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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 15.1912

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Fasc. 1
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Schmarsow, August: Domenico Veneziano, [1]
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https://doi.org/10.11588/diglit.24139#0045

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DOMENICO VENEZIANO

ELLA storia della pittura fiorentina dopo la morte di Masaccio, ed in quella della sua

diramazione umbra durante la prima metà del Quattrocento, non c’è, si può dire, artista
più importante di Domenico Veneziano. Il quale però — quantunque meriti grande attenzione,
se non altro, come maestro di Piero della Francesca e per avere innegabilmente influenzato
Benedetto Buonfigli in Perugia e Giovanni Boccati da Camerino — pur tuttavia vien sempre
trattato come , un figliastro. Anche nel cuore della Toscana la sua condizione è ben più elevata
di quella che gli scrittori di Firenze sogliono attribuirgli. Il Vasari, male informato, con la
leggenda del suo assassinio per mano di Andrea del Castagno ingelosito dal segreto della
pittura ad olio, ci dà solo una pallida idea della parte che il Veneziano ebbe nel progresso
artistico del suo tempo. Il Vasari ci racconta com’egli abbia lasciato incompiuto a Santa
Maria Nuova il suo ultimo affresco: fatto che, attribuito al nostro artista, è molto inverosimile,
ma che potrebbe invece riferirsi ad Andrea del Castagno morto nel 1457, quattro anni prima
di Domenico Veneziano. Dato questo errore, può sorgere il dubbio che il Vasari non abbia
ben distinto l’opera dei due concorrenti che lavorarono nel coro della stessa chiesa.

Da una lettera autografa del Veneziano a Piero di Cosimo de’ Medici, in cui il pittore
domanda una commissione, noi veniamo a conoscere che il primo di aprile 1438 egli era
ancora occupato a Perugia e che desiderava eseguire per Cosimo un altare, come ne avevan
fatti Fra Filippo e Fra Giovanni da Fiesole: « e se ciò avviene ho speranza in Dio farvi
vedere chose meravigliose avenga che ce sia de bon maestri chome Fra Filippo et Fra Gio-
vane i quali anno di molto lavorio a fare» (Gaye, Carteggio inedito d'artisti, Firenze, 1839,
I, pag. 136 segg.). Nell’anno seguente infatti troviamo il Veneziano a -Firenze, col suo aiuto
Bicci di Lorenzo e il suo apprendista Piero di Benedetto da Borgo San Sepolcro, occupato
a dipingere affreschi — come a Perugia in casa Baglioni — nel coro di Sant’Egidio (Ospedale
di Santa Maria Nuova). I conti, pubblicati da Harzen [Archiv f. d. zeichnenden Kimste, 1856,
pag. 232, nota), ci attestano che — per dipingere queste storie della vita di Maria, eseguite
tra il 1439 e il 1445, anno in cui Piero della Francesca termina il suo alunnato e riceve
subito una commissione per l’ospedale del paese nativo — fu adoperato olio di lino.

Della nuova tecnica con l’olio si fa pure menzione a proposito di una pittura nel palazzo
Medici. Nell'Inventario di tesori d’arte (Eug. Muntz, Les Collections des Alèdici, pag. 84) al
fol. io si legge: «Uno panno dipintovi una fighura a sedere in uno tabernacolo mezza nuda,
con uno teschio in mano, di maestro Domenico da Vinegia, colorito a olio, contraffatta a
marmo». Si tratterà dunque di una figura muliebre in chiaroscuro a finto marmo, rappresen-
tante la Malinconia; solo è dubbio se fosse imitata da un bassorilievo (come dall’indicazione
« in uno tabernacolo » è più facile indurre) o ad altorilievo con effetti illusori di profondità
nello spazio. Poco prima, al fol. 8 si legge: «Un colmetto con dua sportelli dipintovi dentro
una testa di una dama di maestro Domenico da Vinegia». Il colmetto dunque, che conterrà
il ritratto della dama, si chiude accuratamente ed ha un frontone a pinacolo.

L’At'te. XV, 2.
 
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