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Napoli nobilissima — 1.1892

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NAPOLI NOBILISSIMA

170

LA TAVERNA DEL CERRIGLIO

Il rettifilo, la via più grande e più lunga della Napoli
nuova che sorge, che s’inizia dal Corso Garibaldi ed at-
traverso le sezioni Vicaria, Mercato, Pendino e Porto, e
si allarga ed abbella in tre grandi piazze, la prima di fronte
alla Stazione centrale, la seconda nella via del Duomo e
la terza a Porto, dove in due altre vie si biforca, e delle
quali l’una mette capo a Castel Nuovo, e l’altra quasi di
rincontro la chiesa di S. Giuseppe Maggiore, abbatte e
distrugge nel suo esteso percorso, con la parte più insa-
lubre della città, molte cose ancora degne di essere tenute
a memoria.
Così, per dire sommariamente, se il Cerriglio, la Piaz-
zetta ed il Majo di Porto, la farmacia del Frollio, il vico
Garofalo, e giù poco discosto i vicoletti più oscuri degli
Orefici, la Giudecca, la Selleria con i larghetti, le strettole,
i vichi e le strade ad essa adiacenti scompaiono, non è
poi gran male se di tanto in tanto, e a mo’ di svago, cer-
cherò d’illustrarne qualcuna.
E poi che mi trovo, incomincio dalla prima strada che
s’incontrava a sinistra, scendendo dai Gradini di S. Giuseppe,
chiamata appunto del Cerriglio.
Essa, secondo il più noto e diligente dei patrii scrittori,
prese questo nome « da una famosa osteria posta in piedi
«da un tale per soprannome detto Cerriglio» (*).
Ma non s’accorda col poeta (1 2), che dopo d’essersi scer-
vellato
Perchè sto luoco doce e nzoccarato
È Cerriglio chiammato?
cerca di risolvere il dubbio almanaccando :
Ca fuorze ebbe sto nomme
O perchè fù chiantato
A dove stea no cierro,
O perchè chi nce trase
N’esce cò bella cera;
O pure, ca chi c’entra
Lo saluta a la Greca, e dice: chere!
O fuorze fù lo primmo, che lo fece,
Quaccuno de la Cerra;
O perchè lo denaro
Nce squaglia comme cera....
Sia però qualsiasi l’etimologia del nome, certo è che
la taverna fioriva già nel secolo XVI, e viene da un illu-
stratore di Napoli di quel tempo decantata :

(1) Celano, ed. Chiarini, IV, p. 5.
(2) Basile Giovambattista, Le Muse Napoletane, egioca III Talia
o vero Lo Cerriglio. Seguo l’edizione prima del 1635, della quale pos-
siede un esemplare il sig. B. Croce.

Come senza consiglio,
Nè timor di periglio,
Potreste andar da quel de lo Cerriglio,
Dove politamente in un balcone
Vi vien portato ogni gentil boccone:
E quivi ancor per l’onorata gente
V’è l’uscio per entrar secretamente (1).
Era perciò addivenuta famosa ed i poeti la credevano
addirittura il paese di Cuccagna, dove ogni cosa andava
in brodetto, e piovevano lasagne e beccafichi arrosto. Ne-
vicava farina ed i forni cacciavan pagnotte calde. I fiumi
scorrevano moscato, vino greco e malvasia, gli alberi fio-
rivano torte ed i prati germogliavano frittelle.
Nella taverna del Cerriglio, infatti, si trovava ogni sorta
di bene
De lo cchiù, de lo manco
Latte de la formica,
Lengua de pappagallo,
Penne de la Fenice....
Essa era inoltre
La calamita de li cannarune,
L’argano de li cuorpe de buon tiempo
e Micco Passano (2), l’eroe popolare e spadaccino insigne, là
convita i suoi spassosi amici
A magna fecatiello e cervellate.
Nulla manca, l’apparecchio è completo, vi sono
Tovaglie janche, sale e no tagliere,
Carrafe, carrafune e tré bicchiere.
I commensali siedono a mensa e mangiano con appetito
omerico.
E dapò n’antepasto de soffritto,
Fu cierto bella cosa da vedere
Quale battaglia fecero e confritto
Ca non tanto vedettero apparere
No feletto de puorco, e no caprino,
Che senza avere manco no cordelle
Nne fecero nn’un’attimo maciello.
E pò portare appriesso na porcella
Che priesto Micco l’uocchie nce mpezzaje
E disse.
ma più che dire
. stese cò destrezza la inanella
Co no valore granne la squartaje,
E sparlata che Pappe a no momiento
Squagliaje, sparafonnaje comm’a lo viento.

(1) Del Tufo Giovan Battista, Ritratto o modello delle grandezze,
delizie e maraviglie della nobilissima Citta di Napoli ec. ec. ec. Ms. già
posseduto dal principe di Cimitile, ora nella Biblioteca Nazionale.
(2) Cortese Giulio Cesare, Micco Passano nnammorato, poema eroico,
canto I.
 
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