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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 15.1912

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Fasc. 3
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Marangoni, Matteo: Il Mastelletta
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https://doi.org/10.11588/diglit.24139#0218

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IL MASTELLETTA

C''' IO VANNI Andrea Donducci, dal padre che fabbricava mastelli, detto il Mastelletta, è come
JX Pietro Faccini, pressoché suo coetaneo,1 uno di quei pochi scolari dei Carracci che resi-
stettero alla influenza dei maestri per seguir solo la propria inclinazione. Per questo egli pure
fu meno stimato dai contemporanei, e di conseguenza poco noto ai posteri.

Oggi però che una critica più sagace e illuminata giudica con maggior serietà e larghezza
di idee, oggi panni giunta l’ora anche per questi oscuri artisti che per i loro tempi ebbero-
il torto di essere troppo sinceri e indisciplinati.

Di questi fu il Mastelletta, spirito fantastico e irrequieto, ma soprattutto originale, come
ce lo mostrano la vita e l’arte sua, specchi del bizzarro temperamento.

# # #

Nacque il Donducci a Bologna il 14 febbraio 1575 e appena ragazzo fu messo dal padre
presso i Carracci, se non per altro, dice il Malvasia, perchè smettesse di sporcargli col car-
bone i muri di casa. Là sin dai primi tempi meravigliò tutti per lo slancio e la prestezza,
ma alla lunga fu anche biasimato d’impazienza alla fatica e al maturare le sue cose; ed egli,
insofferente non men dei biasimi che delle regole accademiche via sen venne e ritiratosi da
solo si scelse per esemplare il Parmigianino, del quale lo seducevano la grazia e l’eleganza.
Un bel giorno poi, volendo anche lui andare a Roma, non vi fu appena giunto che certi suoi
quadretti di paese fecero furore tra i principi di quella Corte. Questo subitaneo successo, che
avrebbe dovuto segnare l’inizio di una fortunata vita artistica in chiunque altro, fu invece per
il Mastelletta il principio di quella serie di errori e di sciagure che lo ridussero nella più
squallida e pietosa condizione. Perchè, per natura amante della semplicità e della quiete, tro-
vandosi ad un tratto piombato tra il lusso e il cerimoniale di una Corte, si sgomentò e perse
a tale segno che, non ascoltando i consigli di Annibaie Carracci e del Reni, che gli mostra-
vano il suo errore, volle partire e tornarsene a Bologna.

E quasi per meglio godersi quella quiete che la dimora di Roma gli aveva reso ancor
più desiderata, ritirossi al suo poderetto di Sasso dove si faceva mandare le tele di commis-
sione e dove dilettavasi grandemente nel sonar l’organo alle messe di quella chiesa; ufficio
che, secondo il Malvasia, non disimpegnava meno bene del dipingere. Non passò gran tempo
però che anche qui il suo umore bisbetico e misantropico non trovasse ragioni di malcontento
tali da deciderlo a scegliersi addirittura una specie di eremitaggio in un vecchio torraccio
disabitato «ove facevano il nido gli uccellacci, in mezzo a orridi boschi».

Ma il povero Mastelletta era nato proprio sotto maligna stella e neppur questo bastò a
preservarlo dalla malvagità degli uomini ; chè gli occorse allora tal tragico accidente da cui
pur iscampando il pover uomo uscì atrocemente scosso, « Qual divenisse dopo questa fuggita

1 M. Marangoni, Pietro Faccini pittore bolognese, in L’Arte, anno XIII, fase. VI.
 
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