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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 15.1912

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Fasc. 1
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Cronaca
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https://doi.org/10.11588/diglit.24139#0106

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CRONACA

Il Ritratto del Perugino della Galleria Bor-
ghese.

A chi da qualche tempo ritorna nella Casa dell’arte
è riservata una sorpresa ; quella di trovare il superbo
ritratto, noto a tutti gli studiosi d’arte per la sua no-
biltà di forma e per la varietà delle attribuzioni cui
ha dato luogo, mondo alfine di tutte le ridipinture
che lo deturpavano e che gli avevano fatto assumere
l’aspetto di un mascherotto volgare. Le due riprodu-
zioni, che qui pubblichiamo affiancate, potranno ser-
vire a dare la misura dell’opera compiuta dal Cave-
naghi con un risultato che ha superato qualsiasi più
felice previsione.

Il berretto, come appare chiaramente dal confronto
delle due fotografie, ha ripreso la sua forma originale
e sopratutto l’originale sua positura, liberato, come
fu, da uno spicchio che vi era stato aggiunto al lato
sinistro, e rimesso in possesso, invece, di uno spicchio
al lato destro che era stato dal restauratore celato
sotto un lembo di cielo.

Nè fu possibile dubitare, come suppose il Morelli,
che qui si trattasse di un pentimento del pittore per-
chè, esaminato il ritratto in piena luce e fatto qualche
saggio qua e là, apparve limpidamente che il lembo
di cielo aggiunto da un lato, lo spicchio di berretto
aggiunto dall’altro, e così tutta la parte superiore del
berretto stesso con quelle gibbosità e quegli avalla-
menti che lo deformavano, erano di un colore non
precisamente uguale al resto e sopratutto di una pa-
sta di mestica diversa e stesa con un pennello assai
più tardo e grossolano,

Ma la metamorfosi più strana è quella subita dalle
vesti dell’ignoto personaggio. Chi non ricorda la ca-
miciola bianca smerlettata, il giubbetto bruno, la pel-
liccia grigia che tutto infagottava il torace togliendogli
ogni snellezza di linea? Che si trattasse di un com-
plesso di ridipinture barocche nessun dubbio, ma
dove esse cominciavano? Che cosa celavano nel loro
seno? Un’acuta osservazione mise il Cavenaghi sulla
strada buona. Accortosi che la camicia non appariva
al contatto delle carni, che sotto di essa un’ombra
scura si stendeva, che una sottile striscia nera bor-

dava superiormente la camiciola stessa all’altezza del
collo, intuì che questa dovesse rappresentare lo strato
di colore originario. Gli assaggi effettuati con ogni
cautela confermarono il Cavenaghi nella sua supposi-
zione e, a poco a poco, caduti la pelliccia, il giub-
betto, la camiciola, spogliata la figura dei cenci onde
era stata coperta, la bella tunica intatta riapparve,
con le larghe pieghe di tipo arcaico, col suo ricco
colore nero dai riflessi ferrigni, fino col suo smalto
originale che le ridipinture avevano contribuito a pro-
teggere.

Poco o punto lavoro ha richiesto la testa. Soltanto
la demolizione di alcune ciocche aggiunte di capelli
che al profanatore erano apparse necessaria conse-
guenza dello spostarsi del berretto, e l’alleggerimento
di alcune ombre che s’eran venute appesantendo nel
corso dei secoli sul collo e sul mento: nulla più. Tut-
tavia l’intiera figura: quegli occhi acuti e penetranti,
quella bocca vigorosa dalle labbra serrate e sottili,
quella scettica espressione di sguardo, ogni linea, ogni
forma sembra oggi animata da uh nuovo carattere,
da una nuova vita, da una nuova nobiltà per quel
senso aristocratico che a quel corpo hanno restituito
le proprie vesti antiche e ben composte.

Una bella cornice intagliata in istile del tempo in-
quadra ora la pura immagine e le accresce dignità e
signorilità ; è dono dello stesso Cavenaghi che ha vo-
luto così compiere l’opera sua, data anch’essa in dono
alla Casa dell’arte per questo suo purissimo gioiello
nuovamente messo in onore.

e. in.

I giornali quotidiani hanno riesumato racconti del
vittorioso attacco compiuto contro Tripoli dalla squa-
dra sarda il 27 settembre 1825, attacco che appa-
rirà nella storia come un annunzio a distanza della
recente occupazione. (Se ne vegga fra l’altro il rac-
conto fatto da Ascanio Forti ne La Stampa del 6 set-
tembre 1911). Niuno però ha accennato a un ricordo
grafico dell’avvenimento, che si conserva in un unico
esemplare nel medagliere di S. M. il Re d’Italia.

È una medaglia cesellata nel cui retto si vede lo
 
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