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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 15.1912

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Fasc. 5
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https://doi.org/10.11588/diglit.24139#0443

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BIB L10 G R A F I A

Rintelen (Friedrich): Giotto unddie Giotto—
Apokriphen. (Miinchen, Georg Mùller, 1912).

Ecco un grosso volume, scritto senza acerbità di
polemiche, e notevole anche per una certa chiarezza
di disegno e di stile, ma che ci presenta il corifeo
dell’arte nostra ben differentemente da quale ci era-
vamo persuasi fosse attraverso alla critica moderna.
Non più il Giotto che dipinge con una schiera di ar-
tisti, e con una tecnica che ha una qualche rispon-
denza con quella romanamente nuova del Cavallini,
nel ciclo francescano della chiesa superiore di Assisi,
e che, dopo aver dimostrata in quei primi e giova-
nili tentativi, la grandezza della sua arte in sul for-
marsi, assurge a narrare con dignità epica la vita di
Cristo nell’Arena di Padova, in scene concise, potenti,
nuovissime per terminare con le pitture di S. Croce
in Firenze e con la cappella della Maddalena in As-
sisi, -creando forme che resteranno spesso tipiche per
tutto il Quattrocento. Il R. ci ha voluto mostrare un
Giotto balzato d’un subito, come Minerva dal cervello
di Giove, quale ci appare negli affreschi di Padova,
già provetto e maturo.

Nei primi due libri l’A. tratta delle opere genuine
di Giotto, ch’egli distingue specialmente dalla lumi-
nosità del colorito, dalla vivezza delle carni schiarate ;
e queste non potrebbero esser ridotte in minor nu-
mero. Innanzi tutto pone gli affreschi dell’Arena di
Padova, pietra di paragone per mandare o accogliere
qualsiasi attribuzione ; vengono poi la Madonna del-
l’Accademia, e, a rappresentare l’estrema espressione
dell’arte giottesca, le pitture delle cappelle Bondì e
Peruzzi in Santa Croce.

Nel terzo libro prendono posto le opere rifiutate,
gli apocrifi, e questi sono veramente legione. Il Rin-
telen non solo nega si possa vedere la mano giova-
nile di Giotto nel ciclo della leggenda di S. Francesco
in Assisi, in cui non tenta memmeno distinguere lo
evidente concorso di vari pittori, ma lo riporta a una
ipotetica scuola umbra trecentesca per quella intona-
zione verde-bruna delle carni, la quale gli pare abbia
qualche rispondenza nientemeno che con il Signorelli.

Del viaggio a Roma, secondo il R. non restano
assolutamente traccie, perchè il musaico della Navi-
cella non è che opera più volte rifatta e che ha per-
duto del tutto la forma primitiva genuina, e il trittico
della sacrestia di S. Pietro e il frammento d’affresco
rappresentante Bonifacio Vili non gli sembrano al-
lacciarsi in alcun modo all’arte giottesca. Le allegorie
delle vele di Assisi crede ragionevolmente ripugnino,
per la loro stessa complessità medioevale, dalle lim-
pide creazioni di Giotto, che a Padova, nelle stesse
figurazioni simboliche, mostrò di prediligere sovra-
tutto la semplicità e la chiarezza. Annovera quindi
fra le opere di scuola le altre pitture giottesche del
braccio destro, nella chiesa inferiore, ed anche se ri-
trova nella cappella della Maddalena una vivezza di
colorito, una semplicità di scena molto prossima a
Giotto, gli sembra che la vivezza giovanile dei volti
sia raggiunta a scapito del carattere e che la sempli-
cità degli aggruppamenti sia divenuta povertà.

Uscendo dal campo delle pitture murali il Rintelen
non è meno severo. Osserva che il trittico di Santa
Croce, rappresentante la coronazione di Maria, è opera
notevole, tanto da poter esser fatta sopra uno schizzo
di Giotto ; e che la Madonna di Bologna è assai no-
bile e molto prossima a Giotto. Riconosce per il San
Francesco che riceve le stimmate, del Louvre, che la
predella ripete alcune scene della chiesa superiore di
Assisi, ma con fare più raffinato proprio di un fioren-
tino. Per le tavolette di Monaco non fa differenza di
stile, ma rifiuta per tutte il nome di Giotto.

Nè meno aspra è la critica, dell’A. per i crocefissi,
che gli sembrano tutti opera di scuola o d’imitatori,
compreso quello di S. Felice in Piazza ; e la stessa
eccezione che fa per Padova, si limita a trovare nel
busto una finezza degna del disegno di Giotto, ma in-
terpretato e sminuito dai discepoli che l’eseguirono.

Così il Rintelen ci fa apparire il genio iniziatore
dell’arte nostrana, ben differente da quello che la cri-
tica veggente e logica del Venturi, accolta e confer-
mata in gran parte anche dal Berenson, ci aveva fatto
apparire, senza incertezze di preparazione, immiserite
sino all’incredibile. G. Fiocco.
 
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