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Napoli nobilissima — 1.1892

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RIVISTA DI TOPOGRAFIA ED ARTE NAPOLETANA

69

zione il sol nominarlo! Perciò, tornando al Sannazaro, io
non insisterò nel discorrer di lui : cerchi chi vuole gli
scritti recenti dello Scherillo, del Torraca, del Nunziante,
del Gaboto; e vedrà esposte a parte a parte la sua vita
e la sua opera : la sua cavalleresca fedeltà verso il buon
Re Federigo; la sua amicizia, ch’era quasi amore, per Cas-
sandra Marchese; la sua pietà cristiana; il suo odio al pa-
pato mondano dei Borgia; il suo culto umanistico delle
belle forme pagane; quei sentimenti miti e idillici che gli
fecero scrivere V Arcadia: un’opera che, ora, ci resta quasi
pienamente estranea, ma che pure interpretò i bisogni spi-
rituali e le tendenze estetiche di varie generazioni di lèt-
tori, ed è stata, certo, una delle più popolari, che si sia
mai scritta, in tutte le letterature.
E se qualche cosa potesse valere a crescer l’ammira-
zione per un tale e tanto uomo, sarebbe certo quel ch’io,
giorni sono, rileggevo di lui nella vita che ne scrisse il
Crispo. Il Sannazaro non si recava mai alle elezioni o piazze
del suo Seggio (il seggio di Portanova), perchè, egli di-
ceva, i voti si contano e non si pesano. O messer Jacobo,
in questi nostri tempi di brogli elettorali e di parlamen-
tarismo, come ci suona nell’anima questa tua parola!
Ma questa Mergellina da lui cantata, e questa chiesa di
S. Maria del Parto, da lui fondata, conservano qualche cosa
di più, di lui, che non sia la sua memoria. Chi, nella
chiesa di S. Maria del Parto, oltrepassi l’altar maggiore,
e vada dietro, in una stanzetta attigua, si trova a fronte
a fronte col gran monumento marmoreo, dov’è chiuso il
sacro cenere del Poeta.
*
# *
Quella mescolanza di sacro e di profano ch’è tanto ca-
ratteristico della poesia del Sannazzaro, quella pienezza di
fede religiosa nel cristianesimo e di fede estetica nel paga-
nesimo, che detter luogo al De partu Virginis, raggiun-
gono un’espressione plastica in questo monumento sepol-
crale. Noi ci troviamo qui, dietro l’altare dove si celebra
il sacrificio della Messa, in pieno paganesimo. Su una larga
base, sorgono ai lati due statue, un Apollo con la viola
poggiata tra le gambe, e una Minerva armata, con la mano
sinistra su un largo scudo istoriato (non badate che sotto
le statue sia scritto : David, ludith : fu quello un artificio
dei frati che vollero togliere così ogni pretesto a un vi-
ceré spagnuolo, che, dichiarandole profane, minacciava di
rimuoverle da quel posto! (0. E fra le due grandi statue,
due alte mensole che sorreggono l’urna, dove fu chiuso
il corpo del Sannazaro, e sulla quale sorge, affiancato da
due Amorini, il busto di lui, con la bella testa severa e

(1) Cfr. Celano, V. 629 sgg.

geniale, dai lineamenti fortemente accentuati, dai grandi
occhi pieni d’ingegno e di bontà. Nel vuoto, tra le due
mensole, è incastrato un quadro in rilievo, una storia, co-
me allora si diceva, sormontato dalle lettere D. O. M.
(Deo optimo maximo), dove Pane dalla faccia caprina, ghi-
gnando, suona colle lunghe dita ossute la siringa; e Net-
tuno si appoggia sul tridente, e volge la maestosa faccia
divina a una ninfa dalle vaghissime forme che, calma e
sorridente, tocca la cetra; e Marsia si contorce attaccato
ad un tronco d’albero; e un’altra ninfa nel fondo guarda,
alta ed eretta, con una lunga freccia piumata nella mano (1).
Sulla base, due altri Amorini contornano, quasi sfug-
gendo, l’iscrizione, composta nel latin del Bembo:
DA SACRO CINERI FLORES. HIC ILLE MARONI
SINCERUS MUSA PROXIMUS UT TUMULO.
VIXIT AN. LXXII OBIT MDXXX.
Non vi sentite percorrere da un fremito d’intima vo-
luttà a questo ravvicinamento? Qui, anche su questa spiag-
gia, pochi metri lontano, è il sepolcro di Virgilio. « Spargi
« fiori sul sacro cenere. Qui è quel Sincero, prossimo a
« Virgilio per la poesia come per la tomba! »
Altri emblemi ornano la tomba : sul piede delle men-
sole è uno strano teschio colle lunghe corna ritorte e riu-
scenti per le vuote occhiaie; sotto le statue è invece lo
stemma dei Sannazaro, ch’era lo scacchiere a quadretti
rossi e d’oro.
La cappella fu fatta tutta dipingere, posteriormente, sulla
fine del seicento, e il decoratore accordò le sue invenzioni
col monumento centrale. Sulla parete principale, si vede
il Monte Parnaso col fiume Ippocrene, e il Cavallo Pe-
gaseo, e ci sono Venere, Mercurio, e altre figure mitolo-
giche; dal Parnaso scende una Fama alata a coronare, con
una corona dipinta, il busto del Sannazaro, ch’è già coro-
nato, del resto, d’una corona marmorea. Nel soffitto, nei
quattro compartimenti che si riuniscono ad angolo, si veg-
gono l’Astronomia, la Filosofia, la Grammatica e la Ret-
toria. Sulla parete di fronte, il vecchio Abramo s’incon-
tra coi tre Angeli del Signore, e li saluta reverente.
Il monumento non ha riscontro coi tanti ricchi monu-
menti sepolcrali delle chiese di Napoli. Esso ricorda invece
vivamente sia nella parte costruttiva, nel genere dei pie-
distalli e delle mensole, sia nelle figure i monumenti di
Lorenzo e Giuliano dei Medici in S. Lorenzo di Firenze (1 2).

(1) Il disegno del monumento che accompagna quest’articolo, è la
riproduzione di un bellissimo acquerello che Paolo Vetri ha voluto
fare per la nostra Rivista. All’egregio Vetri manifestiamo pubblica-
mente la nostra gratitudine.
{Nota della Redazione).
(2) Tale è anche l’opinione dell’egregio signor Gustavo Frizzoni, da
me interrogato sul proposito.
 
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