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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 15.1912

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Fasc. 2
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Schmarsow, August: Domenico Veneziano, [2]
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https://doi.org/10.11588/diglit.24139#0118

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AUGUST SCHMARSOW

vel circa» dal 1447 avrebbe fatto togliere i vetri dipinti e la colonnina delle finestre, non
ancora ripristinate nel 1447, (cosa a cui, per verità, si rimedia prima della morte dell’accusato);
e questo ci dà un aiuto onde continuare a ricostruire la storia della cappella. Perchè il pre-
posto (uomo serio e conoscitore d’arte, che del resto aveva grandissimi meriti riguardo al
duomo) si risolvesse, verso il 1447, a rimovere le due finestre istoriate, ci dev’essere stata una
seria ragione. L’importanza che egli dà a questa sorgente di luce (e i canonici da canto loro
mettono la stessa cosa in rilievo) ci dice ovviamente che la rimozione dei vetri s’è fatta a
causa di altri lavori eseguiti nella cappella. E sarebbero appunto le pitture delle pareti supe-
riori o della crociera che, richiedendo abbondanza d’aria e di luce, avrebbero motivato un lavoro
così grande e costoso. Intanto la larga apertura, che rimaneva spalancata nella buona stagione,
richiedeva nell’inverno un telaio, causando l’oscurità di cui si lagnano i canonici. Ed in realtà
è solo circa questo tempo che possono essere state eseguite le pitture superiori della cappella,
non già tra il 1407 e il 1412, quando il canonico Rainerio donò la finestra. Con questo è
allontanata sin d’ora l’ipotesi che autore delle pitture sia stato Gherardo Starnina, il quale
morì nel 1408. Quanto a Masoiino, potrebbe esser preso in considerazione solo per il
fatto del suo ritorno, dopo aver eseguito, verso il 1435, le pitture nel battistero di Castiglione
d’Olona. Di ciò deve decidere il carattere delle pitture della volta, discretamente conservate.

Nella volta a crociera noi vediamo i costoloni robusti e semplicemente squadrati riunirsi
al centro in una chiave che porta la testa in rilievo della Madonna velata, tutti quanti dipinti
geometricamente e direttamente riannodantisi al lavoro cosmatesco nel trono del .tabernacolo
al canto de’ Carnesecchi, e al colorito pavimento a mosaico nel quadro degli Uffizi, opere di
Domenico Veneziano. Le cornici interne dei compartimenti nella volta, con il fregio a fogliami,
somigliano alla cornice che vediamo scolpita nel duomo di Firenze su la porta della Mandorla
o a quella dipinta in Orsammichele. La più stretta parentela però è con le striscie ornate
del piviale di San Niccolò, che Domenico Veneziano ha dipinto accanto a Santa Lucia. E
precisamente si trova riprodotto il tipo di questa santa nelle figure delle Virtù cristiane sorgenti
dagli archi esterni, nella nostra cappella, su le superficie sferiche della volta, visibili sin quasi alle
ginocchia, come la Madonna del Louvre, e circondate dietro da una mandorla ad archi ogivali con
una gloria di raggi d’oro, mentre il fondo è tutto un cielo azzurro seminato di stelle. Un nimbo
discoide intorno al capo caratterizza inoltre queste figure come esseri soprannaturali. Esse
sono, con tutta la loro plastica precisione, d’una bellezza eterea, come gli angeli e le vergini
di Masoiino in Castiglion d’Olona, che però difettano interamente d’una seria modellazione,
nè posseggono affatto, come queste figure allegoriche, il retto disegno delle membra. La Fede
ha nella sinistra un Crocifisso che guarda fervidamente. Avendo molto sofferto per l’umidità,
noi di questa figura vediamo solo spiccare la treccia dei capelli tesi intorno alla testa e l’alta
cintura della veste solcata da strette pieghe parallele. La Carità, col cuore fiammante nella
destra alzata è altrettanto rovinata dal busto in giù. La sua testa d’un ovale allungato, veduta
interamente di prospetto, con la capigliatura biondo chiara divisa nel mezzo, s’erge leggera
sopra un collo snello e fresco di gioventù, e sopra il petto e le spalle ricoperti da una veste
fine con ornamenti all’orlo. La pittura è sicuramente lo stesso tipo ideale di vergine che noi
vediamo rappresentato nella Santa Lucia presso il trono della Madonna agli Uffizi. E dopo
questi esempi, noi possiamo ben rappresentarci la « figura a sedere mezza nuda con un teschio
in mano contrafatta a marmo», che era nel palazzo Medici « colorita a olio di maestro Dome-
nico da Vinegia». In pieno profilo a sinistra, la Speranza ha le mani congiunte in atto di
pregare, mentre dinanzi a lei su nel cielo pende una corona. Un velo svolazzante, con un arco
molto pronunciato dietro e un lembo parallelo all’arco, ci rappresentano la direzione dell’in-
terno impulso di questa Speranza dall’occhio fiducioso e il cuore fedele come in un profilo
dell’Orcagna. La capigliatura semplice e corta, d’un color biondo-canapa è stretta da un nastro
scuro adorno d’una fila di perle. Le quali, più grandi e arrotondate così che sembrano vere,
ricorrono anche intorno al collo, attestandoci novamente l’arte di Domenico da Venezia, la cui
mano si riconosce altrettanto agevolmente nella veste e nel velo che corrispondono in modo
 
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