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Napoli nobilissima — 1.1892

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66

NAPOLI NOBILISSIMA

Non sappiamo dire fino a che punto il dolore di Fer-
dinando fosse sincero. Egli temeva la moglie e si faceva
dominare in tutto da lei. Spesse volte, in presenza di tutta
la Corte, la regina non s’era ritenuta dal mostrargli con
alterezza lo sdegno che provava pei modi grossolani di
lui. Un giorno, segnatamente, Ferdinando dovette abbas-
sare la fronte davanti a questa donna : fu quando, fuggia-
sco da Velletri, le si presentò a Caserta tutto allegro e
compiaciuto, travestito con gli abiti del duca d’Ascoli. La
regina lo scacciò dalla stanza, chiamandolo indegno figlio
di Carlo III. Ed a Palermo quante umiliazioni non dovette
patire da quella donna.
Il dolore di Ferdinando non poteva essere sincero per
la morte della moglie. Ella aveva tale dominio sull’animo
di lui ch’egli le confessava tutto e specialmente le sue av-
venture galanti. Così diverse dame della corte e della ari-
stocrazia caddero in disgrazia e furono fatte partire da Na-
poli. Era tanto nota la poca segretezza del re, che per ti-
more della regina, molte ballerine ed attrici rifiutavano a
lui, re, quei favori che largivano a tutti facilmentef1).
Che al re piacessero le donne è cosa provata dai molti
scandali successi alla Corte, fra i quali è particolarmente
notevole quello della duchessa di Lusciano che stette sette
anni in esilio. Ma prima di partire si travestì da uomo,
aspettò il re e lo caricò d’improperii. Per lo stesso mo-
tivo furono fatte allontanare da Napoli la duchessa di
Casalduni e la famosa madame Goudar (2 3 4). Anche la du-
chessa di Cassano Giulia Carafa, madre di quel Gennaro
Serra che poi morì sul patibolo nel 1799, non isfuggì ai
sospetti della regina, e sebbene il re avesse confessato alla
moglie che la Cassano non aveva mai voluto dargli ascolto,
pure fu trovato modo che partisse da Napoli. Maria Ca-
rolina o ebbe ombra perfino di quella virtù o sospetto che
sotto di essa si celasse una grande ambizione (3).
Benedetto Croce, parlando della colonia di S. Leucio,
dice : « La maldicenza gli attribuì, in sèguito, di aver
« fondata la famosa colonia filosofica di S. Leucio, quasi
« per crearsi una sorta di harem. Anche ora gli abitanti
«di S. Leucio sono detti ingiuriosamente figli di n?»(4).
Il Croce persiste a chiamarla maldicenza, ed ha ragione.
La colonia di S. Leucio fu un’opera bellissima e degna di
lode, ma quella diceria attesta peraltro come il re non
fosse tenuto per uno stinco di santo. Dunque nè Maria
Carolina meritò molto d’essere amata, nè Ferdinando era
fatto ad amare.

(1) Vedi, sugli amori di Ferdinando IV, B. Croce, Sara Goudar a
Napoli, nella rivista Lettere e arti, A. II, n. 22.
(2) Croce, art. cit.
(3) Corani, Mém. sécr. et critiques, I, 31-3. Cfr. Croce, art. cit.
(4) Croce, art. cit.

Non erano scorsi cinquanta giorni dalla morte della re-
gina che si cominciò a buccinare di un matrimonio segreto
contratto da Ferdinando. Il Giornale patriottico ai 3 de-
cembre 1814 ne dava velatamente la notizia nel tenore se-
guente : « Si dà per certo che una molto ragguardevole
« persona abbia contratto un matrimonio di coscienza con
« una dama vedova. Si dice che la solennità abbia avuto
« luogo domenica sera 27 dello scorso mese nel palazzo
« dell’illustre sposo. »
La notizia era vera. Ferdinando aveva sposato morga-
naticamente Lucia Migliaccio, figlia di Vincenzo duca di
Fioridia e di Dorotea Borgia.
Lucia Migliaccio, vedova di Benedetto Grifeo principe
di Partanna, contava quarantaquattro anni, essendo nata a
Siracusa nel 1770. Era assai bella, e s’ha ragione di cre-
dere che l’amore del re non fosse di fresca data. Ella, per
la sua condizione sociale, aveva molto frequentata la Corte,
e delle sue avventure galanti molto s’era parlato. La sua
famiglia era tra le più nobili della Sicilia. In un volume
della Sicilia nobile di Francesco Maria etc. marchese di Vil-
labianca — Palermo MDCCLIV — tolgo queste notizie
sulla famiglia Migliaccio: a Migliaccio fam. originata dalla
« Citta di Firenze. Fiorisce nobilissima nella nostra Palermo
« adorna di Feudi e di Vassallaggi, facendo insieme di se
« pompa, nell’aver goduto più d’una volta le supreme cariche
« di questo regno. »
Vincenzo Migliaccio, secondogenito del principe di Bau-
cina, padre della Lucia, aveva ereditato il titolo di duca
di Fioridia dalla madre Lucia Bonanni.
Questo matrimonio di Ferdinando produsse assai cattiva
impressione, particolarmente perchè in tutte le chiese si
celebravano ancora i funerali della defunta regina. Molti ri-
cordavano come si fosse addolorata Maria Carolina quando
l’imperatore Francesco passò a seconde nozze dimenti-
cando la morte della figlia di lei, Teresa. Eppure, dice
l’Helfert, erano almeno trascorsi nove mesi prima che suo
genero riprendesse moglie. Invece Ferdinando non ne a-
spettò neanche tre per contrarre un altro legame C1). E lo
stesso Helfert aggiunge in una nota che da notizie man-
date dal Cresceri a Vienna (23 dicembre 1814 e 22 gen-
naio 1815) la cosa negli stessi circoli ministeriali non si
riteneva per sicura.
Il Cresceri scrisse : « Io nel mio particolare, non cre-
« derò mai che il buon Sovrano sia passato a seconde
« nozze, mentre ora in una chiesa ora in un’altra si cele-
« bravano solenni esequie per la morte della regina ».
Colletta, con la sua rettorica giacobina, così parla del
matrimonio della Migliaccio:

(1) Helfert, Kònigin Karoline, pp. 619-1.
 
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