sarebbe loro riuscito agevole,
ma il capitano Onofrio Amarena, popolano, che v’era a
guardia, aprì loro le porte, e li accolse dentro.
Increbbe la perdita ai rivoltosi, perchè vedevano, che,
mancato il grano, la città tra poco sarebbe stata affamata.

(1) CAPASSO, O. C., p. 122.
(2) Il Forassero, p. 819.
(3) Parrino, 1. c.
 
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