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Napoli nobilissima — 1.1892

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192

NAPOLI NOBILISSIMA

s’occupò di studii di storia napoletana, ma proprio di sto-
ria dell’arte, e dell’illustrazione, e della protezione, dei no-
stri monumenti cittadini.
Ma possiamo noi parlare ai nostri lettori dell’attività di
Gaetano Filangieri? Già, in questo primo anno di vita,
abbiamo avuto moltissime occasioni di citare le pubblica-
zioni da lui promosse, e di servircene pei nostri scritti;
e finche questo giornale vivrà, il nome di Gaetano Filan-
gieri ricorrerà continuamente nelle sue pagine. Parrebbe
quasi un’impertinenza verso i nostri lettori il dire, qui,
che cosa siano i suoi Documenti per la storia, le arti e l’in-
dustrie delle provincie napoletane, e le altre pubblicazioni.
Quando il i.° dicembre una folla numerosa di amici e
di ammiratori si stringeva dolente intorno al suo feretro,
di lui, promotore del Museo artistico industriale, discorse il
Turchiarulo, di lui, come uomo, il conte Carlo del Pezzo,
e di lui, studioso di storia, disse, con voce tremante dalla
commozione, il venerando Capasse. E noi preferiamo di
stampare, semplicemente, il breve discorso del Capasso :

Signori,
Onorato dalla cordiale familiarità dell’illustre ed ottimo Uomo che
tutta Napoli ora unanime piange, io non avrei avuto il coraggio e la
forza di parlare in questo solenne e tristissimo momento. Col cuore
straziato dalla impensata ed acerba sventura, io avrei chiusa nel si-
lenzio la piena del mio ineffabile dolore e con tacite lagrime avrei
ricordate nel memore animo le virtù ed i meriti imperituri dell’estinto.
Ma, presidente della Società Napoletana di Storia patria, ho il dovere
di rendere in nome di essa l’estremo vale al suo illustre vice-presi-
dente, che fu uno dei più zelanti ed utili promotori della nostra isti-
tuzione. Io, dunque, adempiendo il triste ufficio, farò come colui che
piange e dice, e recherò in questo plebiscito di stima e di gratitudine,
che giustamente ora gli si rende, il tributo reverente ed affettuoso del
nostro sodalizio.
Ad altri il compito di ricordare lo splendido e generoso dono del
suo Museo, frutto di lunghe ed intelligenti cure e di spese non lievi,
con cui volle arricchire la sua città nativa; ad altri il compito di dir
la parte ch’egli ebbe nella fondazione del Museo Artistico Industriale
e nel progresso di esso, e della scuola, che con tanto amore dirigeva,
e che ormai è divenuto una delle prime d’Italia, e non seconda forse
ad alcuna in Europa. Ad altri il compito di accennare il vivo senti-
mento religioso, la lealtà del suo carattere, la sua operosità, la sua
beneficenza, il culto infine del vero e del bello, che sentì vivamente.
Io non posso rammentare, se non se quel che la nostra storia,
specialmente artistica, deve all’illustre patrizio, che con studio appas-
sionato e tenace consacrò alla medesima gli ultimi anni della sua vita.
Migliaia di documenti affatto ignoti furono per cura di Lui rinvenuti
e trascritti dall’Archivio di Stato, ed anche più dall’Archivio Notarile,
ricca miniera non mai da alcuno, per lo innanzi, esplorata.
Questi documenti da una parte hanno smentite e rettificate le vec-
chie e false opinioni degli antichi scrittori sulla storia delle arti nelle
provincie napoletane, e dall’altra hanno rivelata una schiera di artisti
ignoti e di non poco valore dell’epoca del Rinascimento e dei tempi
successivi, non solo napoletani o regnicoli, ma lombardi, veneti, fio-
rentini, ed anche spagnuoli ed alemanni; dei quali gli stessi scrittori
paesani non avevano cognizione alcuna. Nè così vengono soltanto
illustrate le arti maggiori, la pittura, la scultura, l’architettura, ma
anche le minori per l’addietro poco curate, e che pure meritano
l’attenzione di ogni cultore del bello: organisti, argentieri ed orafi,
ricamatoti, fonditori ed altri in gran numero, i quali tutti dimostrano

come nel nostro paese dal secolo XV al XVIII, le une e le altre arti
grandemente fiorissero. I sei grossi volumi dei Documenti per la storia,
l’arti e l’industrie delle provincie napoletane, nei quali è riposto il frutto
di tutte queste sapienti ricerche, sono un monumento aere perennius
che Gaetano Filangieri ha innalzato alla sua diletta Napoli e che rac-
comanderà all’ammirazione ed alla gratitudine della più tarda posterità
il suo nome glorioso. E molto di più Egli pensava di fare, se la morte
non avesse così immaturamente troncato il suo disegno.
Ed ora, addio, Gaetano Filangieri. Noi, associando il nostro rim-
pianto al lutto della intera cittadinanza reverenti ti salutiamo, e pre-
gando da Dio pace all’anima tua nobilissima, auguriamo a Napoli,
che tu tanto amavi, molti che, nella instancabile brama di illustrarla,
ti somiglino.
*
* *
Quando, nel marzo di questo anno, fu pubblicato il
primo fascicolo della nostra rivista, io ne mandai un esem-
plare al Filangieri, e gli scrissi esponendogli gl’intenti che
avevamo, e chiedendogli l’aiuto della sua collaborazione,
specie per la rubrica : Notizie ed osservazioni. Il Filangieri
mi rispose con una letterina, che mi è caro ora di ritro-
vare tra le mie carte, e che ai lettori piacerà di leggere:
Napoli, 21 marzo 1892.
Egregio amico,
La Rivista d’arte Napoli nobilissima, a cui vi siete accinto, è lavoro
utilissimo e non potrà non riuscire pregevole, onde vi ringrazio di cuore
del primo fascicolo che mi avete mandato.
Da parte mia vi fo fede che non tralascerò nessuna opportunità di
poter concorrere al vostro periodico, massime per la rubrica Notizie
ed osservazioni, la quale risponde ad un bisogno da me avvertito.
Quanto alla conservazione dei nostri patrii monumenti, io, dopo
aver battagliato per un decennio, e con la parola e con gli scritti, ho
messo l’animo in pace, e mi sono convinto che noi siamo destinati a
vederne distrutti parecchi dei più importanti, come l’arco di Alfonso,
la tomba di Ladislao, ed altri. Ma che farci, se tutte le esortazioni al
Consiglio Comunale riescono a vuoto, se il governo neppure si sogna
di venire efficacemente in soccorso di quest’opera di riparazione? Così,
persuaso di fare opera vana, da più tempo mi sono anche astenuto
d’intervenire alle riunioni della Commissione dei patrii monumenti.
Battete voi, finché potete, con il vostro nuovo periodico, augurandovi
quella buona fortuna che a me è venuta meno.
Abbiatemi con tutta stima
Vostro amico
G. Filangieri.
Il compianto principe aveva ragione; e noi, dopo un
anno d’esperienza, possiamo dire, schiettamente, di non
aver cavato un ragno dal buco. Quello che abbiamo fatto
— e che seguiteremo a fare —, è un po’ di maldicenza in
comune coi nostri buoni lettori. La maldicenza è una pic-
cola, è una magra soddisfazione; ma è sempre una sod-
disfazione.
Ed eccomi a finire con qualche cosa, che somiglia al
nostro programma per l’anno venturo!
Per la Redazione
Benedetto Croce.

Fine del Volume Primo.
 
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